Montecilfone

Don Camillo e Peppone a Montecilfone: diatriba in salsa molisana per i danni del terremoto

Sotto accusa il crollo di una porzione del muro dello stabile adibito a centro sociale parrocchiale che ha tranciato, di netto, il tetto dell’immobile accanto.

Cosa accomuna Don Camillo e l’onorevole Peppone al comune di Montecilfone? L’eterna diatriba tra i due protagonisti della vicenda. Entrambe le storie vedono al centro della sventura un piccolo territorio, Brescello nel primo caso e il paese arbëreshë nel secondo, un prete e, al posto del famoso sindaco interpretato da Gino Cervi, un comune cittadino.

Certo non ci troviamo nel bel mezzo di una propaganda elettorale o delle discussioni del piano Marshall, men che meno nel lontano 1948, ma settant’anni più tardi, nel 2018, esattamente il 16 agosto. Data in cui il terremoto di magnitudo 5.1 ha colpito il Basso Molise ed il suo epicentro, Montecilfone per l’appunto, creando numerosi danni ad edifici pubblici e privati: il negozio di alimentari, la sede del comune, gli uffici postali, il serbatoio, lo studio del medico ed i 170 sfollati, attualmente ancora fuori casa, rappresentano la ferita, tutt’oggi ancora aperta, inferta dallo sciame sismico ad un Molise già devastato da anni di crisi economica e di inerzia politica.

La scossa non ha tralasciato nulla, ferendo anche il cuore del paese, quello religioso: ad essere interessato dai danni, oltre alla parrocchia di San Giorgio Martire, luogo principale di culto dei mille trecento residenti e giudicata inagibile nelle ore successive al terremoto, è stato il centro sociale parrocchiale. Una porzione di uno dei muri di questa struttura è rovinosamente crollata, trascinando giù anche la canna fumaria, e tranciando di netto il tetto di un immobile confinante di tre piani, creando uno squarcio nel tetto accanto non indifferente.

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Con un diametro di una trentina di metri quadri, la copertura dello stabile di proprietà di un privato è completamente sparita: pezzi di pietre, cemento armato e polvere hanno invaso la struttura creando un danno non indifferente. A peggiorare la situazione si è aggiunto il maltempo che ha interessato la zona con le intemperie ed i suoi continui rovesci piovosi che hanno rischiato di compromettere l’intera struttura, colpita dall’ordinanza di inagibilità firmata dal primo cittadino.

Fin qui nessun colpevole, se non la calamità naturale: i problemi sono sorti nei giorni successivi all’evento, quando è iniziata la conta dei danni e la stima delle riparazioni. Il parroco, infatti, ha risposto ai proprietari dello stabile di non avere la copertura economica per la ricostruzione. Conferma fornita dallo stesso Don Franco al telefono con Primonumero.it: “Lo stabile non appartiene alla chiesa ma ad una famiglia che, negli anni 40, lo donò alle suore senza fare però il rogito notarile. Lo usiamo come centro per i ragazzi, ma ora è inagibile, come da dichiarazione del primo cittadino, e non solo a causa della parete lesionata. Ad ogni modo le spese da sostenere non possono essere coperte dalla diocesi, che non ne ha la proprietà, ma, come per le case private, è materia regionale”.

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Di qui la decisione del cittadino di scrivere alla curia vescovile che, carte e foto alla mano, emette il verdetto seguendo la linea già espressa dal parroco locale. E la delusione del figlio dei proprietari è cocente: “Non intendono fare nulla, non è previsto alcun rimborso spese”, dichiara il professionista di Montecilfone, che aggiunge la presenza di un mancato introito economico dovuto al fatto che il primo piano, di circa 80 metri, è adibito a locale commerciale e, fino a prima del terremoto, era locato con regolare contratto. Situazione che è venuta meno a causa dell’inagibilità.

Nel frattempo i giorni passano ed il clima si avvia a diventare sempre più freddo. A novembre le piogge iniziano a divenire sempre più abbondanti e frequenti ed il tetto dello stabile va riparato. Costi quel che costi, prima che il danno peggiori e le spese per le riparazioni lievitino ulteriormente, anche perché la pioggia si è insinuata all’interno dei muri, rischiando di far crollare anche il secondo solaio.

Così il figlio dei proprietari della casa lesionata decide di contattare una ditta edile per effettuare i lavori di messa in sicurezza: una spesa che si aggira su poche migliaia di euro. I muratori lavorano a ritmo serrato e, oltre a ripristinare il tetto della casa, procedono alla risistemazione del muro del centro sociale parrocchiale. Mattone dopo mattone, arrampicandosi sulla scala, gli operai riparano i due squarci dando nuovo lustro a quegli edifici, ricevendo anche la visita del parroco, curioso di conoscere chi avrebbe pagato la parcella.

La ditta è stata liquidata il 24 novembre scorso, a mie spese. Il prete non ha risarcito nulla ed ha il muro nuovo a spese non sue – afferma  – Mi ha detto che, quando saranno liquidati i soldi stanziati dalla Regione per i danni, potrò usufruirne in toto. Ma cosa accadrà se questi immobili non rientreranno nel piano della ricostruzione o se i soldi non arriveranno?”. Una bella ‘gatta da pelare’ che presto finirà in mano agli avvocati ed al giudice che dovrà stabilire eventuali rimborsi ed in che quota.

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