La concorrenza

Anche la Cina ora minaccia il futuro della Gigafactory di Termoli, e non solo

La rapida ascesa della Cina nel settore dei veicoli elettrici mette a rischio il mercato europeo, di cui il progetto di Gigafactory di Termoli, mentre l'Europa stenta a mantenere la propria competitività industriale.

L’industria automobilistica europea si trova di fronte a una sfida epocale nel contesto della transizione ai veicoli elettrici (EV). Come sottolineato da vari esperti, il problema non è tanto la transizione stessa, ma la gestione di questo cambiamento, con l’Europa che si trova mal preparata a competere contro giganti globali, in particolare la Cina. Questo scenario rischia di avere conseguenze dirette su progetti strategici come la Gigafactory del consorzio Stellantis a Termoli.

 

La concorrenza cinese nel settore EV

La Cina ha consolidato una posizione di dominio insolente nel mercato globale EV grazie a una combinazione di fattori: accesso preferenziale e controllo pressoché monopolistico delle materie prime, efficienza della catena di approvvigionamento, supporto governativo massiccio e un immenso vantaggio di scala produttiva. Nel 2023, la Cina ha esportato oltre 3 milioni di veicoli elettrici, con una crescita del 54% rispetto all’anno precedente, e si prevede che entro il 2025 possa raggiungere il 35% del mercato EV globale.

Uno dei principali attori di questa crescita è l’azienda CATL, poco conosciuta in Occidente ma un vero e proprio colosso industriale, che attualmente produce tra il 40% e il 45% delle batterie per veicoli elettrici a livello mondiale. CATL non si limita a rifornire i produttori cinesi, ma è un fornitore strategico anche per marchi globali come Tesla, BMW e Volkswagen sui quali, pertanto, fa pesare una pressione non indifferente essendo capace di decidere prezzi e quantità fornite. Il successo dell’azienda è in gran parte dovuto al suo accesso facilitato alle riserve di litio e cobalto e alla sua capacità di innovare rapidamente. Con un centro di ricerca e sviluppo che conta oltre 10.000 (diecimila!) ingegneri, CATL sta investendo ingenti risorse nell’innovazione tecnologica delle batterie allo stato solido, una tecnologia destinata a migliorare le prestazioni e la sicurezza delle batterie. Accanto a CATL, BYD, uno dei maggiori produttori di veicoli elettrici al mondo, gioca un ruolo fondamentale. Con una quota di mercato globale del 16%, BYD non solo produce veicoli elettrici ma è anche un attore rilevante nella produzione di batterie. La sua batteria Blade è particolarmente apprezzata per la sua resistenza e sicurezza. Questo mix di innovazione e strategia di costo aggressiva ha permesso a BYD di superare Tesla nelle vendite in Cina. Insieme, CATL e BYD controllano oltre il 55% del mercato mondiale delle batterie, mettendo in difficoltà i concorrenti europei che, a causa dei costi più elevati e un accesso più limitato alle batterie, faticano a competere.

La forte integrazione verticale delle aziende cinesi, sostenuta da massicci investimenti governativi, ha consentito a CATL e BYD di ridurre i costi di produzione e mantenere un vantaggio significativo in termini di prezzo rispetto ai produttori occidentali.

Di fronte a questa concorrenza, le case automobilistiche europee, tra cui Volkswagen, si trovano in una posizione vulnerabile, soprattutto a causa dei costi più elevati delle materie prime e della maggiore dipendenza da fornitori esterni per le batterie​.

 

Le difficoltà del gruppo Volkswagen e il calo della domanda in Europa

Il gruppo Volkswagen, uno dei giganti automobilistici europei, rappresenta un esempio emblematico delle difficoltà che l’industria europea sta affrontando. Il gruppo tedesco, una volta sinonimo di eccellenza ingegneristica, è ora costretto a ristrutturare. Pochi giorni fa, il 2 settembre, Oliver Blume, patron del gruppo, ha informato i suoi dirigenti senza mezzi termini: viste la situazione globale del mercato EV e l’aspra concorrenza asiatica che hanno, insieme, portato ad un notevole degrado delle finanze aziendali, il gruppo potrebbe, per la prima volta nella sua storia, chiudere unità produttive in Germania stessa. L’azienda ha menzionato la possibile chiusura di fabbriche a Zwickau e Emden, siti cruciali per la produzione di veicoli elettrici del gruppo, responsabili di modelli di punta come l’ID.3 e l’ID.4​.

Un altro sito a rischio di chiusura è l’impianto Audi di Bruxelles, dove vengono prodotti i modelli Q8 e-tron, tra i più prestigiosi veicoli elettrici del marchio. Il calo delle vendite di questi modelli, con una diminuzione dell’11% solo nella prima metà del 2024, ha messo a dura prova la sostenibilità dello stabilimento. La chiusura di questo impianto, o forse la sua messa in ibernazione, segnerebbe un duro colpo per l’industria automobilistica belga, oltre a rappresentare una perdita significativa per il gruppo Volkswagen in termini di capacità produttiva europea​.

Questa dichiarazione ha rotto un tabù storico per Volkswagen, che in passato aveva sempre evitato la chiusura di impianti in Germania e in altre parti d’Europa. Il calo della domanda di veicoli elettrici in Europa e la forte concorrenza cinese hanno costretto l’azienda a rivedere le sue operazioni, causando anche una perdita finanziaria significativa. Solo nel primo semestre del 2024, Volkswagen ha registrato una riduzione dell’8% nelle vendite globali di veicoli elettrici​.

Volkswagen è stata particolarmente colpita dalla concorrenza cinese, con produttori come BYD che offrono veicoli a lungo raggio e a basso costo, mettendo sotto pressione i margini di profitto delle case europee. Il gruppo automobilistico tedesco, una volta conosciuto per la sua solidità finanziaria, ha anche registrato un calo significativo nelle vendite di veicoli elettrici di lusso, come la Porsche Taycan, che ha visto una riduzione delle consegne del 51% nel secondo trimestre del 2024​.

Volkswagen si trova ora di fronte a scelte difficili, dovendo bilanciare la necessità di tagliare i costi senza compromettere la sua posizione di leader nel mercato dei veicoli elettrici, mentre la Cina continua a crescere rapidamente (e farsi spazio in Europa) grazie a prezzi più competitivi e a una migliore disponibilità e gestione delle risorse primarie.

 

Le sfide della Gigafactory di Termoli

Il progetto della Gigafactory di Termoli, pensato per diventare un pilastro dell’elettrificazione in Italia, si inserisce pertanto in un contesto sempre più complesso. A luglio 2024, i risultati deludenti di Stellantis hanno sollevato dubbi sull’espansione della fabbrica. Questi segnali sono aggravati dal progressivo consolidamento della “valle delle batterie” di Dunkerque, in Francia, come principale polo di produzione di batterie in Europa. Dunkerque sta attirando maggiori investimenti internazionali grazie a infrastrutture più avanzate, a una forza lavoro formata meglio e a condizioni economiche più favorevoli, minacciando direttamente il progetto di Termoli​.

L’insediamento della Gigafactory a Termoli è ulteriormente complicato dalla concorrenza interna in Europa e dalle pressioni globali di mercato. I piani per rendere Termoli un centro strategico per la produzione di batterie per veicoli elettrici potrebbero essere ridimensionati, o addirittura cancellati, mentre la Francia sembra sempre più destinata a dominare la produzione europea​.

Il futuro della Gigafactory a Termoli appare incerto, intrappolato tra la concorrenza cinese e le burrascose dinamiche interne al mercato europeo. Per competere efficacemente, l’industria automobilistica europea dovrà ripensare la propria strategia, investendo maggiormente in innovazione, riducendo la dipendenza dalle importazioni di batterie e cercando di competere con la rapidità e i costi della produzione cinese. Solo attraverso una strategia coordinata e ambiziosa sarà possibile garantire un futuro stabile per progetti cruciali come quello di Termoli e per l’intera industria automobilistica europea.

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