Scrittori al parco

Dall’amnesia all’empatia: a Termoli il vero ‘Doc’. “Ero un estraneo al mondo, raccontare è la mia terapia”

Amabile, commovente e divertente al tempo stesso, il primo appuntamento letterario della rassegna Scrittori al Parco, organizzato dalla Casa del Libro insieme a Frentania Teatri. Ospite Pierdante Piccioni, il medico che a seguito di un incidente stradale ha perso, per mai recuperarla, la memoria di 12 anni di vita. A questa drammatica esperienza è seguita una incredibile rinascita. E un successo mediatico (a partire da quello televisivo legato alla fiction Doc) di prim'ordine

Un buco nero lungo 12 anni. Si può riassumere così la incredibile storia di Pierdante Piccioni, il ‘medico amnesia’ che ha ispirato la nota fiction televisiva ‘Doc – Nelle tue mani’, ospite ieri 25 giugno al Teatro Verde di Termoli per l’esordio della seconda edizione della rassegna Scrittori al Parco.

Un incontro che ha riscosso grande successo e per numero di presenze e per l’affascinante storia personale raccontata in prima persona dal dottor Piccioni. Maggio 2013: un incidente stradale avvenuto sulla tangenziale di Pavia, mentre il dottore si reca al lavoro, cambia completamente il corso della sua vita. Un trauma cranico, un coma di tre ore, e al risveglio 12 anni di ricordi come spazzati via. Tutti, nessuno escluso. “Mi sono sentito un estraneo del mondo. A mia moglie, appena l’ho rivista, ho detto ‘Ma quante rughe hai?‘ e quando mi sono visto entrare in stanza due ragazzoni, i miei figli che per la mia mente avevano però 8 e 11 anni, ho pensato ‘E questi chi sono?’”.

“Noi siamo i nostri ricordi, diceva Borges” ha ricordato l’ex primario del Pronto Soccorso dell’Ospedale Maggiore di Lodi, affascinando il pubblico con una narrazione potente e allo stesso tempo divertente, condita da aneddoti che sembrano usciti dalla penna del più fantasioso degli sceneggiatori. Una storia che ha ‘rapito’ l’Italia intera e non solo, e che effettivamente è divenuta una sceneggiatura di successo, “si era pensato anche a un film con la regia di Clint Eastwood”, ispirata a sua volta dal libro ‘Meno dodici’ di cui è co-autore lo stesso Piccioni. “È iniziato tutto da un mio diario. Usavo la scrittura come terapia”.

Pierdante Piccioni
Pierdante Piccioni
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Affabilità e doti comunicative da vendere, unite a una verve non comune, il medico diventato scrittore e sceneggiatore della sua vita, accolto dalla presidente della Casa del Libro Daniela Battista e intervistato dalla dottoressa Elda Della Fazia, ha catalizzato per oltre un’ora e mezza l’attenzione della platea.

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Alla domanda ‘Quanto ti riconosci in Andrea Fanti?’, ovvero nel protagonista della serie televisiva Doc, Piccioni ha perentoriamente risposto ‘Andrea Fanti sono io’ disvelando come l’attore Luca Argentero abbia voluto conoscerlo e ‘studiarlo’ per vestire al meglio i suoi panni. “Donne, se state per chiedermi perchè non l’ho portato qui con me sappiate che l’originale è sempre meglio della copia!”.

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“Dall’incidente ho iniziato un Master in Pazientologia, Università della Vita”, ha scherzato a più riprese il dottore con gli astanti, invitandoli a dargli del tu e a dialogare con lui durante la serata. E, ormai abituato a raccontare di sé senza veli, Piccioni non ha nascosto che il suo riscatto ha avuto anche un po’ il sapore della vendetta. Come quando, dopo essersi rimesso a studiare per tornare a fare il medico, finanche nelle aule universitarie dove era stato un tempo docente, e a seguito di una messa alla prova con tanto di test (anche attitudinali), al nulla osta del Direttore Generale ha risposto con uno spontaneo e liberatorio gesto dell’ombrello.

“Io non sono il mio referto” il mantra del medico ritrovatosi paziente perchè d’un tratto si è trovato a fare i conti con una vera e propria disabilità di cui ha delineato i contorni con una efficace metafora, quella della corsa dei 100 metri. “Non parti dallo stessa linea da cui partono gli altri. Magari arrivi lo stesso al traguardo, ma dopo”. E ancora: “La cosa più brutta, oltre al senso di estraneità al mondo e al sentirsi in ritardo con la vita, è stata l’umiliazione di sentirsi dire ‘Sei finito’”. Prima che la profezia nefasta finisse per avverarsi, però, il doc ha intrapreso la sua battaglia di rinascita e, anche se quei 12 anni di vita non sono più riaffiorati nella memoria, ce l’ha fatta. Non è più tornato a fare il primario a Lodi ma è stato ‘spedito’ a Codogno, “che è un po’ come il Molise, non esiste”.

Da allora, con un percorso non scevro da difficoltà e imbarazzi (come, per esempio, quando ha prescritto un farmaco ritirato dal commercio 6 anni prima, nel periodo del suo buco nero), il dottor Amnesia è finito sempre più per essere riconosciuto come il dottor Empatia. È questo uno degli aspetti più intriganti della sua seconda vita: “In realtà è una cosa che mi fa impazzire, pensare a come è cambiato il mio carattere”. Tanto per intenderci: “Prima dell’incidente ero un figlio di p… (e non Piccioni!), ora mi dicono che sono una spia dei pazienti nel mondo dei medici”. Già, perchè la lesione subìta ha avuto anche questo effetto collaterale, in realtà dirimente: una maggiore comprensione di chi sta dall’altra parte, un recupero del senso di umanità nella professione medica a partire dal riconoscimento del ruolo essenziale dell’ascolto del paziente. “Sapete quanto tempo in media si dedica all’anamnesi? 58 secondi”.

Pierdante Piccioni

 

Di grande interesse il dibattito, arricchito anche dalla testimonianza privilegiata della dottoressa Della Fazia – colonna portante della medicina territoriale a Termoli –, sull’etica della sanità, oggi sempre più improntata a dinamiche aziendalistiche e di profitto, che troppo spesso sembra aver smarrito il suo anelito originario. “Di fronte a un paziente ora penso sempre a cosa farei se fosse mia mamma o mia zia”.

Il nuovo dottor Piccioni, stimolato anche dalle riflessioni dei presenti, ha dissertato in maniera inedita sul concetto della memoria e sul ruolo dei ricordi nella costruzione della propria identità. “Ho fatto per tanti anni psicoterapia, non ho recuperato nulla nel mio ‘archivio’ di quei 12 anni, gli unici ricordi che ho di quel periodo sono acquisiti dagli altri, ma non sono i miei. Ho capito però che ci sono delle cose che aiutano a ricordare: le emozioni, la scrittura, la musica e in generale le arti”. Come una ruota che non smette mai di girare, l’esercizio della memoria del dottor Piccioni continua, senza sosta. Un punto fermo però il doc l’ha trovato: “Narrare, scrivere e raccontare questa mia storia è stato fondamentale per la mia ripresa. Anche voi che mi state ascoltando siete la mia terapia, quindi dico io a voi grazie”.

Si è chiuso con il tradizionale rito del firmacopie il primo, indimenticabile, appuntamento con Scrittori al Parco, rassegna nata la scorsa estate “come un’avventura”, come affermato dall’organizzatrice Daniela Battista. Un’avventura che si è rivelata fortunata e che vi dà appuntamento il 4 luglio (in via eccezionale al Macte) con Luca Trapanese che dialogherà con Tina De Michele de ‘Le nostre imperfezioni’.

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