Campobasso

Corpus Domini, le bancarelle non tramontano mai: fra tradizione e rito popolare

Dopo tre anni di assenza dovuta alla pandemia torna il bazar a cielo aperto che riempirà di colori, suoni, odori, le strade del centro.

Odori che si mescolano, dando vita a un bazar di profumi, spezie, dolciumi, ‘panini zozzi’, noccioline. Un cocktail di lingue, di dialetti, dall’Africa più lontana al paesino della provincia, dal Cile alla Campania. E naturalmente tanto Molise, per la festa più grande. Indizi inequivocabili: il Corpus Domini è pronto a tornare dopo tre anni di assenza e con esso si rivedranno le bancarelle nel centro di Campobasso.

Una tradizione resistente al caldo, al freddo, ai cambi di generazioni, ai gusti, agli usi e ai costumi. Il “giro per le bancarelle”, almeno uno nei tre giorni di festa, va fatto. Una sorta di rito, di gesto da compiere, anche per acquistare soltanto un braccialetto. Ma in molti non svanisce la tentazione di riuscire a scovare l’affare del secolo, il lampadario per casa che “non trovo da nessun’altra parte”, il servizio di piatti “indistruttibili”, il panno “magico”.

Una sorta di mega-mercato all’aperto che sfida il passare dei decenni, ma soprattutto non sembra risentire dell’avvento delle vendite online, delle tecnologie, dei prodotti che impazzano sulla rete a prezzi anche stracciati. O meglio, riesce a convivere con questo mondo nuovo, frenetico e privo di rapporti umani, quelli che invece tornano a instaurarsi a ogni Corpus Domini, come se non attendessero altro…

Fino agli anni sessanta i venditori ambulanti arrivavano nel capoluogo fin dal lunedì prima della domenica di festa restando una settimana. Altri tempi, altre esigenze, quando davvero si trattava di un’occasione utile più che dilettevole. Quanti corredi, collezioni di bicchieri, piatti, posate, lenzuola, sono stati acquistati sulle bancarelle del Romagnoli…

I guadagni, per chi vende la merce più disparata, non sono più quelli di qualche lustro fa. Ma molti vivono di questo, della festa cittadina, di quartiere, di contrada, spostandosi da un posto all’altro ogni sorgere del sole. Una sorta di categoria di ‘invisibili’ che durante la pandemia ha visto azzerare le proprie entrate.

C’è chi attende le ore serali dell’ultimo giorno per strappare un capo firmato (più o meno) scontato di un paio di euro, chi si fa ammaliare dagli anelli o dai borselli all’ultimo grido. E poi, quel vociare interminabile, interrotto qua e là da musica sudamericana o napoletana, che sembra un lungo fiume che scorre lento finché i banchi vengono chiusi e svuotati per riaprire e tornare a pullulare di colori il giorno successivo.

Hanno ancora senso le bancarelle al Corpus Domini? È la domanda che qualcuno si pone. La risposta, a ben guardare, è affermativa. E non tanto per un discorso di legame alla sagra o all’aspetto economico quanto per un sano romanticismo da festa popolare, che si rispecchia in riti che magari sono fuori moda ma che a Campobasso resistono, e anzi quest’anno non vedono l’ora di tornare protagonisti. Con buona pace delle persone che vengono ‘trascinate’ nel serpentone labirintico da mogli, fidanzate, bambini, anche mariti a volte, e recitano più o meno bene la parte del polemico a tutti i costi.   fds