Femminicidio de cesare

Romina, uccisa in 9 minuti. L’ossessione e gli insulti di Pietro: “Vergognati, fai schifo”. Le chat dell’orrore nelle motivazioni della sentenza

Ialongo condannato a 24 anni di reclusione per omicidio volontario aggravato dalla coabitazione e stalking: 14 coltellate per uccidere la ex fidanzata che avrebbe lasciato la casa in cui vivevano il giorno dopo il femminicidio

Ha sofferto Romina, tanto. La sua è stata una lenta agonia anche se per ucciderla sono bastati nove minuti. 540 secondi.

Con il deposito delle motivazioni della sentenza per il femminicidio di Romina De Cesare, la giovane di Cerro al Volturno uccisa con 14 coltellate dall’ex fidanzato Pietro Ialongo (condannato a 24 anni di carcere in primo grado) si chiude il cerchio. Da un lato una giovane donna che sceglie come vivere la propria esistenza, seppure braccata dalle ossessioni dell’ex compagno che la stalkerizza, prova a isolarla dal mondo, la impaurisce e poi la uccide. Dall’altro il mondo al contrario di un 40enne che non si rassegna, che diventa nemico ossessivo, che reclama amore solo perché ne ha dato in passato. Come se fosse un risarcimento da dover pagare a vita.

Omicidio de Cesare

Nove minuti e qualche secondo sono bastati per aggredire Romina, sferrarle 14 coltellate e lasciarla morire sul pavimento.
Edema polmonare e cerebrale le conseguenze delle coltellate inferte con rabbia da Ialongo nella notte tra il 2 e il 3 maggio del 2022 nel piccolo appartamento di via del Plebiscito a Frosinone che Romina ancora divideva con l’ex ma avrebbe lasciato per sempre di lì a qualche ora.

danilo leva

Danilo Leva, l’avvocato difensore di Romina De Cesare

 

L’OMICIDIO: la sequenza dell’orrore è rapida. Nessun segno tipico di colluttazione. Romina prova a difendersi, nonostante la preminenza fisica dell’aggressore, come raccontano le ferite da difesa sugli avambracci e sulle gambe. Non riesce a parare il colpo letale, che provoca la lacerazione del ventricolo destro. Che innesca l’emopericardio che la porta lentamente alla morte.

L’ultimo atto di un amore finito. Ultimo atto di un uomo che non si rassegna, che è ossessionato dal pensiero che quella donna, con la quale ha trascorso tra alti e bassi dieci anni di vita, possa avere desiderio di un futuro diverso, che non contempla la sua presenza.
Ultimo atto che avviene l’ultimo giorno di quella vita forzatamente vissuta insieme, da separati in casa, fin da marzo. Con Romina che dorme sul divano, che ha paura di farsi riaccompagnare a casa dalla persona che sta frequentando, che viene accusata di essere una ingrata, una ‘donnaccia’, che lascia il lavoro perché non riesce a sostenere questa pressione continua e asfissiante, che decide di tornare a casa dal papà in attesa del suo nuovo appartamento dove potrà ricominciare a vivere, a respirare. Senza Pietro.
Ultimo atto che si compie intorno a mezzanotte, nell’ingresso dell’appartamento: Romina entra, si toglie le scarpe e al buio viene aggredita a Pietro, che stringe un coltello tra le mani e comincia a colpirla all’addome, prendendola alle spalle. Romina si divincola, grida, si gira ma Pietro ha la meglio. La butta a terra e la colpisce ancora. Quattordici coltellate. L’ultima al cuore.

L’ESCALATION DELL’ORRORE. La storia tra Romina e Pietro vive momenti di crisi da qualche mese e Pietro sembra essersene fatto una ragione. Fino a quando però Romina non comincia a frequentare Davide, una guardia giurata conosciuta nell’ipermercato dove ha lavorato. I due si sentono e cominciano a vedersi solo dieci giorni prima del femminicidio. Davide si rende conto che l’atteggiamento di Pietro non è ‘sano’, per questo ne parla con il papà di Romina, nonostante non si conoscano, per esporgli le proprie preoccupazioni. Parla anche con Pietro Ialongo quando si accorge che assieme a suo padre li hanno pedinati fino ad Alatri. E sarà proprio Davide a capire che qualcosa di brutto deve essere accaduto, quel pomeriggio di due anni fa.
Il 26 aprile (Romina frequenta da qualche giorno Davide), Pietro la tempesta di messaggi e di telefonate. Il tono delle conversazioni racconta di come fosse ossessivo e ossessionato. E di come Romina non cedesse alle provocazioni. Tentativi di riavvicinamento si alternano a richieste di denaro, parole di preoccupazione che fanno il paio con giudizi pesanti che vogliono ferire. “La rabbia e la delusione di Ialongo per la nuova relazione di Romina – scrivono i giudici nella motivazione della sentenza – il disappunto sulle scelte della donna per le sue frequentazioni”.

Tra marzo e maggio, Pietro prova con altri escamotage a far tornare Romina sui propri passi: le invia foto scattate quando erano felici “per sollecitare la donna al ricordo di momenti di serenità”. Ma è proprio dal 26 aprile, una settimana prima di ucciderla con 14 coltellate, che Pietro comincia a recriminare le scelte di Romina, che è definitivamente la sua ex.

I MESSAGGI, L’OSSESSIONE, LO STALKING. “Vergognati”. “Fai schifo”, “Ti scopi subito un altro”, “Mi ha riconfermato che cazzo di persona sei”, “Mi hai usato come la tua famiglia”, “Sei malata”, “Sei una merda”. L’elenco è lungo, le parole di fango travolgono gli affetti più cari di Romina, la feriscono. Pietro prova a farla sentire in colpa per tutto: nel momento della malattia della mamma lui le è stato vicino, ad esempio. “Con chi sono stato questi anni, ho dato la possibilità a tua madre di essere curata e tu mi ripaghi così” le scrive.

mario de cesare padre romina

Mario De Cesare, il padre di Romina

 

Pietro offende anche papà Mario. Romina prova a contenerlo, gli propone persino di parlare con Davide perché confermi che la loro è al momento una amicizia.
Romina prova a rimettere le cose a posto. Cerca di non ferirlo. Subisce.
Per interminabili 177 messaggi inviati a ripetizione, ossessivi e brutali.
E proprio quella sera, Romina non riesce a rientrare a casa: Pietro ha chiuso a doppia mandata la porta e ha lasciato le chiavi nella toppa, lei chiama i Carabinieri. Compone per due volte il 112: la prima per chiedere aiuto, la seconda per spiegare che è tutto a posto. Ma così non è andata.

La conversazione del 26 aprile continua anche il giorno successivo: stesso tono dei messaggi, offensivi e infamanti. E anche giudicanti sulle scelte di vita di Romina, sulla decisione di cenare con i colleghi, sui pomeriggi trascorsi con Davide ad Alatri. Romina è sempre più angosciata ma non cede alla paura e alla rabbia. Chiede persino scusa nel tentativo di calmare la rabbia che monta. E Pietro, in questo suo alternare amore e odio, azzarda persino un invito a cena a Davide. “Se siete amici invitalo stasera da noi, preparo qualcosa di leggero così vi chiedo scusa a tutti e due”.

LA FINE DEL RAPPORTO. Proprio in quei giorni si colloca la fine vera del rapporto. La crisi precipita. Romina è stanca, remissiva, cerca di placare lo stato d’ira crescente di Pietro. Per lei è diventato impossibile lavorare nel piccolo bar dove tutti la ricordano come sorridente e gentile. All’inizio.
Costretta a rispondere ai continui messaggi, alle insistenti telefonate. A fare i conti con qualcuno che ha amato e che non riconosce più. Romina ha paura. E alla fine Pietro pretende un confronto con Davide. Che gli scrive, lo tranquillizza: “con Romina c’era solo una amicizia. Nulla più. Neanche mai baciata sulla guancia per salutarla. È una brava ragazza, mi trovavo bene a parlare con lei. Tutto qua!”.

IL VIDEO, LA PROVA DELL’OSSESSIONE. Anche questa ulteriore prova non basta. Il 28 aprile, nel cuore della notte, Pietro filma Romina che dorme sul divano. La sveglia e inizia a riprendere la conversazione, entrata agli atti del processo della Corte d’Assise del Tribunale di Frosinone.
“Non riesco a dormire, mi dispiace venirti a svegliare. Soltanto è vero che io ho detto rifatti una vita però intendevo con persone amiche che ti danno una mano, non sarei mai stato così coglione da dirti vai subito insieme ad un altro. E poi il 25 aprile abbiamo fatto sesso per due volte, giusto?” Romina non conferma, Pietro continua a ricordarle i dettagli di quella sera. “Lo vedi non sono pazzo”. E lei: “No, sei pazzo”. La conversazione continua, Pietro riprende la scena. Solito atteggiamento da vittima e soliti giudizi su Romina che si “diverte”. Osa divertirsi… Solito copione in merito all’uso del denaro. I soldi per la macchina, le spese che lui ha sostenuto per entrambi.
Alla fine, Romina firma la sua condanna a morte. “Io domani me ne vado da qua, non ce la faccio più”.
Per lunghissimi minuti lui la insulta, le rinfaccia di voler vivere la propria vita, di uscire con gli amici, di non tenere in conto il dolore che provocherebbe ai suoi genitori, minaccia di mandare quel video a papà Mario. Ma Romina reagisce: “Faccio come cazzo mi pare, non siamo più niente”.
Per Pietro quella registrazione è la prova degli errori di Romina, del suo comportamento errato. Non immagina che sarà la prova della sua ossessione.

Romina De Cesare

LA CONFESSIONE. Pietro come ormai noto viene fermato sul litorale laziale: è nudo, farfuglia cose incomprensibili. I passanti chiamano i Carabinieri che una volta fermato si accertano delle sue generalità. E da lì si scopre che è l’ex compagno della ragazza di cui non si hanno notizie a Frosinone, come denunciato qualche ora prima da Davide. Nel frattempo, la Polizia entra nell’abitazione di via del Plebiscito e trova Romina ormai priva di vita.
Pietro confessa l’omicidio nel pomeriggio del 3 maggio ai pm di Latina e Frosinone. Ma già quando era al Pronto soccorso aveva messo di aver ucciso Romina “con le mani e con il coltello che mi ha regalato lei”. Pietro parla di una lite scoppiata al rientro di Romina in casa. Lite nata per ragioni economiche e cioè la richiesta a Romina di rimborsargli il finanziamento per comperare l’auto intestata a lei ma pagata da lui. Pietro racconta di aver tentato di soffocare la ex (fatto questo non riscontrato in sede di autopsia) e di aver avuto paura di essere denunciato. Motivo per il quale l’ha accoltellata. Con il coltello che lei le aveva regalato, comprato a Parigi e forse smarrito in mare poco prima di essere identificato dai Carabinieri. Dopo averla uccisa, Pietro lava le mani e la lama nel lavandino del bagno poi si allontana da casa in tutta fretta, come confermano gli studenti cinesi vicini di casa che registrano parte della lite e i lamenti di Romina.
Non chiama i soccorsi, non prova a salvarle la vita.

Nel fiume Sacco avrebbe voluto uccidersi ma non ci riesce. Si ferma a fare gasolio e si dirige a San Felice al Circeo. Parcheggia e raggiunge la spiaggia di Sabaudia a piedi attraverso la montagna. Si spoglia perché “una cosa così atroce che ho fatto con quei vestiti, volevo cancellare tutto e tornare a casa dalla mia ragazza” dice, contraddicendo quello che invece ha affermato poco prima e cioè che i vestiti erano bagnati, motivo per il quale si era spogliato. Nell’auto una borsa di tela: dopo l’omicidio, Pietro scrive la sua confessione. “Non volevo, io la amo”. E racconta: “ho provato in tutti i modi a suicidarmi, mi sono buttato a mare vicino la torre con le gambe legate, ho messo la testa giù, premevo. Cercherò di morire di sete e di fame”.

Ialongo sconterò 24 anni di carcere per omicidio volontario aggravato dalla coabitazione e stalking. Romina riposa nel cimitero di Cerro Al Volturno dopo essere stata molestata, offesa, controllata, prevaricata, umiliata.
“L’amore è stato surclassato dall’ira e dall’esigenza di affermazione, senza contraddizioni di sorta, delle proprie ragioni di uomo tradito e ferito nel proprio orgoglio”.

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