La metamorfosi

Boom di ambulatori e servizi privati, “ma non facciamo concorrenza agli ospedali”. In Molise punto di non ritorno per la sanità pubblica

I privati iniziano a riempire il 'vuoto' lasciato dalla soppressione dei servizi offerti dal pubblico decisa negli ultimi 10 anni dai vari commissari. Dopo Termoli, la Fondazione Giovanni Paolo II apre un centro anche a Cercemaggiore. "C'è un'intenzione comune: offrire servizi ai cittadini e che il pubblico non offre", le parole del direttore generale Zappia. Le prestazioni, che saranno a pagamento e con tariffe agevolate per anziani e fasce deboli, si rivolgono all'utenza della Valle del Tammaro e dei centri al confine con la Campania. Infine, sull nuovo commissario: "Non può non tenere conto che Fondazione e Neuromed evitano la mobilità passiva e favoriscono quella attiva".

Liste di attesa sempre più lunghe, rete dell’emergenza urgenza (a volte) insufficiente, carenza di medici. Gli ultimi dieci anni in piano di rientro e le scelte dei vari commissari hanno modificato profondamente la sanità molisana. Un processo forse irreversibile con un sistema pubblico sempre più povero e debole, in cui di sei ospedali ne sono rimasti tre (depotenziati) a Campobasso, Isernia e Termoli, le cui carenze a volte sono decisive per la vita dei malati, nonostante gli sforzi dei medici.

I privati hanno trovato spazi per ampliarsi garantendo – per fortuna o no dipende dai punti di vista  – quei servizi altrimenti ‘introvabili’ sul territorio. Una decina i centri privati, dove è possibile trovare servizi molteplici e su misura (ovviamente a pagamento), che hanno aperto a Campobasso. Altri quattro a Termoli.

E poi ci sono anche le strutture più grandi che stanno guardando a quella che in termini economici si potrebbe definire una ‘fetta di mercato’ sempre più ampia: pazienti anziani, con malattie cardiovascolari, tumori o problemi di obesità.

In questo scenario la Fondazione Giovanni Paolo II ha investito e ha avviato il 2019 aprendo due centri medici nello spazio di poche settimane. Il primo a Termoli, lo scorso 7 gennaio: un ambulatorio, realizzato in sinergia con il ‘Gemelli’ di Roma, in grado di offrire una serie di prestazioni specialistiche e in grado di intercettare l’utenza che altrimenti si sarebbe rivolta all’ospedale di Chieti o al presidio di San Giovanni Rotondo.

Il secondo aprirà fra un paio di mesi, agli inizi della prossima primavera, a Cercemaggiore: il poliambulatorio sarà pienamente operativo all’interno dei locali del convento di Santa Maria della Libera di proprietà dell’amministrazione che li ha ristrutturati e li ha concessi in comodato d’uso. Anzi, l’idea è partita proprio dal Comune che “aveva intenzione di facilitare l’accesso ai servizi sanitari a tutta la popolazione”, le parole della sindaca Vincenza Testa. Popolazione in gran parte anziana e che ha comprensibili difficoltà a raggiungere Campobasso, sede dei principali presidi sanitari della regione. Secondo motivo: “Abbiamo scelto la Fondazione perché è un’eccellenza della sanità”.

D’altra parte, per la Fondazione c’era la possibilità di intercettare “l’utenza della Valle del Tammaro e dei vicini comuni del Beneventano”. “Quella di Cercemaggiore – ha spiegato questa mattina in conferenza stampa il direttore generale Mario Zappia – non è una scelta in concorrenza con il pubblico, ma un modo per supplire il pubblico per quello che non è in grado di fare. E questo non riguarda solo Cercemaggiore, ma tutti i territori periferici della nostra nazione”.

In pratica, un progetto di “privato sociale”, con tariffe agevolate per particolari categorie di utenti (anziani, fasce deboli e con disagio sociale) che hanno bisogno di prestazioni sanitarie.

A Cercemaggiore, ha spiegato durante la conferenza stampa l’assessore del Comune di Cercemaggiore Daniele D’Aversa, l’ambulatorio occuperà un’area di 42 metri quadrati. Il centro medico sarà dotato di una sala di attesa e di locali destinato al personale medico.

Sarà possibile effettuare ecografie, esami di laboratorio, visite ginecologiche e chirurgiche, visite cardiologiche, usufruire di prestazioni per medicina del dolore e fisioterapia.

C’è un punto in comune tra le strutture di Termoli e di Cercemaggiore. O meglio, “un’intenzione comune: offrire dei servizi che mancano”, queste le parole del direttore generale della Fondazione. “Prima di dedicare determinate attività in un territorio, facciamo un’analisi della domanda e cerchiamo di fornire quello che manca o è insufficiente. Poi è una scommessa perché c’è un rischio di impresa”.

Il progetto potrebbe espandersi ancora di più per soddisfare esigenze di sanità che emergono nei territori più periferici e quindi lontani dal capoluogo molisano. “Noi siamo disponibili – aggiunge Zappia – ad ulteriori richieste che arrivano dal territorio, nelle zone ancora non coperte. Ovviamente non parliamo di aree vicine a Campobasso o a Termoli. Inoltre, c’è già un progetto del Gemelli di realizzare una rete a livello regionale che per ora riguarda la Puglia e la Lucania, nel quale rientriamo anche noi”.

Gli investimenti a Termoli e Cercemaggiore sono stati decisi prima dell’insediamento del neo commissario Angelo Giustini. Colui che deciderà il futuro della sanità molisana non ha ancora incontrato i vertici della Fondazione. Che avanzeranno una richiesta precisa: la conferma delle prestazioni che abbattono la mobilità passiva e favoriscono la mobilità attiva.  

Ma Zappia ha messo subito i classici puntini sulle ‘i’: “Sia noi che Neuromed riusciamo ad evitare che tanti molisani vadano a curarsi fuori regione e al tempo stesso facciamo in modo che tante persone vengano a curarsi in Molise, con un impatto positivo per tutta l’economia molisana”.

E aggiunge: “Fondazione Giovanni Paolo II e Policlinico Gemelli possono ridurre l’impatto della mobilità passiva. Faccio un esempio: la chirurgia vertebrale. Ci sono specialisti del Gemelli che verrebbero in Molise a prestare la loro opera. Dunque, ci sono prestazioni che la Regione Molise paga per intero ad altre Regioni. E noi potremmo metterci d’accordo per riuscire a produrre un risparmio: la Regione non pagherebbe il 100% della prestazione garantendo un ottimo servizio a tutti i pazienti. Accordi del genere sono stati presi anche in altre regioni”.

Probabilmente la sanità molisana è arrivata a un punto di non ritorno.