Campobasso

Omicidio Micatrotta, l’arringa: “Coltello senza proprietari. De Vivo si è difeso”. La sentenza giovedì prossimo

Penultima udienza a carico di Giovanni De Vivo accusato di omicidio volontario premeditato. In giornata le la discussione delle parti con l'arringa finale dei due difensori. Il verdetto atteso per giovedì 14 settembre

Si è consumata oggi, nell’aula della Corte d’Assise del Tribunale di Campobasso, la penultima udienza del processo a carico di Giovanni De Vivo, accusato di omicidio volontario premeditato ai danni di Cristiano Micatrotta. I fatti sono accaduti la notte del 24 dicembre 2021 in via Vico nel capoluogo.

L’udienza si è aperta con la requisitoria del Pm, rappresentata in aula da Viviana Di Palma. Che ha detto chiaramente: “De Vivo è colpevole di omicidio volontario. Ed era lucido quando ha colpito”. Ha escluso la premeditazione e ha quindi chiesto 21 anni e 3 mesi di reclusione. D’accordo gli avvocati di parte civile, Fabio Albino e Roberto D’Aloisio che però hanno invece chiesto che venga considerata anche la premeditazione perchè “De Vivo ha ragionato, voluto, organizzato l’aggressione mortale” ha esposto Albino. Le battute finali di questa udienza fiume sono toccate all’arringa della difesa. “E’ infondata la contestazione della premeditazione. Ma lo è anche quella dell’omicidio volontario” hanno detto gli avvocati Mariano Prencipe e Giuseppe Stellato.

Perché non ci sia stata volontà e premeditazione di uccidere, i due legali lo hanno spiegato a stretto giro partendo da un fatto che “questa è una delle poche certezze probatorie di questo processo” in quanto “nessuno ha detto di aver visto il coltello”. Dunque, la proprietà del coltello “non si conosce”. Dunque l’affondo: “Allora, la prova che il coltello fosse di De Vivo dov’è in questo processo? Il Pm l’ha fornita? No”.

I due avvocati hanno pertanto ribadito che in tutta “questa storia” l’unico che sin da subito riferisce che “si è difeso, che sì lo aveva contattati perché lo avevano raggirato sulla cocaina, che il coltello non era suo è De Vivo”. Giuseppe Di Mario, che “pure ha partecipato alla spedizione, invece, si smentisce nelle deposizioni rese alla polizia giudiziaria e poi durante il processo” mentre “Alessio Madonna sceglie di non parlare” ha sostenuto l’avvocato Mariano Prencipe che ha aggiunto: “E’ proprio questa scelta seppure legittima perché già condannato per rissa nell’ambito degli stessi fatti, che pesa come un macigno. Lui decide di non parlare eppure non stiamo parlando di qualcuno capitato lì per caso, ma del cognato della vittima che decide di non deporre per dire di chi era il coltello, per dire come egli stesso si è ferito alla mano e quale è stata la dinamica. Questo è uno dei tanti punti oscuri di questa vicenda”.

Quanto a Giuseppe Di Mario, Prencipe ha ribadito ancora: “Ha riferito di non aver visto il coltello nella disponibilità di nessuno”. E poi è passato alle foto rinvenute sul telefono di Alessio Madonna dove “c’è Madonna fotografato con un coltello Tescoma linea Azza vale a dire la stessa linea usata per colpire Micatrotta. Ora chiedo a questa corte – dice l’avvocato Prencipe – Se quelle foto fossero state trovate sul telefono di De Vivo? Come sarebbe stato valutato?”.

Ha puntualizzato ancora  la posizione di Di Mario che “se solo spettatore e non partecipe come ha fatto a non aver visto come si è ferito Madonna alla mano. Perché non gli ha mai chiesto: come ti sei fatto male? La scienza dice che non esistono lesioni di attacco ma solo da difesa”. Secondo gli avvocati difensori il punto focale del processo che si avvia a sentenza ,consiste quindi nel “saper cogliere dove si annidano le menzogne e dove le connivenze e l’omertà e soprattutto perché c’è l’omertà. Tacciono pure sulla cocaina, mentre De Vivo lo dice da subito ed è l’unica prova scientifica di valore riscontrata su tutti e quattro i cellulari sequestrati”.

Dunque per gli avvocati Prencipe e Stellato quello di De Vivo è stato un atto di difesa e si evince anche dalle dichiarazioni di Di Mario che ascoltato dagli inquirenti ha riferito che l’istante prima dell’accoltellamento ha sentito la frase: “Lasciami Cristian”, segno che “in quel momento fosse aggredito dopo aver afferrato un coltello non suo ed essere stato immobilizzato. Allora nel tentativo di svincolarsi, dopo le botte ricevute, ha colpito senza rendersi conto di nulla”.
La difesa dunque sostiene la legittima difesa o l’eccesso colposo per legittima difesa ma non certamente l’omicidio volontario premeditato.

Il presidente della Corte d’Assise ha disposto le eventuali repliche il prossimo 14 settembre e quindi la sentenza a carico di Giovanni De Vivo.

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