Emergenza covid

La beffa del bonus di 100 euro: per alcuni sanitari si assottiglia a 30. “Un pugno nello stomaco”

Il bonus Covid per il mese di marzo, previsto dal Dpcm Cura Italia e stimato in 100 euro, nella realtà si è tradotto in una cifra di gran lunga inferiore. Nel caso dei sanitari del San Timoteo, in particolare.

I 100 euro beffa non sono andati giù ad alcuni sanitari, specie a quelli dell’ospedale di Termoli dove la cifra annunciata si è tradotta in 30 euro e in alcuni casi anche in meno.

Perché? Va detto che i famigerati 100 euro – un piccolo ristoro per chi non ha potuto usufruire del lavoro agile o da remoto, previsti per il mese di marzo – sono stati previsti dal Decreto governativo noto come Cura Italia e non è una disposizione della nostra Regione tantomeno della nostra Azienda sanitaria. Come spesso accade, però, le cifre ‘annunciate’ nella realtà si traducono in ben altre. È il caso in particolare degli operatori sanitari dell’ospedale San Timoteo di Termoli, rispetto ai quali si può parlare di vera e propria beffa del destino.

La somma di 100 euro, infatti, è la cifra massima che i lavoratori – di vari settori e con un reddito che non superi (nell’anno precedente) i 40mila euro annui – avrebbero potuto percepire per il mese di marzo 2020. Un bonus, appunto, per il lavoro svolto in uno dei mesi più difficili dell’epidemia Sars-CoV-2. Ma si tratta di un tetto massimo e il reale importo è parametrato sui giorni di lavoro prestati in quella mensilità.

Ed ecco perché infermieri & co. del San Timoteo si sono ritrovati in busta paga un cedolino aggiuntivo con una cifra così esigua (anche inferiore ai 30 euro in certi casi). L’ospedale, ricorderete, è stato chiuso per ben 13 giorni, dal 5 al 18 marzo, per essere sanificato, dopo che si era appurata la positività al virus di alcuni sanitari. Una situazione che ha destato preoccupazione e clamore.

Ma c’è dell’altro, perché i sanitari assenti dal servizio perché in quarantena (perché contagiati o perché casi sospetti, e dunque posti in quarantena volontaria) sono stati conteggiati come giorni di infortunio, che poi nel calcolo dei 100 euro non sono stati presi in considerazione.

Duro il giudizio di Gianluigi Angelucci, infermiere rappresentante della  Rappresentanza Sindacale Unitaria ASReM: “Sono trascorsi tre mesi dall’inizio dell’emergenza Covid-19 nel Molise e se il nostro Servizio sanitario regionale non è collassato è anche grazie al lavoro di tutto il personale dell’Asrem che in questi mesi, non senza difficoltà, ha sacrificato la propria salute ed i propri affetti per il bene di tutta la collettività molisana.

Tutti i professionisti della sanità si  aspettavano un segno di riconoscimento, mandati come sono stati in prima linea con scarse dotazioni indispensabili, rischiando quotidianamente  e mettendosi al servizio di tutta la popolazione senza risparmiarsi per arginare la pandemia e salvare la vita di tutti i cittadini affetti dal virus, invece con il decreto “Cura Italia” ricevono solamente un “pugno allo stomaco.

Il valore di un professionista mandato in prima linea e chiamato eroe, in molti casi, vale circa 30 euro. Una vergogna, un’offesa all’intelligenza dei professionisti della salute, alla loro dignità professionale, che all’interno del DPCM Cura Italia sono stati ignorati totalmente.

Ma per Angelucci qualche colpa ce l’hanno anche l’ASReM e, soprattutto, la Regione Molise. “La prima per aver interpretato in modo restrittivo l’applicazione del DPCM che prevedeva il bonus Covid (sono stati considerati assenti dal servizio chi in infortunio perché contagiato dal virus e chi in quarantena perché esposto in servizio). La seconda per aver disatteso ad oggi quanto votato a maggioranza nella seduta del Consiglio Regionale sull’approvazione di bilancio che stanziava delle risorse per la premialità aggiuntiva Covid”. Premialità che finora non si sono viste.

In verità viene riconosciuto quanto fatto dal Direttore Generale Asrem: “Gliene va dato atto, nessuno prima di lui ha fatto una cosa simile”. Allo stesso tempo ci si chiede che fine abbiamo fatto le richieste della Rsu circa una indennità proporzionale al rischio.

Angelucci non ne fa una questione di soldi, anche perché in ogni caso si tratta di cifre esigue. “Il personale sanitario va soprattutto difeso perché non si infetti e non contagi a sua volta, ma va anche premiato e tenuto in considerazione per gli sforzi immani ed il rischio continuo”.

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