L'attore per metà molisano spiazza tutti

Il ‘ribelle’ Flavio Bucci si confessa al Corriere: vita di eccessi tra alcool e droga. A 71 anni vive in casa famiglia

Ha portato sul grande schermo la vita del grande pittore italiano Antonio Ligabue. Ora vive in una casa famiglia e presto la sua vita diventerà un documentario.

La trinità dell’edonismo che inneggia ‘Sesso, droga e rock and roll’ è stata alla base della vita ‘spericolata’ di Flavio Bucci. Attore, doppiatore e produttore cinematografico per metà molisano – la sua famiglia infatti è originaria di Casacalenda – Bucci non ha mai nascosto le sue passioni, anzi le ha raccontate in una recente intervista al Corriere della Sera: “Ho speso tutto in donne, manco tanto che me la davano gratis, vodka e cocaina”, ammette a Giovanna Cavalli, giornalista del quotidiano nazionale che lo ha incontrato nella casa famiglia di Fiumicino dove vive ormai da diversi anni.

La sua non è stata di certo una vita noiosa, sempre in giro per girare film o per partecipare a vari festini, senza mai pentirsi delle sue scelte, anzi quasi elogiandole e senza rammaricarsi di quello che ha fatto, anche perché non sarebbe mai stato Flavio Bucci senza questo percorso. Proprio la droga ha rappresentato gran parte della sua esistenza: è lui stesso ad ammettere di aver fatto uso, o forse abuso, di cocaina, arrivando a consumarne diversi grammi al giorno. Un ‘vizio’ che gli è costato caro e nel quale ha investito miliardi.

Deve il suo successo al regista Salvatore Nocita che nel 1977, lo scelse per interpretare il pittore italiano Antonio Ligabue nella serie targata Rai, di cui Bucci ricorda bene le fatiche e le ore di trucco a cui si è dovuto sottoporre. E poi ancora sul set della ‘Piovra’ dove interpreta don Manfredi Santamaria, al fianco di Barbara De Rossi e Michele Placido. Con quest’ultimo ha prodotto anche ‘Ecce Bombo’ di Nanni Moretti, che descrive al Corriere della Sera come “un tipo noiosissimo”.

Bucci ha sempre vissuto al massimo, sfidando la sorte a suon di eccessi e sostanze alcoliche e stupefacenti e creandosi più di qualche ‘nemico’ sui set cinematografici e televisivi. Carattere duro, inflessibile, schietto, non ha mai risparmiato le sue battute pungenti e di certo, per usare una locuzione, ‘non te le manda a dire’. Esattamente come ha fatto con Alberto Sordi con cui ha recitato ne ‘Il Marchese del Grillo’ del 1981 e per il quale non ha mai provato simpatia: “Mi stava proprio sui co….ni”, ha ammesso al Corriere.

La sua verve non ha risparmiato nemmeno gli attori stranieri: nel 1977 ha prestato la voce a Tony Manero, personaggio de ‘La febbre del sabato sera’ interpretato da un travolgente John Travolta che Bucci ha conosciuto personalmente durante il doppiaggio: “Mi presentano a Travolta: Vedi John, lui è la tua voce italiana – racconta ancora a Cavalli – Ed io: ma sarà lui che è la mia faccia americana”.

Nel panorama italiano, però, c’è qualcuno che ha catturato l’interesse e l’ammirazione di Bucci. Si tratta del compianto Ugo Tognazzi con il quale condivide le scene di ‘La proprietà non è più un furto’ nel 1973, ultimo capitolo della trilogia dedicata al potere, in cui la nevrosi del denaro rappresenta il filo conduttore della vita del ragioniere, ladro ed allergico al denaro Total (Bucci) e del ricco Macellaio (Tognazzi). Il film, volutamente volgare, ha attirato diverse critiche soprattutto dalla sinistra degli anni ’80 che non ne condivideva la visione della società in via di recessione descritta in quelle pagine. Bucci, ai microfoni del quotidiano nazionale, definisce Tognazzi come “L’unico che sapeva vivere davvero”.

Oggi, a 71 anni, i tempi sul set sono lontani, ma il loro ricordo lo accompagnerà sempre. Dopo una vita di successi e di eccessi, con due ex mogli e tre figli, lo storico prestavolto di Ligabue vive solo – e senza soldi – in una casa famiglia sul litorale di Fiumicino. Qui sopravvive, passando il tempo sul terrazzino della periferia di Passoscuro e, tra una sigaretta e l’altra, ripensa alla sua vita e, al Corriere della Sera, parla della morte: “Non mi voglio assolvere da solo e non voglio nemmeno andare in Paradiso, che poi sai che noia lassù”.

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