Cultura & Spettacolo

La sfida di Manfredi il Bello: “Farò una Hollywood molisana”

Manfredi Saavedra, 32enne di Larino, alla ribalta per aver fatto parte del cast del film "Qualunquemente" con Antonio Albanese, racconta in questa intervista rilasciata a Primonumero.it il suo progetto, accarezzato da tempo, di creare un distretto cinematografico in Molise: «Vorrei valorizzare il mio territorio, una terra che amo profondamente, rendendolo protagonista del mio lavoro. E’ il mio sogno si chiama Moliwood». Intanto iniziano il 9 aprile le riprese, a Larino, del cortometraggio di cui è produttore, e che ha come protagonista il celebre attore Massimo Ghini.

«Mi sento troppo bello per fare il bello e non troppo bello per fare il brutto»: Manfredi Saavedra la pensa così e sorride durante l’intervista (ndr). Perché in fondo – si chiede – «che cos’è la bellezza?». Giovane, intraprendente, propositivo, Manfredi nella vita è attore e produttore cinematografico.

Il trentaduenne di Larino da piccolo pensava che sarebbe diventato un medico, seguendo le orme dei suoi genitori e di suo nonno… ma le cose non sono andate esattamente come immaginava e il ‘destino’ ci ha messo lo zampino. Probabilmente, che nella vita avrebbe fatto qualcosa di ‘diverso’ e, soprattutto, a stretto contatto con l’arte e la cultura, era già scritto nel suo nome: «Mio padre è originario della Bolivia, da lì viene il mio cognome ‘Saavedra’ ma… lo sai che il celebre autore di “Don Chisciotte” si chiamava Miguel de Cervantes Saavedra? – sorride – ho sempre amato l’unicità del mio nome e questo mi ha aiutato ad avere questa consapevolezza: è necessario fare delle nostre vite delle vite speciali».

Aveva 21 anni quando, da studente universitario fuorisede, per la prima volta si è ritrovato catapultato in un set cinematografico, esattamente quello de “L’Italiano” di Ennio De Dominicis (con Luca Lionello).
Dopo aver frequentato la scuola triennale per attori e registi di Beatrice Bracco inizia dunque la sua attività di attore.
Dal teatro al cinema, l’attore larinese ha al suo attivo diverse esperienze e collaborazioni. Le ultime lo hanno visto in scena a Roma con lo spettacolo “Trainspotting” e al cinema nel film con Antonio Albanese, diretto dal regista Giulio Manfredonia, “Qualunquemente”.
Manfredi è però anche un ragazzo pieno di sogni, legato fortemente alla sua terra e all’identità del suo popolo. E oggi oltre a fare l’attore è anche produttore. E poi, come dice lui stesso, uno dei suoi progetti più ambiziosi si sintetizza con un unico nome, un nome che parla da sé: “Moliwood”.

Quando eri piccolo sapevi già che da grande avresti fatto l’attore?
«No, anzi! A dire il vero pensavo che sarei diventato un medico, come lo sono i miei e come lo era mio nonno. Ma le cose non sono andate esattamente come avevo immaginato… la vita ogni tanto ti riserva delle sorprese così… eccomi qui».

Dal teatro al cinema. Ma cosa si prova a lavorare sotto i riflettori, davanti alle telecamere?
«Io mi sento a mio agio, soprattutto in teatro, anche se il palco teatrale richiede un impegno notevole. Penso che l’attore sia un po’ come un atleta, soprattutto, per sostenere ogni sera uno spettacolo, ci vuole una grande forza. Però il pubblico ti dà la carica giusta. Io sono molto per l’intrattenimento, ma non bisogna mai perdere di vista lo spettatore».

Ti piacerebbe lavorare in televisione? Cosa pensi del mondo dello spettacolo?
«Sicuramente non mi chiudo nessuna porta; non nego che mi piacerebbe lavorare in tv, anche per darmi una chance in più. Per quanto riguarda il mondo dello spettacolo… beh, purtroppo in Italia il talento non è tutto, anzi, a volte è poco. Non è semplice farsi strada. Soprattutto non mi è mai capitato di vedere emergere tante persone che provengono da una famiglia di non attori – registi. E’ un ambiente difficile questo, a volte anche doloroso, ma io penso che valga sempre la pena di lottare e di soffrire… io non potrei proprio fare altro!».

Si può però dire che anche tu ti sei trovato di colpo in questa realtà…
«Sì, per me il cinema è entrato di colpo e adesso è parte integrante della mia vita».

C’è qualche esperienza professionale a cui sei “più legato”?
«Sicuramente gli ultimi: Trainspotting e Qualunquemente… poi però, se ripenso a tutti i lavori fatti in questi anni, me ne vengono in mente tanti altri che sicuramente hanno contribuito alla mia crescita personale e professionale».

L’incontro più incredibile?
«Aver lavorato con Abel Ferrara, regista di New York ma non solo…»

Tu vivi tra Roma e Larino, ma torni spesso qui in Molise al contrario di quanti invece sono fuggiti dalla loro terra…
«Io amo questa terra. Vorrei che i miei figli crescessero qui. Vivo nella capitale da 10 anni, ma Roma come città è davvero disumana. C’è tanto da “combattere” – anche se questa non è una parola che amo utilizzare – e questo non è di sicuro “normale”. Tra qualche anno, però, mi rivedo proprio qui in Molise, con una famiglia. Spero di poter vivere la libertà di fare i progetti che mi va di fare e e li voglio fare qui, in Molise. Non sono favorevole a quelli che a priori decidono di andar via. Anzi… ho grandi cose in mente per il futuro…»

Progetti di che tipo?
«Beh, innanzitutto si parte proprio oggi (sabato 9 aprile, ndr) a Larino con le riprese di un cortometraggio intitolato “Non al denaro, né al sole” di cui sono produttore con la casa Frentana Cinematografica di cui faccio parte. Il tutto si ricollega a un progetto più ampio, un sogno che si chiama “Moliwood”. Ho già comprato il dominio su internet e il marchio: www.Moliwoodfilms.com. Di progetti poi ne ho mille altri in cantiere».

Per esempio?
«Data l’unicità del mio nome – che amo ricollegare al famoso scrittore Miguel de Cervantes Saavedra – mi sono chiesto: perché non girare un film intitolato “Manfredi”? Magari anche con un sequel del tipo: “Federico II” e “Federico Barbarossa”.

Sai che molti ti conoscono per il tuo fascino: tu ti senti bello?
«Mi sento non troppo bello per fare il bello e non troppo bello per fare il brutto. Ci sono momenti positivi per me. E in questo momento di sento “bello”, speriamo che duri. In realtà, noi attori viviamo di alti e bassi, purtroppo: questo è un aspetto della mia professione che mi fa paura».

E allora cos’è la bellezza?
«La ‘bellezza’? Dunque ho visto una Giulietta di 87 chili che mentre recitava era di una bellezza sconvolgente. Penso che il modo in cui appariamo sia un riflesso di come siamo dentro. La vera bellezza è quello che noi comunichiamo».

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