Campobasso

Censura Rai per t-shirt pro Palestina, Malatesta al sit in: “Chi decide davvero cosa va mostrato e cosa no?”

Decine di manifestanti sotto i cancelli della sede Rai Molise per la libertà di informazione e di espressione dopo un presunto caso di censura che ha fatto molto discutere e che sarà portato anche all'attenzione della Commissione di Vigilanza del servizio pubblico radiotelevisivo

Nel pomeriggio di ieri, 30 agosto, sotto la sede Rai del Molise – alla zona industriale di Campobasso – si è svolto un sit in pacifico promosso dall’associazione Malatesta dopo il presunto caso di censura da parte del servizio pubblico. L’episodio, di cui abbiamo parlato in questi giorni, si è verificato il 26 agosto quando la giornalista Ilaria Grillini,  inviata della trasmissione Uno Mattina, giunta nel capoluogo per un servizio sul Draw the line (il progetto dei murales che decorano le facciate dei palazzi popolari di Campobasso promosso dall’associazione Malatesta) avrebbe chiesto a un rappresentante dei Malatesta di non mostrare alle telecamere il piccolo logo a forma di aquilone coi colori della Palestina cucito sulla sua maglietta.
Ecco perché l’intervista, che era stata precedentemente concordata, è saltata: “Nessun tipo di indicazione era stata fornita in merito a loghi o marchi commerciali da non esporre” questo ha detto Nino Carpenito, presidente dei Malatesta, leggendo un comunicato stampa durante la protesa.
sit in malatesta censura
“La mattina del 26 – ha riferito Carpenito – il nostro rappresentante era presente all’appuntamento indossando la maglietta di un progetto umanitario promosso dall’associazione Gaza Freestyle con la quale collaboriamo attivamente da alcuni anni attraverso attività artistiche e sociali nella striscia di Gaza. Questo anche prima del 7 ottobre” .
La Grillini a quel punto avrebbe prima chiesto al suo ospite di indossare un  altro capo di abbigliamento e poi di girare la t-shirt per non mostrare la piccola bandiera-aquilone in trasmissione. Si tratta di una stampa piccola, davvero piccola, come abbiamo avuto modo anche noi di appurare durante il sit-in in cui lo stesso logo era sulle magliette di svariati manifestanti.
“Il nostro rappresentante, sconcertato, ha spiegato più volte alla giornalista che quella maglietta appartiene ad una iniziativa del 2019 sostenuta dai Malatesta per una raccolta fondi da destinare al progetto Gaza Freestyle che ha come scopo di portare alla popolazione palestinese un supporto sociale, psicologico ed economico. Era del tutto normale e casuale per il nostro associato, indossare una delle magliette rappresentative dell’associazione Malatesta, d’altronde le opere scelte dalla stessa giornalista erano quelle riferite a temi, oggi purtroppo attualissimi, come la guerra, i potenti delle terra e la sopraffazione”.
A questo punto la giornalista del servizio pubblico ha fatto una telefonata (a chi? ndr) e confermato quella che fino a questo momento poteva sembrare una decisione arbitraria. Così il rappresentante dei Malatesta è andato via definitivamente.
“Siamo fortemente preoccupati perché una giornalista della Rai, televisione di Stato e quindi servizio pubblico, abbia manifestato così tanto timore ed attenzione ai colori che rappresentano la bandiera di una nazione martoriata dalla guerra da quasi 80 anni. Sono state uccise, soltanto negli ultimi mesi, più di 40mila persone di cui circa la metà bambini (dati ufficiali). Sappiamo che il servizio pubblico ha regole stringenti per quanto riguarda loghi e stemmi rappresentativi di marchi commerciali, di pubblicità implicita o esplicita, di messaggi di odio, violenza o a qualsiasi messaggio anticostituzionale. Il resto è al buon senso, a quanto pare. É contrario al buon senso indossare un piccolo aquilone che esprime da sempre un ideale di sostegno e di pace? Tra l’altro trattasi di simbolo non registrato, che non costituisce pubblicità, non rappresenta messaggi di odio e violenza, né messaggi anticostituzionali. Dunque chi è colui che si arroga il diritto di decidere qual è il buon senso? Chi decide in questo caso? Il delegato di produzione della testata giornalistica? E che indicazioni ha costui?”
“Basta sfogliare la pagina personale della giornalista – questo ancora è stato spiegato durante il sit in -per accorgersi che nelle foto pubblicate sul suo profilo, ci sono immagini della stessa trasmissione, con ospiti che indossano loghi e marchi di abbigliamento e di attività private che a quanto pare non hanno avuto la stessa attenzione che ha ricevuto l’aquilone”.
Poi, rispondendo a qualche polemica, Carpenito ha precisato che “non avevamo assolutamente intenzione di mettere in atto nessuna manifestazione pro Palestina in quella sede anche perché abbiamo avuto molte difficoltà a garantire la partecipazione di un nostro associato alla trasmissione e il nostro unico intento era quello di promuovere il nostro progetto e la nostra città. Ci chiediamo – questo nel comunicato stampa dell’associazione – quindi quale sia il clima che si respira in Rai, servizio pubblico televisivo italiano, da tempo assoggettata alla politica e ora vittima di una operazione di occupazione e spartizione da parte della destra. La maggioranza ha esplicitamente rivendicato una maggiore influenza sulla Rai e una sorta di diritto ad avere una televisione pubblica allineata con i vincitori delle elezioni così come riportato nel Monitoraggio del pluralismo dell’informazione nell’era digitale giunto qualche mese fa in Vigilanza Rai e prodotto dal Centre for media pluralism and media freedom. L’organismo è promosso dall’Unione europea e ha il compito di monitorare lo stato dell’arte dell’editoria negli Stati membri ed in sintesi il centro è molto preoccupato per il sistema informativo italiano.
Ci chiediamo inoltre in quali ambienti di tutela operano i giornalisti liberi tenendo presente che il sistema legislativo sulla libertà di stampa diventa sempre più stringente come ad esempio la riforma Cartabia e il Bavaglio Costa che di fatto limitano la comunicazione di informazioni alla comunità con conseguenze negative per lo stato di diritto. Ma secondo il nostro modesto parere, il problema della libertà di informazione non sta solo nel servizio pubblico, anche la stampa locale ha le sue responsabilità. Ormai diventata espressione di potentati locali che guerreggiano sulle testate giornalistiche a suon di comunicati stampa e che i nostri cari giornalisti riportano tali e quali sulle testate cartacee e digitali. Perchè ce la prendiamo con i giornalisti? Perchè voi siete i nostri occhi e le nostre orecchie, siete quelli che dovrebbero farci riflettere, che dovrebbero schierarsi e che dovrebbero creare opinioni. Se questo è il giornalismo locale, voi non servite più a nulla visto che ormai chiunque può scrivere sui social. Abbiamo bisogno di altro, abbiamo bisogno che voi stimoliate le coscienze, che siate obiettivi e liberi. Alzatevi da quei computer e fate come si faceva una volta, parlate con la gente, guardatela negli occhi, approfondite e scrivete i vostri articoli così da ristabilire quel senso di umanità che anche voi avete perso. In conclusione, questa volta abbiamo vissuto sulla nostra pelle quello che denunciamo da molto tempo attraverso l’arte e le nostre iniziative ovvero un atto di censura che ha limitato la nostra libertà personale e di espressione…. E questo fa molto male!”
nino carpenito malatesta
Alla fine della lettura Carpenito ha invitato qualche giornalista Rai a prendere la parola per il contraddittorio ma non si è fatto avanti nessuno, mentre sono state girate delle immagini da un tecnico del servizio pubblico. Erano presenti diversi esponenti della società civile e rappresentanti politici del Pd (gli assessori comunali Bibiana Chierchia e Giose Trisonno, la consigliera Annamaria Trivisonno), il presidente dell’associazione Antigone Vincenzo Boncristiano e il consigliere del M5S Luca Praitano.
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