Il giorno della memoria

Giovanni, 97 anni, deportato nei campi di concentramento: “Quando i cancelli si aprirono avemmo paura della libertà”

Questa mattina l’amministrazione comunale ha conferito le pergamene che con Liliana Segre, Michele Montagano e Pietro Terracina, li proclamano “concittadini onorari e benemeriti che hanno speso la loro vita per testimoniare ciò che di terribile accadde con le persecuzioni razziali, la Shoah e la Seconda Guerra Mondiale”

“Imparate a dire ‘no’ alla guerra e all’odio. Perché la guerra genera risentimento e sete di rivalsa. L’odio genera altro odio”. Sono le prime parole che esprime il signor Giovanni Tucci, deportato nei campi di concentramento, da oggi ufficialmente cittadino onorario di Campobasso, prima ancora di varcare la soglia di Palazzo San Giorgio, fermato dai giornalisti che a lui chiedono una sintesi del messaggio di questa giornata: 27 gennaio, giorno della memoria, quello dedicato al ricordo degli orrori perpetrati su migliaia di persone deportate nei campi di sterminio nazisti.

Anche lui, il signor Tucci, è stato un deportato. Oggi ha 97 anni e una memoria che non fa grinze. Mai. Lucidissimo nel rammentare qui giorni di prigionia, quella sofferenza immane, ridotto a pelle e ossa assieme ai suoi compagni quando si spalancarono i cancelli della libertà ebbero finanche paura di affrontarli “perché eravamo certi che i soldati russi si sarebbero vendicati su di noi e invece – dice – ci rifocillarono e ci accompagnarono verso quella libertà dimenticata”.

Il Comune di Campobasso ha ricordato con le sue parole gli orrori della Shoah con l’intento di trasformarli in un monito per il futuro: perché non accada mai più.

Così il sindaco Roberto Gravina ha consegnato al signor Giovanni Tucci la pergamena che lo proclama ufficialmente cittadino onorario di Campobasso “per l’incessante impegno e per il suo incarnato messaggio contro l’odio, l’indifferenza e ogni forma di revisionismo”.

Con lui, nell’elenco degli insigniti (ma assenti per motivi strettamente personali) anche i nomi di Liliana Segre e Michele Montagano. Onorificenza pure a Pietro Terracina, purtroppo, scomparso di recente.

Le parole di Giovanni Tucci hanno azzittito un’aula consiliare gremita di cittadini, studenti e familiari. Un racconto intenso, incredibilmente lucido, carico di emozioni tali da far accapponare la pelle. Storie preziose, da custodire “perché arriverà un giorno in cui chi ha visto con i propri occhi non sarà più qui a parlarcene – ha detto Gravina – e allora diventerà necessario rafforzare tutti gli impegni per mantenere viva la memoria”.

“La memoria delle persecuzioni razziali e delle deportazioni, come nei casi di Liliana Segre e di Piero Terracina, così come quella dei prigionieri di guerra Giovanni Tucci e Michele Montagano – ha continuato Gravina – ha permesso di tracciare alla nostra società, nel tempo passato, presente e futuro, un codice di valori universali a cui restare ancorati e che la nostra città, con il conferimento di queste cittadinanze, vuole rilanciare convintamente, dichiarandosi contro ogni forma di totalitarismo e a favore di un mondo che vogliamo democratico, libero e tollerante.

Nella nostra città ci sarà sempre un posto d’onore riservato alla storia, alla memoria e a chi come i nostri concittadini Liliana Segre, Piero Terracina, Giovanni Tucci e Michele Montagano ha fatto in modo che non venisse perduta, confusa e confinata una seconda volta nell’indifferenza”.

L’emozione che è riuscito a trasmettere il racconto di Giovanni Tucci è andata oltre quella di un libro di storia.

Le sue pause meditate, le lacrime agli occhi trattenute con fatica, la voce bassa ma intensa hanno reso meglio di qualunque pagina scritta, il senso di quel confine tra la vita e la morte vissuto nei campi di sterminio. Un limite così sottile da poterlo quasi vedere spezzarsi, senza nessuna logica, seguendo il criterio del caso e l’abominevole impulso della crudeltà umana.