Un fenomeno intollerabile

Udine, Roma, Termoli: la lunga scia di aggressioni al personale sanitario. Condanna dell’Ordine Medici

Recentemente si è espresso anche il Ministro Schillaci che ha affermato di voler efficientare le attività di monitoraggio e prevenzione al fine di tutelare l'incolumità del personale medico e paramedico che - come la cronaca, locale e non solo, racconta - è sovente vittima di violenze

Medici e infermieri aggrediti mentre esercitano la loro professione, che è poi – non andrebbe mai dimenticato – una professione al servizio dei cittadini. L’Ordine dei Medici di Campobasso ha espresso la sua ferma condanna per il deprecabile – e intollerabile – episodio che si è verificato nella notte tra il 6 e il 7 gennaio nella sede della Guardia Medica di Termoli.

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Non il primo episodio in Molise, non certo il primo in Italia, ma anzi un’aggressione che si inserisce in un drammatico continuum. Solo nell’ultima manciata di giorni la cronaca del Paese ha raccontato ‘fattacci’ accaduti a Roma e a Udine, ma gli esempi potrebbero essere tanti altri.

Il caso di Udine ha suscitato molto scalpore anche perché la dottoressa aggredita – perché in molti casi si tratta di operatrici sanitarie donne – ha postato sui social la foto delle escoriazioni del suo collo. “Fare il medico… c’è chi dice che è una vocazione e lo è sicuramente, ma è altrettanto certo che al giorno d’oggi è una sfida, soprattutto in contesti come la guardia medica! È una sfida, perché non è possibile che un medico nell’esercizio delle proprie funzioni venga aggredito per aver invitato un paziente, dopo avergli prestato le cure ritenute opportune, a recarsi in pronto soccorso nel suo interesse; non è ammissibile rischiare la propria vita sul posto di lavoro perché non si è abbastanza tutelati, perché spesso il medico di continuità assistenziale viene considerato un medico di serie B!”. A scrivere queste parole – che potrebbero benissimo essere calate nel contesto molisano e in qualunque altro d’Italia – è Giada Aveni, specializzanda in chirurgia e collega della dottoressa aggredita fuori dalla guardia medica, a Udine, da un uomo che le ha messo, appunto, le mani al collo.

Tornando al caso avvenuto a Termoli, l’Ordine locale ha affermato: “Ferma condanna per l’esecrabile gesto di violenza nei confronti delle nostre iscritte in servizio presso la sede di Continuità Assistenziale di Termoli. L’OMCeO negli anni scorsi ha sentito e rappresentato più volte all’Azienda, alla Regione e al Prefetto di Campobasso le criticità e i pericoli derivanti dalla mancata sicurezza nelle sedi, evidenziandone lo stato anche attraverso uno studio effettuato dalla Commissione Giovani”.

E nella missiva indirizzata ai vertici Asrem dopo questo episodio i medici della Continuità assistenziale in servizio a Termoli non hanno certo nascosto tutta la propria amarezza: “Stiamo diventando il capro espiatorio dell’insofferenza dell’utenza che, non potendo rivalersi su altre figure mediche, rivolge a noi il suo atteggiamento spesso ricattatorio e aggressivo” e ancora: “Più volte abbiamo segnalato l’inadeguatezza della sede attuale, ora alla luce di quanto accaduto si ribadisce da parte nostra la richiesta di messa in sicurezza della sede nonché lo spostamento necessario ad una sede più confacente e sicura. Urge un provvedimento risolutivo”. Dunque (l’ennesima) richiesta: “Chiediamo pertanto una attenzione a queste problematiche e un’azione che possa sanare al più presto questa situazione che rischia di avere pesanti effetti sull’attività medica (stress psico-fisico, rischio di errore medico, burn-out) e quindi sulla popolazione. Così noi non riusciamo più ad andare avanti. Si sta rasentando, se non già in atto, la insostenibilità”.

Sui recenti casi che si sono verificati in diverse località italiane si è espresso anche il Ministro della Salute Orazio Schillaci: “La salvaguardia di chi lavora in sanità è essenziale per garantire sicurezza delle cure e qualità ai pazienti. Con questo obiettivo siamo impegnati affinché tutti gli strumenti a disposizione siano utilizzati in modo efficace per permettere a tutti gli operatori e professionisti sanitari di svolgere il proprio lavoro nelle condizioni di massima tutela”. Eppure il comparto sanitario rimane – intollerabilmente stante la funzione sociale che svolge – tra quelli più colpiti dal fenomeno delle aggressioni. Tra medici e infermieri, le donne sono le più colpite.  (rm)