Le rivelazioni su repubblica

Con Travaglio e Lucarelli anche il molisano Aldo Di Giacomo nel mirino dell’ergastolano eccellente Chico Forti

Il sindacalista non conferma né smentisce. L’omicida rientrato in Italia dopo una lunghissima detenzione negli States non avrebbe gradito le parole di condanna delle ‘agevolazioni’ che gli sono state concesse e quindi avrebbe cercato qualche ndranghetista libero per zittire i tre ‘detrattori’. Indaga la Procura di Verona

Marco Travaglio, Selvaggia Lucarelli e ora pure il ‘nostro’ Aldo Di Giacomo. Sarebbe lui il terzo incomodo da zittire secondo l’ergastolano Chico Forti.
Aldo Di Giacomo, segretario generale dell’Spp, il sindacato di polizia penitenziaria, è volto notissimo in Molise e non solo per le battaglie a sostegno degli agenti in servizio negli istituti penitenziari.

Ma il suo nome, nell’affaire Chico Forti (l’italiano condannato per omicidio negli States e da qualche mese rientrato, tra squilli di tromba e rulli di tamburi, in Italia) non era mai uscito fuori perché, ammette candidamente il giornalista Enrico Ferro dalle colonne di Repubblica, “non era chiaro chi fosse. Ebbene – scrive -, dagli accertamenti effettuati è emerso che si tratta del segretario generale dell’Spp, il sindacato di polizia penitenziaria. Ecco, dunque, il trio per cui il killer estradato dagli Stati Uniti chiedeva ritorsioni e intimidazioni alla criminalità organizzata. O almeno questa è la circostanza che emerge dalla confessione di un detenuto che avrebbe sentito la discussione tra Forti e un altro carcerato del penitenziario veronese di Montorio”.

La Procura di Verona ha immediatamente tenuto conto della segnalazione e quindi è partita una indagine. Senza indagati e senza ipotesi di reato. Questione bollata ovviamente come falsa dal pool di avvocati che assiste Forti.

Ma perché Aldo Di Giacomo sarebbe finito nei ‘cattivi pensieri’ dell’ergastolano accolto in Italia come una star con tanto di tappeto di velluto rosso?
Perché avrebbe osato criticare proprio il trattamento privilegiato riservato a Forti.
Prima l’accoglienza della premier Meloni – si legge su Repubblica -, poi la visita con selfie di Andrea Di Giuseppe, deputato di Fratelli d’Italia. E infine il permesso concesso a tempo di record di andare a trovare l’anziana madre a Trento, la sua città d’origine.
“La visita alla madre è un diritto che ai detenuti con condanne non è concesso se non in casi molto rari e dopo la presentazione di un’istanza il cui esame può durare mesi” aveva denunciato il sindacalista della Polizia penitenziaria. “Chiediamo il rispetto dei detenuti senza distinzione e discriminazione e di conseguenza chiediamo il rispetto anche dei servitori dello Stato”. Poi Di Giacomo se l’è presa anche con il ministro Nordio.
E Chico Forti, dalla sua cella, ha fatto due più due che in questo caso ha fatto tre.
Travaglio, Lucarelli e Di Giacomo? Kaput.

L’inquietante vicenda, come è noto, sarebbe emerso dai colloqui che i detenuti hanno avuto con don Carlo Vinco. Qualcuno di loro avrebbe raccontato al prete di aver assistito a un dialogo tra Forti e un altro detenuto, finito in cella reati connessi alla criminalità organizzata calabrese ma non in regime speciale.
“Durante la conversazione – scrive ancora Ferro su Repubblica – l’idolo della destra gli avrebbe esternato il fastidio per la prima pagina del Fatto Quotidiano in cui Travaglio aveva scelto il titolo “Benvenuto assassino”, nel giorno del suo ritorno in Italia. Sempre a lui avrebbe chiesto poi di contattare qualche ’ndranghetista libero per “mettere a tacere Travaglio, Lucarelli e il sindacalista Di Giacomo”. In cambio avrebbe promesso aiuto quando un giorno sarà libero e “candidato con il centrodestra”. Queste le parole testuali riferite dal detenuto al loro garante. Quest’ultimo, seguendo una procedura non proprio rituale, ha contattato Marco Travaglio, il quale poi si è rivolto al procuratore di Verona”.

Una volta aperto il fascicolo d’indagine, il detenuto che aveva captato la conversazione e rivelato il contenuto al sacerdote ha confermato tutto. Il procuratore ha avvisato Selvaggia Lucarelli e dagli accertamenti successivi, emerso il nome di Aldo Di Giacomo, è stata informata l’amministrazione penitenziaria di Montorio.
La detenzione di Chico Forti è “un caso da gestire, che mette in crisi non solo il clima tra i detenuti ma ora anche tra gli agenti di polizia penitenziaria” rilancia Ferro.
Che ha contattato il ‘nostro’ Aldo Di Giacomo: “non confermo e non smentisco” la sua risposta. Ma la Procura lo avrebbe informato in via riservata dell’attenzione che l’eccellente ergastolano gli avrebbe riservato.

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