Da 17 anni

Acqua, 17esima mostra diocesana di arte a Termoli. A Teatro anche uno spettacolo

La Diocesi di Termoli-Larino, sostenuta dalla Commissione Cultura nell’ambito del Centro Pastorale per la promozione della Cultura e dei Dialoghi e dal Museo Diocesano G.A Tria, insieme alle associazioni “Pietrangolare” e “MoliseWow”, e da alcuni anni il Centro Culturale “Il Circolo dei Lazzari” propone, oramai da diciassette anni, una mostra di arte che è diventata un consueto ed atteso appuntamento culturale dell’estate termolese e non solo.

Lo scorso anno si è tenuta la mostra dal titolo: “Ed io che sono?” che, attraverso la collaborazione con la Fondazione “The William G.Congdon Foundation”, ha permesso di portare in mostra il crocefisso 41 di William G. Congdon, oltre a dei pannelli che raccontavano la sua vita, l’esperienza fatta nella seconda guerra mondiale e il suo percorso artistico. Per la mostra su William Congdon si era partiti dalla domanda “Ed io che sono?” di Giacomo Leopardi, domanda riportata nel “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia” che vuole rimandare al percorso di ogni uomo che si interroga sul senso della propria vita. Anche lo scorso anno sono stati invitati due artisti molisani a paragonarsi con il tema scelto e la figura di W. G. Congdon e la sua arte.

Quest’anno, in sinergia con il vescovo, mons. Gianfranco De Luca, proprio partendo dal concetto di vita, si è deciso di realizzare una mostra che abbia a tema l’ACQUA, poiché l’Acqua è la vita e la morte, da sempre. Per la letteratura antica l’acqua è la possibilità della crescita della civiltà, ma rappresenta anche il pericolo della morte. Le navi solcano l’acqua per trovare condizioni migliori o aumentare il benessere ma, allo stesso tempo, l’acqua coincide sempre con l’attraversamento di un elemento estraneo e non controllabile, molto più grande di se stessi, da cui si è affascinati e di cui però si è anche in balia. In tutte le religioni l’acqua ricorda il grande diluvio originario e purificatore come la rinascita da quella distruzione. È questa duplicità di vita e morte e, inversamente, di morte e vita, che i cristiani hanno conosciuto e ripreso.

Acqua è il segno materiale del battesimo, che è il discendere negli abissi della morte ed è risorgere. L’acqua è il tragico lavarsene le mani di Ponzio Pilato. È un gesto che incarna la volontà di avere le mani pulite per non impegnarsi, per non decidere, per non accettare la risposta sull’esistenza della verità. Così l’acqua rimane nella storia la decisione ultima di prendere posizione di fronte alla salvezza, di immergersi in una storia di redenzione o di sfuggire a ogni decisione, rimanere ignavi, sempre in balia dei poteri della storia e delle mode correnti, come ben rappresentava Dante Alighieri.

Anche dal punto di vista biologico e sociale l’acqua ha duplice valore. Essa rimane l’elemento fondamentale del cosmo e l’icona della grande purità, che S. Francesco ricordava nel suo canto: “Laudato sì, mi’ Signore, per sor’acqua, la quale è molto utile et umile et pretiosa et casta”, la possibilità della fertilità della terra e del succo dei frutti. Ma è anche l’occasione di inondazioni, alluvioni, disastri provocati dall’incuria e dall’avidità.

Questa duplicità è il tema iniziale della mostra che sarà divisa in due sezioni: nella prima saranno esposte le opere di alcuni artisti molisani (Nino Barone – Ettore Frani – Dante Gentile Lo Russo – Vincenzo Mascia – Sara Pellegrini) nella seconda sezione saranno esposte alcune opere della collezione del Museo Stauros del Santuario di San Gabriele dell’Addolorata – Isola del Gran Sasso. Vi è però un passo ulteriore che la mostra vuole percorrere. La duplicità dell’acqua la rende un elemento positivo e negativo della vita, che sembra uniformare ogni cosa, come la Terra dopo il grande diluvio. Eppure, l’ultima parola non è l’ambiguità e la morte. Anche nei momenti tristi o brutti o cattivi della vita, dove sembra di essere sconfitti dalle tempeste, si può decidere di vivere per la verità, per la bellezza, per la giustizia. Nulla al mondo può impedire di essere liberi, di dare la propria testimonianza di fede e di speranza. È il battesimo vissuto, che può giungere fino alla testimonianza estrema del martirio in nome della verità, che non è mai ideologia ma che è il rispetto della realtà e del suo Creatore. Questo sacrificio di adesione alla realtà e alla redenzione non sembra dare subito dei frutti. Eppure, al ritirarsi delle acque il seme rinascerà e il bene e il vero seminati emergeranno alla fine dalle acque. “La verità, calpestata al suolo, risorgerà di nuovo” (Bryant, 1978).

 

L’acqua che compone il nostro corpo, diventa così il simbolo del mistero della vita, dell’essere, del destino. Davanti a questo elemento sincero e umile, elementare e decisivo, siamo chiamati a una risposta positiva al nostro destino, ad accettare ciò che accade e a cercare di cambiarlo per il bene, per la verità e per la giustizia.

La mostra diocesana quest’anno si protrarrà sino a ottobre per permettere alle scuole del territorio di poterla visitare e sarà aperta dal 9 agosto al 31 ottobre nella Casa Museo Stephanus , nell’ex Palazzo Vescovile in Termoli, al Borgo vecchio di Termoli.

La mostra sarà accompagnata da un ulteriore evento che vedrà la realizzazione dell’opera teatrale dal Titolo “ACQUA” scritta da: Giovanni Maddalena, Gianpiero Pizzol e Nicola Abbatangelo il 25 agosto al Teatro Verde.

Acqua vuole rappresentare le dinamiche della menzogna e della disinformazione voluta che si trova alla base di ogni ideologia, sempre identicamente attuale in grandi schemi mondiali e in piccoli circoli di persone. La menzogna consiste nel negare la realtà dei fatti sostituendola con discorsi mentre si innestano culti della figura del capo, teorie del complotto, divisioni ideologiche insensate.

Il dialogo diventa controllo progressivo del linguaggio e sfocia infine in mobbing sociale e violenza. Riescono a resistere alla menzogna comunicativa e all’ideologia non le persone più intelligenti, che anzi hanno sempre un buon motivo per cedere alle notizie false, ma le persone più affettive, che scoprono legami presenti o passati più forti delle lusinghe del potere e del conformismo. Purtroppo, la resistenza alla menzogna di ogni tipo ha un elevato costo umano, che non può essere evitato. Quest’opera teatrale è un modo per rendere memorabile l’immagine di una resistenza che non può essere che comunitaria, affrontando la povertà culturale del territorio che, non essendo consapevole di certi meccanismi dell’ideologia, tende a ripeterli con nuovi contenuti ma non meno violenti, dalle fake news alle discriminazioni sociali.

Lo sfondo della vicenda di Acqua è una cittadina di mare, dove una diga che rischia di tracimare non è stata mantenuta correttamente, nella piena consapevolezza di avere ignorato un problema ambientale: un diluvio che continua ininterrottamente da giorni e l’allagamento progressivo del paese. I primi responsabili, ovvero coloro che, pur avendone le possibilità, hanno scelto di non affrontare il problema, sono i primi a denigrare chi osa far emergere la verità. Tuttavia, non è responsabile anche chi ha conferito loro il potere di cui si approfittano?

Tutti, infatti, sono consapevoli di trovarsi sotto lo stesso diluvio e che quell’acqua che sale continuerà a farlo se nessuno cambierà il proprio modo di pensare e di (non) agire. Eppure, anche i personaggi che vorrebbero reagire non riescono davvero a muoversi, poiché rimangono invischiati in una dinamica di potere che non dà credito alla loro voce, che li rende succubi e incapaci di farsi sentire. Tuttavia, Acqua, attraverso una scrittura che esalta la sfaccettatura e la complessità di personaggi che sfidano le aspettative convenzionali e ne mettono in luce una rappresentazione equa e inclusiva, è un omaggio alla resistenza in nome dell’amore al vero, della memoria delle tradizioni di bene, della responsabilità dell’essere umano.

 

 

 

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