Cronache

’Ndrangheta, all’origine dell’inchiesta “Isola Felice” il pentimento di Eugenio Ferrazzo

Sarebbe stato lo stesso boss crotonese a scatenare l’indagine che ha portato al blitz di venerdì scorso fra Termoli, Campomarino e San Salvo con ben 149 indagati e 25 persone arrestate. Lo sostengono gli avvocati difensori delle persone finite in carcere e che hanno preso visione dell’ordinanza da 500 pagine. Per Ruggiero Romanazzi, che difende Felice Ferrazzo e i fratelli Marchese «l’ultima ipotesi di reato risale al 2012». Martedì mattina gli interrogatori, dopo i quali il legale chiederà che i suoi assistiti vengano trasferiti ai domiciliari.

Sarebbe stato lo stesso Eugenio Ferrazzo, dal carcere, a far esplodere il caso “Isola felice”, chiedendo di collaborare con la giustizia. È quanto trapela in queste ore precedenti ai primi interrogatori, previsti per domani mattina, martedì 6 settembre, degli indagati coinvolti nell’inchiesta “Isola felice” che venerdì scorso ha portato in carcere 20 persone, con altre 5 ai domiciliari per un totale di 149 iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di associazione di stampo mafioso, estorsione, traffico di armi e droga, riciclaggio e altri reati. Felice Ferrazzo e i fratelli Fabio e Mirko Marchese verranno ascoltati in Tribunale, a Larino, dal Gip Maria Paola Vezzi.

Gli interrogatori avverranno per rogatoria disposta dal giudice dell’Aquila, la Procura che ha coordinato un’inchiesta basata fra Abruzzo e Molise. Dalle 10,30 sono in programma i primi interrogatori. A difendere Ferrazzo padre e i due Marchese ci sarà l’avvocato Ruggiero Romanazzi, già noto per aver difeso in passato Remo Di Giandomenico e altri indagati eccellenti dell’inchiesta “Black Hole”.

«I miei assistiti sono sereni» commenta il legale termolese mentre prepara le carte in vista del confronto di domani col giudice Vezzi. «Ho letto sommariamente l’ordinanza, sono più di 500 pagine. Dobbiamo capire l’attualità della misura cautelare. Questo perchè l’ultima ipotesi di reato risale al 2012».

Come si spiega quindi questo lasso di tempo? «Col fatto – afferma Romanazzi – che l’inchiesta nasce dalle dichiarazioni di qualcuno». Si tratta proprio di Eugenio Ferrazzo, considerato dai magistrati a capo del clan che aveva messo le mani sulla costa molisana e il litorale più a sud dell’Abruzzo. Ferrazzo figlio avrebbe quindi deciso di pentirsi e rivelare nomi, circostanze, meccanismi di quello che sarebbe avvenuto fra Campomarino e Termoli, ma anche a San Salvo e nel pescarese.

D’altronde lo stesso procuratore nazionale antimafia Franco Roberti aveva rivelato come fosse stato decisivo il ruolo di alcuni pentiti. Uno di questi sarebbe proprio Eugenio Ferrazzo. Una tesi che viene condivisa anche da Joe Mileti, il legale difensore di Vincenzo Macera, un altro degli altri arrestati a Termoli. Va ricordato inoltre che il padre Felice, arrestato venerdì scorso a San Giacomo degli Schiavoni, aveva fatto la stessa scelta anni fa. Era diventato collaboratore di giustizia, aveva parlato e fatto nomi, ma poi era finito in una nuova inchiesta, uscendo tuttavia assolto dal caso dell’arsenale ritrovato in un garage di via Mazzini, a Termoli.

«Il programma di protezione gli è stato revocato – conferma l’avvocato Romanazzi che già cinque anni fa aveva assunto la difesa di Ferrazzo padre riuscendo a ottenere l’assoluzione del suo assistito sia in primo che in secondo grado». Adesso Felice è di nuovo rinchiuso in un penitenziario, nello stesso dove si trovano i Marchese. Per loro si è trattato invece del primo arresto. «Dopo gli interrogatori chiederò una misura meno afflittivo, probabilmente i domiciliari» fa sapere l’avvocato.

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