Il racconto

Dalla Laguna del Re a Siponto, ai piedi del Gargano: viaggio entusiasmante per i soci Archeoclub

Dalla Laguna del Re a Siponto, ai piedi del Gargano, per seguire, sulla via di trasparenze inattese, le tracce di Re Manfredi, fondatore della città di Manfredonia.

Sotto un cielo estivo, punteggiato qua e là da nuvole bianche come soffice bambagia, la voglia di sapere è tanta. E la magia non manca. Nonostante l’afa mattutina, in questo paesaggio di trasparenze morbidissime, il sole tocca il cuore di tutti noi. Grazie ad un contesto inatteso, che regala un’immagine davvero felicissima, viaggiano cosi i soci dell’Archeoclub termolese. Nello spirito di sapere di più sulla storia di un luogo pieno di luce. Radicato nella storia delle pietre della civiltà dauna. Un intreccio di saperi. Un viavai di reperti stratificati segnati da geometrie antiche senza tempo. In questo interessante itinerario di arte, natura ed archeologia, che abbraccia la gobba del Gargano, la Capitanata e i Monti della Daunia, si parte dalla Laguna del Re per apprezzare una risorsa d’ambiente acquatico a pochi passi dalla città. Si tratta di una zona umida sipontina strappata al degrado. Quest’oasi naturale è posta tra la strada provinciale delle saline e la foce del Candelaro. Recuperata grazie al Progetto Life Zone Umide della Capitanata – ci spiega la guida Raffaele Frattarolo con un tono appassionato – che, con un’azione attenta ad un recupero certamente complesso e non facile, ha portato alla demolizione di tredici fabbricati e alla eliminazione di tanti muri, rifiuti e opere di cemento per ripristinare l’habitat originario”.

Un lavoro enorme. Complesso. Pieno d’impegno e amore per la natura e il verde. Oggi l’area, circondata da vegetazione palustre, ha ritrovato i suoi canali e i suoi specchi d’acqua. Luoghi per lo svernamento e la sosta per l’avifauna. Attualmente questa interessante zona umida ben attrezzata è ricca di vegetazione e di vita. Una nuova luce s’accende e ripristina l’equilibrio. Dai capanni, dalle lunghe passerelle da un capo all’altro del canale e da un’alta torretta di legno è possibile osservare a tutto campo questo angolo di ambiente lacustre dove l’acqua scorre silenziosamente. Accoglie e ristagna per proteggere la vita tra cielo e terra. Qui viene assicurata una catena alimentare di molluschi, insetti, piccoli crostacei e pesci utili agli aironi e alle anatre che popolano gli stagni e i canali. Due in coppia, tranquille, sono sotto i nostri occhi. Soddisfatte. Perché, qui, dove la loro voce riecheggia, sono tutelate.

Dopo l’habitat naturale, visita al parco archeologico di Siponto, con le sue chiese, la sua cripta, i resti della colonia romana impreziositi da pregevoli mosaici. Si coglie subito la sua dimensione ad arte che abbraccia nei secoli il cammino umano. Accanto alla bella Basilica di Santa Maria Maggiore di Siponto emergono tracce romane e tracce dell’antica chiesa paleocristiana. Su cui si erge, con le sue trasparenti leggerezze, l’immagine monumentale della vecchia chiesa. Espressione di un’articolata rete metallica elettrosaldata e zincata dove il tempo si è fermato. E gioca con le forme, le luci, le nuvole come viandanti. E i sospiri di chi osserva a bocca aperta uno scenario impareggiabile.

L’impianto è un unicum. Un intreccio di bellezza. Con tanto di cupola, navate, arcate laterali e capitelli filiformi realizzati dalle mani sapienti del giovanissimo architetto Edoardo Tresoldi. L’opera colpisce. Nello spirito di una filosofia architettonica, capace di raccontare, in maniera emotiva, la storia dei volumi aerei, dove dialogano brillantemente il fuori, il dentro della gabbia metallica, la terra e il cielo. E si abbracciano a vicenda. Così nel vuoto il dialogo include. Stupisce. Meraviglia. Piace tantissimo. Tocca le sfere dell’anima. Nel pomeriggio visita al castello angioino nel cuore di Manfredonia. Si tratta di una imponente fortificazione costiera. Ricca di torri e aperture sul porto. Dove ha sede il Museo Nazionale Archeologico. Fuori, la statua bronzea di re Manfredi, nato nel 1232, figlio di Federico II e Bianca Lancia, colpito a morte nella battaglia di Benevento, detta l’identità più bella della città. Il nome Manfredonia deriva appunto dal suo fondatore. Dal colto e affascinante re Manfredi. Dante nel Purgatorio lo descrive come uomo bello, biondo e di nobile aspetto. All’interno del castello, invece, una preziosa collezione di stele daune racconta la storia dei culti antichi e dei primi insediamenti. In definitiva è possibile fare un lungo viaggio nel mondo della civiltà dauna, ricca di reperti decorativi, funerari e di difesa. Colpisce i presenti la scritta che campeggia sul fondo scuro negli spazi espositivi: “Quando gli uomini sono morti, fanno la storia. Quando le statue sono morte, diventano arte. Questa botanica della morte è ciò che chiamiamo cultura”. Da Corso Manfredi alla cattedrale, poi, il passo è breve.

Lungo il percorso è possibile vedere architetture di pietra, spazi d’altri tempi e affacci sul mare. “E’ un piacere visitare questi luoghi federiciani e angioini ricchi di arte e di storia – precisa Oscar De Lena, presidente dell’Archeoclub di Termoli. Poi lo scambio culturale con l’Archeoclub di Manfredonia, Siponto e Monte Sant’Angelo, guidato da Angela Quitadamo, conosciuta come l’artista delle ceramiche daune, è stato particolarmente cordiale e fruttuoso. La presidente ci ha donato un bassorilievo di Nettuno, dio del mare. Noi, invece, nel segno dell’amicizia, abbiamo regalato una bella scultura di Cleofino Casolino, due disegni di Giuseppe La Porta e una piccola raccolta di vecchie foto della nostra Termoli”. Un’esperienza che arricchisce. Un viaggio dell’io che spinge tutti a fare di più. Ad amare e difendere i luoghi dell’arte e della cultura. All’insegna di tanta bellezza vicino a noi.

Archeoclub
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