Soldi pubblici e tutela degli animali

Branchi di cani in città, riesplode l’emergenza. Animalisti: “Spesi 2 mln e il Molise è primo per randagismo”

Gli ultimi avvistamenti a Campobasso sono la punta dell'iceberg di un problema su cui il Coordinamento associazioni animaliste del Molise riaccende i riflettori: "Fenomeno dilagante, amministratori e i vertici dei Dipartimenti del servizio veterinario dell'azienda sanitaria sono gravemente responsabili. Ma spediamo 2 milioni di soldi pubblici per mantenere i canili"

E’ arrivato finanche nel parcheggio dell’ospedale Cardarelli uno dei branchi di cani randagi che girovagano a Campobasso. Probabilmente è lo stesso che è stato avvistato in via Genova, in pratica a pochi passi dalla sede della Regione Molise e dai numerosi condomini del quartiere, molti dei quali abitati da famiglie con bambini o da anziani.

E’ solo la punta dell’iceberg di un problema che sta riesplodendo in maniera grave: il Molise è la prima regione d’Italia per numero di randagi, secondo il Coordinamento Associazioni Animaliste Molisane. E se si sta profilando una nuova emergenza in tutta la regione (non solo a Campobasso), per gli animalisti è colpa dei sindaci e dei vertici dei Dipartimenti del Servizio veterinario dell’Asrem che hanno compiti precisi in materia di tutela degli animali e della salute pubblica. Il randagismo infatti comporta rischi dal punto di vista della pubblica sicurezza e anche a livello igienico, oltre a costi elevati per le casse pubbliche quando non vengono poste in essere misure di contrasto.

“Per venti anni non è stato fatto nulla”, denunciano gli animalisti molisani che periodicamente segnalano episodi di maltrattamento degli animali. “I 136 sindaci molisani, in concorso con i vertici del Dipartimento del servizio veterinario, sono da 20 anni i maggiori responsabili dell’abbandono del territorio regionale e della totale mancanza di attività di prevenzione, fondamentale per contrastare seriamente il triste fenomeno del randagismo e del vagantismo”, dichiara Giancarlo Calvanese, portavoce del neo Coordinamento animalista molisano e responsabile operativo del N.O.E.T.A.A. Campobasso.

“Eppure la legge regionale numero 7 del 2005, i suoi regolamenti attuativi e la modificata legge numero 12 del 2011 – continua – prevedono tutta una serie di attività che se fossero state messe in atto non avrebbero ridotto il Molise ad essere, in proporzione al numero di abitanti, la prima regione d’Italia con il più alto tasso di cani irregolari vaganti sul territorio nonché cani detenuti in decine di strutture tra l’altro non tutte autorizzate. Una guerra mai dichiarata dai sindaci e dai veterinari pubblici e privati ai detentori di cani”.

Qualche dato. “Si stima – sottolinea Calvanese – che oltre i due terzi di animali di proprietà non siano ancora iscritti all’anagrafe regionale. Un dato tristemente reale che destina gran parte di questi animali con padroni, una volta segnalati, a finire la loro vita nei canili a spese di tutta la comunità regionale che ammonta ad oltre 2 milioni di euro l’anno”. Tantissimi soldi pubblici che vengono spesi per arginare un fenomeno che potrebbe essere arginato con campagne di prevenzione. In realtà, in molti comuni molisani non viene effettuato nemmeno il censimento degli animali presenti sul territorio. “Nel 70% dei paesi molisani (sotto la soglia degli 800 abitanti, di cui la metà sotto i 500 abitanti) si potrebbe attuare un censimento e regolarizzare i cani sui singoli comuni: comporterebbe tempi brevissimi e spese esigue da parte delle amministrazioni comunali”. Azioni che invece, per il portavoce del Coordinamento animalisti, non vengono poste in essere: “Vi è una totale mancanza di volontà, spinta da forti controindicazioni elettorali, a fare rispettare la legge sul randagismo da parte dei sindaci molisani, nessuno escluso”.

Non esente da colpe, per il Coordinamento, nemmeno i vertici dei Dipartimenti del servizio veterinario Asrem: “L’altra grave responsabilità – conclude Calvanese – deriva dalla totale inesistenza di attività da parte dei dirigenti veterinari sia pubblici che liberi professionisti atte a programmare attività volte ad organizzare gli enti preposti al controllo del randagismo ed a vigilare direttamente sui territori così come detta la legge regionale”.

A pagarne lo scotto sono i volontari che intervengono dopo aver ricevuto le segnalazioni dei cittadini, come accaduto nel canile dell’orrore di San Pietro In Valle (frazione di Frosolone) o per il cane trovato impiccato a Monacilioni.

“Un quadro regionale mortificante che ha reso oramai esasperati i volontari che per oltre 30 anni hanno profuso grosse energie e proprie somme economiche per contrastare in solitaria il randagismo”, conclude. “D’ora in avanti però la battaglia passerà dai tavoli alle iniziative legali”. Il Coordinamento animalisti annuncia che a breve saranno denunciati i responsabili di questa grave situazione nei confronti dei quali vengono ipotizzati una serie di reati: la ‘battaglia’ giudiziaria sta per iniziare e a ottobre, in una conferenza stampa, saranno resi noti tutti i dettagli.

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