Cronache

Sette anni di ingiustizia e dolore, ma ora la famiglia è di nuovo insieme. I figli “strappati” a Pasqualino e Maria Pia tornano a casa

Pasqualino e Maria Pia vincono la loro difficile battaglia contro la privazione delle figlie minori, allontanate sette anni fa in seguito all'arresto del padre, poi rivelatosi un clamoroso errore giudiziario. "Sono felice, abbiamo avuto la cosa più importante del mondo" commenta lui, con gli occhi lucidi, l'emozione nella voce. Al termine di un lungo lockdown che ha ritardato ulteriormente i tempi del ricongiungimento, il giudice del Tribunale dei Minorenni ha firmato. Si chiude con un sofferto lieto fine una vicenda drammatica, che ha presentato analogie inquietanti con i fatti di Bibbiano.

La famiglia è di nuovo insieme. Sono trascorsi sette anni dall’ultima volta che Pasqualino e Maria Pia hanno dormito sotto lo stesso tetto con tutti e tre i loro figli. Ora è di nuovo possibile: lunedì sono andati in Campania, dalla famiglia affidataria, e col permesso del giudice del Tribunale dei Minorenni in mano hanno ripreso le figlie, che devono compiere rispettivamente 18 e 10 anni. Il figlio maggiore, Ciro, era tornato a Termoli qualche mese fa, al compimento del ventunesimo anno. Anche lui strappato al padre e alla madre, chiuso in una struttura dove è stato imbottito di farmaci e annientato nella sua vivacità, nell’allegria dell’adolescenza. Si sta riprendendo, un pezzetto alla volta. Sorride, canta, è perfino protettivo con le sorelle che non vedeva dall’età di 14 anni.

 

Era il mese di aprile 2013. In casa, nel quartiere Porticone, era arrivata la polizia. Attorno ai polsi di Pasqualino, incredulo, erano scattate le manette. Sbattuto in carcere per violenza sessuale sui figli che all’epoca avevano 14, 11 e 2 anni. Qualche settimana prima la piccolina era stata prelevata a scuola su delega del Tribunale dei Minorenni e portata in una struttura protetta, dove l’aveva raggiunta in breve la sorella. Il maschio aveva invece cominciato una tragica odissea in clinica.

Poi, per lunghi anni segnati irrimediabilmente dallo strazio della perdita, più nulla per i genitori. Rimasti soli a combattere contro il “mostro” della giustizia. Fino a oggi, quando sono tornati insieme.

“Quasi non ci credo, è la cosa che ho disperatamente voluto e ora si è avverata”. Pasqualino è un uomo forte, non si è lasciato piegare. Ma racconta il ricongiungimento con l’emozione che incrina la voce. “Venerdì scorso ho ricevuto la telefonata che sbloccava tutto. Mi hanno detto: la vicenda è chiusa, hai riavuto le bambine, il giudice ha firmato. Potete venire lunedì a prenderle”.

 E lunedì lui e Maria Pia sono saliti in auto per l’ultimo viaggio a San Bartolomeo in Galdo, il paese campano della famiglia affidataria. Al ritorno erano quattro: sul sedile posteriore sedevano le due figlie.

“Non so come definire l’emozione – continua lui, un velo bagnato negli occhi al di sopra della mascherina – La notte precedente non ho chiuso occhio per la felicità. Guardavo l’orologio ogni mezz’ora sperando che arrivasse presto mattina per poter partire”.

 Il racconto risale la china, torna indietro. In mezzo c’è una vita intera, un arresto che poi si è rivelato un clamoroso errore sul piano giudiziario, una sofferenza indicibile fatta di istanze a colpi di carte bollate, di strazio dell’attesa, di incertezza, di rabbia e frustrazione. E di dolore, soprattutto. Quel dolore che deriva dall’essere separati dal bene più caro che è la vita messa al mondo, i figli.

Quei tre figli che sono stati portati via a madre e padre, accusato di essere un orco e finito nel tritacarne della pubblica opinione, ma assolto con formula piena. Nessuna violenza, tantomeno di natura sessuale. Nessun abuso, solo una crudele denuncia anonima al telefono azzurro che, è stato scoperto, era il frutto di un piano diabolico di un vicino di casa tuttora impunito.

Ingiusta detenzione, in carcere e ai domiciliari, per la quale non ha avuto nemmeno un risarcimento. Di colpo disoccupato, costretto a cambiare abitazione e quartiere, con una sentenza di assoluzione che non ha cambiato le cose. Una battaglia sfiancante tra i banchi di Tribunale, le peripezie fuori dal Molise per vedere occasionalmente il figlio maggiore, l’unico col quale ha potuto interagire in qualche modo, che a 21 anni – nello scorso gennaio – ha fatto ritorno finalmente a casa.

Le due figlie invece hanno vissuto prima in una casa protetta, senza che Pasqualino potesse vederle nemmeno da lontano, figurarsi scambiarci due parole. Dopo la riabilitazione giudiziaria del papà, invece di tornare a casa, sono finite in affidamento da una famiglia campana. Qualcosa ha cominciato a muoversi dopo l’interessamento di Primonumero.it (qui il nostro articolo) e l’intervento del garante per i diritti dei minori. Il Tribunale per i Minorenni ha concesso a padre e madre visite periodiche dalle figlie, incontri quindicinali alla presenza dell’assistente sociale.

“Un’ora di tempo con loro, che non mi vedevano da anni, che nel frattempo sono cresciute con altre figure accanto” mormora Pasqualino, che però ha tenuto botta e ce l’ha messa tutta per recuperare il suo ruolo di padre. Non ha mai smesso di lottare per riaverle. E venerdì scorso, al termine di un lunghissimo lockdown che ha significato allargare la distanza tra genitori e figlie per impossibilità di visita, convertita in videochiamate settimanali, e ulteriori ritardi nella gestione del ricongiungimento, finalmente è arrivata la telefonata a sbloccare una vicenda paradossale.

Ora la famiglia è tornata insieme. La più grande deve compiere 18 anni, “speriamo che per quel momento si possa fare una festa, per ora viste le misure anti-assembramento dobbiamo rinviare”. La più piccola, che aveva quasi 3 anni quando è stata portata via, gli si stringe addosso, gli si aggrappa al collo, nasconde il faccino nell’incavo della spalla. “Ho dovuto ricostruire tutto dall’inizio, ma sono felice”.

Lunedì sera, quando hanno messo piede nella casa di Termoli, la città dove ora vivranno e studieranno, la piccolina di casa ha trovato la Casa di Barbie ad attenderla in cameretta. “Ne parlava sempre, ho capito che era un suo grande desiderio” spiega Pasqalino, che ha lavorato anche di domenica per riuscire a permetterselo.

Il regalo più grande però lo hanno fatto loro ai genitori: è il sorriso sul volto, l’abbraccio di tutti e 5.

“Non vogliamo altro, non ci serve altro”. Le parole di una coppia che merita, come minimo, le scuse della società e un risarcimento per quello che ha passato.

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