Il report coldiretti

Un Paese alla sete, la mappa delle regioni alle prese con siccità. In Molise perdite tra 20-30% colture cerealicole

Non c'è solo il grano sebbene il calo nella resa di questo tipo di produzione agricola si inserisca in un contesto particolarmente delicato stante la situazione russo-ucraina. La mappa della sete, prima edizione, stilata da Coldiretti restituisce un quadro desolante e che attraversa tutto il Paese, dalla Lombardia alla Liguria passando per il Molise e la Sardegna (dove il caldo torrido scatena la furia di milioni di cavallette che stanno devastando 30mila ettari di coltivazioni). Unica consolazione: per il momento l'invaso del Liscione non è critica ma è chiaro che l'imperativo è evitare gli sprechi

Il problema sete sta già assediando città e campagne d’Italia. Proprio in questi giorni le immagini del Po in secca stanno (forse) rinnovando l’attenzione dell’opinione pubblica su un problema che sempre più ci riguarderà. E proprio ieri Coldiretti ha diramato la sua mappa della sete, regione per regione.

Da Nord a Sud, passando per le Isole, la situazione è altrettanto grave e a subirne i danni sono anche (ma non solo) le produzione cerealicole, e il problema è ancora più drammatico perchè avviene proprio in un momento in cui l’Italia – sottolinea la Coldiretti – ha bisogno di potenziare al massimo la propria capacità produttiva per fare fronte agli effetti della guerra in Ucraina. In Molise a soffrire per questo comparto è soprattutto la fascia adriatica dove le perdite a causa della siccità sono quantificabili dalla Coldiretti tra il 20 e il 30%. Invece in provincia di Isernia – sempre per Coldiretti – a pagare il prezzo più alto sono state le foraggere che hanno subito una perdita di oltre il 40%.

La situazione naturalmente si acuirà nei mesi estivi e con le prossime ondate di caldo rovente. La siccità stringe in una morsa insomma i campi e i raccolti del 2022 in Italia, questo il dato di fatto. “In questo scenario di profonda crisi idrica è necessario agire nel breve periodo per definire le priorità di uso delle risorse idriche ad oggi disponibili, dando precedenza al settore agricolo per garantire la disponibilità di cibo, prevedere uno stanziamento di risorse finanziarie adeguate per indennizzare le imprese agricole per i danni subiti a causa della siccità e favorire interventi infrastrutturali di medio-lungo periodo volti ad aumentare la capacità di accumulo dell’acqua e della successiva ottimizzazione nella gestione” così il presidente della Coldiretti Ettore Prandini che ha incontrato il Ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli e quello della Transizione Ecologica Roberto Cingolani.

La situazione è difficile lungo tutta la Penisola in un 2022 segnato fino ad ora da precipitazioni praticamente dimezzate che ha portato finanche a cambiare le scelte di coltivazione. Riso, grano, ortaggi, frutta ma anche foraggere, tra le coltivazioni più danneggiate. “A preoccupare – precisa la Coldiretti – è la riduzione delle rese di produzione delle coltivazioni in campo come il grano che fa segnare quest’anno un calo del 15% delle rese alla raccolta”.

Attraversando l’Italia intera attraverso la mappa stilata da quella che è la principale organizzazione degli imprenditori agricoli, la sensazione è che nessun territorio sia risparmiato da questa che è – davvero – un’emergenza. Il risultato, oltre ai cali nelle produzioni agricole, può significare – e in molti casi è già così – razionamento dell’uso dell’acqua in casa, orti e giardini. E non sono poche le ordinanze comunali (è successo già in diverse regioni) che invitano la popolazione a usare l’acqua solo per uso casalingo, senza innaffiare i giardini evitando tutti gli sprechi possibili, con la previsione di razionare l’acqua in determinati orari e riaprirla solo quando ce n’è bisogno. Campi arsi e laghi svuotati oltre ad autobotti nelle città rischiano di diventare sempre più la normalità dei nostri territori.

In questo quadro va detto che “al 15 giugno l’invaso di Ponte Liscione a Guardialfiera registrava un delta di un metro in più di acqua rispetto allo stesso periodo del 2021”. A dirlo è Giuseppe Santone, presidente di Molise Acque. Non si prospettano situazioni di criticità al momento ma – sottolinea Santone – “per quanto riguarda l’acqua potabile è necessario un approccio culturale diverso per la popolazione molisana, improntata a ridurre le perdite per quanto riguarda le Amministrazioni comunali e gli sprechi per quanto riguarda i cittadini, e questo per evitare crisi idriche in piena estate quando il problema siccità sarà ulteriormente aggravato”.

Dello stesso avviso il direttore dell’ente Molise Acque, Salvatore Lenza. “In questo momento la quantità di acqua che si trova nel Liscione per consumi umani ha un buon livello, malgrado la scarsità di precipitazioni, ma naturalmente è una situazione che può variare e non è possibile escludere crisi idriche soprattutto se i consumi saranno improntati a usi inappropriati”. In Molise nessuna Amministrazione comunale ha finora provveduto a ordinanze che limitano il consumo di acqua potabile. “Il problema – aggiunge Lenza – potrebbe porsi però nei mesi di luglio e agosto con i forti flussi turistici che triplicano la popolazione”.

Tornando alla mappa della sete, per Coldiretti in Puglia (nostra vicina di casa e interessata dal discusso progetto che prevede di dare acqua delle nostre dighe al territorio della Capitanata) il conto pagato dall’agricoltura per la siccità supera i 70 milioni di euro l’anno. Negli invasi artificiali mancano 80 milioni di metri cubi d’acqua rispetto alla capacità.

Il cambiamento climatico che stiamo vivendo è ormai inesorabile e nelle stagioni più calde, che seguono a inverni dove le grandi nevicate sono ormai un lontano ricordo, saranno sempre più difficili dal punto di vista idrico. Anche per le nostre tasche.
“Con il picco del caldo da bollino arancione in molte città e la carenza idrica – scrive ancora Coldiretti -, rischia di aumentare la dipendenza dall’estero da dove arriva il 64% del grano tenero che serve per pane, biscotti, dolci, il 47% del mais per l’alimentazione delle stalle, il 44% del grano duro per la pasta e il 27% dell’orzo”.

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