Una donna, due figli e un compagno violento. Condotte che l’uomo ha adottato con il tempo, nonostante i bambini e trasformandole giorno dopo giorno in angherie insopportabili e pericolose.
Tanto da costringere la moglie a denunciare quegli anni di soprusi e abusi alle forze dell’ordine. E quindi la scelta di allontanarla dalla casa familiare per trovare un rifugio momentaneo ma sicuro in una “casa protetta”, una delle strutture a disposizione sul territorio regionale per donne vittime di violenza.
Non è bastato. Perché – e qui forse emerge un’anomalia del sistema – i due bambini, figli di quel marito violento, dovevano continuare a vedere il genitore una volta a settimana e alla presenza degli assistenti sociali. Elementi che sono stati sufficienti per portare l’uomo proprio nell’ambiente dove la sua ex moglie invece doveva essere al sicuro.
Quindi, individuata la struttura e affatto stanco del male che aveva già compiuto in passato ai danni della mamma dei suoi bambini, ha iniziato a perseguitarla di nuovo.
Minacce, insulti, offese, in ogni occasione. Fino a trasformare la violenza inizialmente solo verbale e psicologica, in nuove aggressioni: in un’occasione le ha lanciato un sasso, in un’altra l’ha presa a schiaffi.
Attimi di terrore e paura che sono confluiti in una nuova denuncia presso gli uffici di polizia. E quindi l’ammonimento del questore indirizzato all’uomo che adesso ha il divieto assoluto di avvinarsi alla donna e ai suoi familiari. Pena, l’arresto.
Perdura, nonostante le numerose campagne di sensibilizzazione, l’abitudine alla violenza. Che sia sulla donna o su soggetti più fragili. Una condotta che poco centra con l’evoluzione dei tempi in cui continuamente si è bersagliati da slogan che gridano “rispetto”, “attenzione”, “coraggio”, “uguaglianza”.
Non servono, se ancora e finanche in modo assai più frequenti si è costretti a raccontare storie simili che oltre alla donna vedono prima di tutto vittime i bambini.
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