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Ricostruzione: “Milioni di euro a pioggia e senza trasparenza”. Anche il Consiglio di Stato condanna la Regione

Dopo il Tar anche il Consiglio di Stato dà torto alla Regione Molise sull'assegnazione senza criteri predeterminati dei fondi per la ricostruzione post terremoto. Gli esclusi dai finanziamenti hanno avuto ragione e ora si aspettano una risoluzione positiva dall'attuale governo di centrodestra.

Che la ricostruzione post terremoto in Molise sia stato un grosso affare per qualcuno e una gigantesca fregatura per altri lo certifica anche una recentissima sentenza del Consiglio di Stato.

I giudici della quarta sezione giurisdizionale, con un provvedimento del 12 luglio scorso, hanno detto che i fondi pubblici assegnati a chi aveva avuto immobili danneggiati dal sisma del 31 ottobre 2002 sono stati dati senza criteri predeterminati e in modo poco trasparente.

Non solo. Lo stesso Consiglio di Stato, in alcuni passaggi della sentenza, rende palese il peccato originale dell’ex governatore del centrodestra Michele Iorio (suo il metodo di assegnazione ‘a pioggia’ nel cratere sismico allargato) ma boccia anche l’operato del suo successore, Paolo di Laura Frattura, reo di aver riprogrammato – solo a chiacchiere – il sistema di elargizione dei 346 milioni di euro della delibera Cipe del 2011 che ha assegnato svariati soldi ai terremotati senza specificare per quale ragione alcuni progetti erano meritevoli di un finanziamento pubblico e altri no.

Non è un caso che quando nell’ottobre del 2014 è uscita la graduatoria con ammessi ed esclusi è scoppiato il finimondo.

Di tutto questo si è parlato stamattina, 26 luglio, nello studio legale di Pino Ruta che, con gli avvocati Massimo Romano e Margherita Zezza, ha seguito i ricorsi di una quarantina di persone che avevano presentato i progetti per gli interventi relativi agli immobili di classe A. Classe di merito in cui rientra anche l’immobile di San Martino in Pensilis dell’ex assessore regionale Vittorino Facciolla, come è stato ricordato durante l’incontro dagli avvocati. Ma questa è una vicenda oggetto di una indagine giudiziaria che si muove su un binario radicalmente diverso, inoltre ferma da oltre un anno e mezzo.

Tornando ai finanziamenti per il Molise, già il 12 agosto del 2016 il Tar, a cui questi esclusi dai finanziamenti si erano rivolti, aveva dato ragione a loro e torto alla Regione annullando la graduatoria degli interventi cantierabili. La Regione Molise, non convinta, è andata al Consiglio di Stato che, come detto, ha confermato l’impianto dei giudici amministrativi i quali, già due anni fa, chiedevano all’ex governo di centrosinistra in base a quali criteri avesse assegnato i fondi per la ricostruzione.

“Fu uno dei cavalli di battaglia di Frattura – come ha ricordato l’avvocato Pino Ruta – riorganizzare le risorse assegnate al Molise per il post sisma. In realtà, a parte qualche piccolo aggiustamento, nulla è stato fatto”.

Tanto che persino il Consiglio di Stato nella sentenza scrive che le deliberazioni del 2014 (quelle di Frattura per intendersi) non hanno operato “alcuna riprogrammazione degli interventi sulla base di una nuova istruttoria”. Si sono limitate a evidenziare qualche piccolo errore formale e a rimodulare gli importi dei singoli progetti divenuti cantierabili presenti nell’elenco allegato alla delibera che è rimasto tale e quale al precedente.

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“E c’è dell’altro: quando il Tar gli ha chiesto lumi, la Regione, anche un po’ ingenuamente, non ha spiegato sull’assenza di criteri predeterminata ma ha detto di aver finito i soldi e di poter finanziare altri interventi quando ne sarebbero arrivati altri. I progetti, insomma, erano ammissibili, ma non avendo capito ancora in che modo alcuni sono passati e altri respinti – almeno quelli dei nostri ricorrenti quasi tutti di Larino – si apre ora una ipotesi risarcitoria”.

La palla pertanto passa all’attuale governo di Donato Toma che dovrà dare spiegazioni soprattutto a chi, sedici anni dopo il sisma, ancora vive in case danneggiate dal terremoto. E siccome Regione e Protezione civile li hanno esclusi dal programma degli interventi “in assenza di una plausibile motivazione” – come dice ancora il Consiglio di Stato – queste persone hanno diritto oppure no ai soldi pubblici per rimetterle in sesto? 

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