Il femminicidio - l'intervista

Condannato a 24 anni per aver ucciso la ex: la famiglia Ialongo ricorre in Appello. Difesa affidata a Marilena Colagiacomo: “Ho incontrato Pietro, un ragazzo come tanti altri dal viso pulito”

La legale che assisterà l’uomo che ha confessato il femminicidio di Romina De Cesare ha seguito processi dal grande impatto mediatico, come quello per l’assassinio di Thomas Bricca

L’appello è la strada che non deve rimanere intentata. La famiglia Ialongo cambia strategia, si affida ad un altro legale per il ‘secondo tempo’ del processo a carico del figlio Pietro, detenuto nel carcere di Frosinone e condannato a 24 anni per omicidio volontario, aggravato dalla coabitazione, e stalking.

Romina De Cesare, la vittima. Una giovane donna, dai tratti del volto delicati e incorniciati dai capelli biondi. I suoi occhi chiari si sono spenti per sempre intorno alle 23 della notte tra il 2 e 3 maggio del 2022, nell’ingresso dell’appartamento in via del Plebiscito a Frosinone che ancora condivideva con l’ex compagno. Il giorno dopo sarebbe partita per Cerro al Volturno dove ad aspettarla c’era papà Mario. Sarebbe tornata a casa, nel nido dove con dolore aveva dovuto salutare troppo presto la mamma. Poi il trasloco in un’altra abitazione, sempre a Frosinone. Da sola, per ricominciare. Senza Pietro, senza quello che poi è diventato il suo assassino. Reo confesso.

Il ‘secondo tempo’ della vicenda processuale vedrà al fianco dell’uomo condannato il 21 marzo scorso dalla Corte d’Assise del Tribunale di Frosinone una donna, una professionista del diritto che veste la toga e affronta casi sempre difficili. Alcuni dal forte impatto mediatico.

Pietro Ialongo sarà difeso dall’avvocato Marilena Colagiacomo. Esperienza e preparazione provate sul campo, sguardo dritto e diretto. Ha assunto la difesa (tra i casi più eclatanti e di enorme impatto mediatico di cui si è occupata) della famiglia di Thomas Bricca, il 19enne di Alatri assassinato con un colpo di pistola alla fronte il 30 gennaio dello scorso anno. E, per aver assunto la difesa di una infermiera coinvolta in un altro caso giudiziario di grande rilevanza, è stata anche insultata e aggredita davanti al tribunale.

“Ho iniziato nel campo del diritto penale 18 anni fa – confessa, nel corso di una chiacchierata alla quale non ha inteso sottrarsi sebbene avrebbe potuto -. Ho seguito centinaia di processi, nei Fori di tutta Italia, occupandomi di reati diversi. Ho seguito molti casi rilevanti e delicati innanzi alle Corti di Assise, prevalentemente per reati di omicidio, prestando la mia opera sia per l’imputato sia per la parte civile. Indubbiamente, il diritto penale è la mia vocazione ed ogni processo, qualsiasi sia il titolo di reato, mi vede impegnata sempre con uno studio ed una dedizione scrupolosi”.

Le motivazioni della sentenza di condanna del suo assistito, Pietro Ialongo, sono state rese note da qualche settimana (e Primonumero ne ha dato notizia in anteprima il 24 giugno scorso). L’incarico le è stato affidato di recente quindi. L’avvocato Colagiacomo racconta, con grande schiettezza e senza girarci intorno, che non si tratta, ovviamente, di studiare solo le motivazioni che hanno portato i giudici della Corte d’Assise a condannare Ialongo a 24 anni di carcere, Bisogna approfondire in ogni dettaglio l’intero fascicolo.

Quattromila pagine, tante sono quelle che riempiono i faldoni che ripercorrono il prima e il dopo.

La vita e la morte di Romina.

Ma anche il prima e il dopo della storia di Pietro Ialongo, che l’ha uccisa con 14 coltellate e ha confessato il delitto ai pm di Latina e Frosinone subito dopo essere stato fermato dai carabinieri sul lungomare di Sabaudia.

Avvocato Colagiacomo, lei si è occupata anche di casi davvero complicati, che hanno scosso fortemente l’opinione pubblica. La famiglia Ialongo le ha conferito il mandato di difendere Pietro, condannato per omicidio volontario aggravato dalla coabitazione e stalking. Un femminicidio, confessato dal suo assistito quasi nell’immediatezza dei fatti. Con quale spirito approccia a questo caso?

“Lo spirito è lo stesso con cui affronto tutti i processi di cui mi occupo quotidianamente, cioè quello di un avvocato che deve ragionare in punto di diritto. È naturale e ovvio che vicende tristi e drammatiche come queste – e di altre di cui mi sono già occupata e di cui mi occupo tutt’ora – suscitino un certo stato d’animo, ma sono un tecnico e da tecnico le affronto. Se mi facessi coinvolgere emotivamente nei casi che seguo – sia per le vittime che per l’imputato – probabilmente non riuscirei ad essere obiettiva e critica”.

 

Che idea si è fatta, fermo restando che le occorrerà ancora tempo per studiare a fondo gli atti?

 

“È chiaro che assumere una difesa all’esito di un giudizio di primo grado, che è la sede naturale per la formazione della prova, comporta inevitabili difficoltà. Ho ricevuto l’incarico solo alcune settimane fa e sto procedendo allo studio minuzioso degli atti processuali, per poter predisporre l’atto di appello. Ho chiaramente una mia idea, che rappresenta la linea difensiva che intendo seguire, ma capisce che non è opportuno, allo stato, anticipare nulla”.

 

Le motivazioni della sentenza di condanna del suo assistito sembrano solide, confortate da un impianto probatorio che ha retto le valutazioni della Corte d’Assise in primo grado. C’è qualcosa che lei ritiene non sia stata sufficientemente indagata?

“Ritengo sia prematuro, oggi, rispondere a questa domanda. Certamente se all’esito dell’esame degli atti processuali si dovesse rendere necessario, il codice ci consente di ricorrere, ad esempio, ad una richiesta di rinnovazione istruttoria.  Ma, ripeto, al momento è soltanto una ipotesi”.

 

Avvocato, ha già incontrato Pietro Ialongo?

“Certamente, l’ho già incontrato nel carcere dove si trova ristretto. Quello che mi ha colpito, non avendo mai visto prima neanche una sua fotografia, è stato trovarmi di fronte un ragazzo come tanti altri, dal viso pulito e che mai penseresti in grado di fare quello che ha fatto”.

 

La personalità di Pietro è stata valutata da un consulente di parte e da un consulente designato dal Tribunale. Lei crede che su questi aspetti, che sono relativi al pregresso di Ialongo che anche noi giornalisti abbiamo conosciuto attraverso il processo, siano ancora da indagare, approfondire?

“Beh, nessuno di noi conosce mai veramente a fondo la personalità nemmeno di chi ci è vicino. Quindi, indubbiamente, non è escluso che si debba approfondire tale aspetto che risulta essere di non poca importanza. Valuteremo certamente anche questo, insieme a tante altre cose”.

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