Al metanodotto Larino -Chieti, che si estende per oltre 100 chilometri e coinvolge sette Comuni della nostra regione, è collegato il serbatoio di gas del Sinarca. Un impianto di stoccaggio, che intende realizzare sempre Gasdotti Italia, con una capacità di immagazzinamento di 300 milioni di metri cubi almeno, e una erogazione giornaliera di 3 milioni e rotti di metri cubi. Un’opera che, secondo diversi esperti del settore, in modo particolare attivisti che da tempo si battono per le ragioni del No in territori limitrofi come la Puglia e l’Abruzzo, ugualmente coinvolti da progetti di ampliamento della rete di distribuzione del gas metano, configura una serie di rischi elevati e nello stesso tempo una assenza totale di benefici per la popolazione.
Intanto i comuni di Larino, Guglionesi, Montecilfone, Palata, Montenero di Bisaccia, Tavenna e Mafalda, interessati dall’opera, hanno rilasciato parere positivo. Come anche fatto, proprio di recente, dalla regione Molise, che ha dato un giudizio favorevole alla compatibilità ambientale all’opera, il cui iter è cominciato ben 10 anni fa con un decreto di Via (valutazione di impatto ambientale) datato 2008 è presentato al Ministero dalla Gas plus, quarto produttore italiano di gas naturale dopo Eni, Edison e Shell Italia.
Ora però le popolazioni locali cominciano a mobilitarsi, sulla scorta di quanto già avvenuto in Abruzzo e soprattutto nella zona di Sulmona e della Valle Peligna, interessate da un gigantesco serbatoio di gas metano. Un progetto simile, sebbene di dimensioni inferiori, dovrebbe trovare spazio proprio tra Montecilfone e Guglionesi nella zona del Sinarca che peraltro, stando alle relazioni ufficiali della regione Molise e dai danni che a ogni ondata di maltempo si ripercuotono sull’area, è caratterizzata da un elevato rischio idrogeologico. Al quale si aggiunge l’elevato rischio sismico di una regione come il Molise che, insieme con tutta la fascia appenninica, è una delle più soggette a terremoti.
«Gli impianti di stoccaggio possono indurre sismicità, anche elevata» ha spiegato mercoledì pomeriggio in una affollata riunione che si è tenuta nella biblioteca di Guglionesi Augusto De Santis, attivista abruzzese ed esperto del tema, che da anni si occupa proprio dei tanti impianti di potenziamento o nuova realizzazione delle condotte del gas. Impianti che «in virtù di singole autorizzazioni che sono decisamente più facili da ottenere, dovrebbero andare a creare una imponente rete di trasporto del gas e trasformare l’Italia in un enorme hub del gas».
Un seminario tecnico al quale la popolazione presente, costituita da giovani ma anche adulti, ha risposto con grande interesse. De Santis, carte e dati alla mano, ha mostrato come le stesse valutazioni di impatto ambientale siano grondanti di inesattezze e copia-incollarubati a relazioni precedenti: il segnale che anche per opere a rischio di incidente di questa portata spesso nelle stanze dei bottoni si ricorre a mezzi superficiali e relazioni grossolane.
«Italia Hub Europeo del Mediterraneo: l’obiettivo è quello di collegare i pozzi di stoccaggio e immagazzinamento per creare una grande piattaforma logistica» in grado di trasportare gli idrocarburi daa’Azerbaigian al Salento e poi verso il nord Italia e fino alla Svizzera. «Di fatto l’Italia sarebbe un servitore di passaggio per un’opera che solo la visione miope di chi ancora confida negli idrocarburi ritiene un vantaggio. In realtà – ha continuato De Santis – è una beffa e la paghiamo noi in bolletta, mentre per l’impresa il rischio è pari a 0».
Rischio concreto tanto più in Italia, paese a elevato rischio sismico e idrogeologico che ha la più alta densità di beni ambientali e culturali al mondo. Il pozzo o il bombolone del Sinarca, che la seconda fase del progetto intende realizzare, pone all’attenzione pubblica una serie di problemi collegati proprio al fatto che sia un impianto a rischio di incidente rilevante. Portando come esempio quanto accaduto in California o ancora di più a Castor, in Spagna, dov’è stato realizzato un impianto di stoccaggio in mare con un miliardo e 200 milioni di euro di Fondi europei, Augusto De Santis – invitato a Guglionesi da Mattia Di Carlo che ha avviato la mobilitazione – ha spiegato i pericoli legati al metanodotto e al centro di stoccaggio.
«Esplosioni legate a frane e terremoti, emissioni in caso di incidente, un rischio importante tanto che nei territori coinvolti da queste infrastrutture è necessario cambiare i piani regolatori». Ma quello che fa più paura è il cosiddetto fenomeno della sismicità indotta per i movimenti di iniezione in profondità del gas, che possono causare scariche sismiche concentratissime e superare anche magnitudo 3 e addirittura 4.
«I terremoti indotti non sono certo una invenzione, ma la dimostrazione di un fenomeno scientifico – ha detto ancora De Santis che viene da esperienze nel Wwf e nei comitati in difesa dell’acqua pubblica e contro le trivellazioni in mare – che negli Stati Uniti per esempio è stato accertato, come anche a Castor dove dalla sismicità iniziale di 2.5 della scala Richter si è arrivati a subire terremoti di magnitudo 4.3». Al punto che il Governo spagnolo ha deciso di chiudere l’impianto. In Molise, dove la valutazione di impatto ambientale per il metanodotto risale a 10 anni fa ed è – come è stato dimostrato scorrendo le slide – traboccante di imprecisioni ed errori, non è stato concordato nemmeno un piano di monitoraggio pur avendo il gasdotto ottenuto il nulla osta da parte delle Istituzioni.
Intanto, proprio per evitare che possa essere attivata una bomba simile in uno dei territori meno contaminati del Molise, si è organizzato attorno all’idea di difesa dell’ambiente e della sicurezza della popolazione un comitato No Hub Gas, con la disponibilità a collaborare anche di esponenti del comitato trivelle Zero di Termoli.
«Siamo felici di essere riusciti a creare a Guglionesi i presupposti per un incontro del genere, partecipatissimo – ha spiegato Mattia Di Carlo – Crediamo che i nostri territori siano un bene comuneche non è possibile lasciare alla mercé di privati come Snam o Gasdotti Italia o alla miopia di enti pubblici che sembrano andare in direzione del passato percorrendo ancora percorsi di energie fossili e non rinnovabili. Con l’impegno di tutti le battaglie si possono vincere, anche all’ultimo momento, e ora cercheremo di fare il possibile per mettere le Istituzioni davanti al fatto che quest’opera non si deve fare: è inutile e non porta alcun tipo di beneficio alle popolazioni locali. Semmai sottrae opportunità di sviluppo e ricchezza andando a mortificare risorse come quelle paesaggistiche, naturali e agricole in favore di interessi che sono solo di multinazionali e privati».