#corpedelascunzulatavecchia

Chi fiene foi atesso?

Rileggendo le dichiarazioni (di guerra) di alcuni consiglieri eletti al comune di Campobasso mi torna in mente “Kranz, tetesco di Cermania” personaggio di Villaggio che usava entrare in scena scendendo le scale dello studio televisivo urlando: “chi fiene foia atesso?”. È quello che vorremmo capire tutti nel leggere le dichiarazioni dei consiglieri eletti nel centrodestra.

Ormai è certo: il sindaco eletto a Campobasso è Marialuisa Forte per la coalizione di centrosinistra, ma per l’intera città di Campobasso. Allo stato attuale ancora non è chiaro come si comporteranno i consiglieri di centrodestra in consiglio comunale e quindi, nel rispetto che “chi ralle pe prime ralle dù vote” (chi picchia per primo picchia due volte, dove picchiare non si intende il batacchio del portone di casa di nonno) e quindi lancino anatemi ad indirizzo politico ma, in cuor loro, indirizzati, gli anatemi, ai campobassani che non avrebbero votato bene, anzi male!

A lanciare gli anatemi sono stati in primis il candidato sconfitto De Benedittis ed il presidente Roberti che nel giro di trenta secondi avevano proposto le dimissioni in massa dei consiglieri comunali. Qualcuno deve aver fatto fare marcia indietro per le dimissioni dal notaio facendo, forse, ricordare l’episodio di Casacalenda. A Casacalenda si dimise la metà dei consiglieri comunali facendo decadere il sindaco. Il paese tornò a nuove elezioni e la sindaca fatta decadere con le dimissioni vinse le elezioni. Qualche saggio, sicuramente di campagna o qualche eremita di qualche collina campobassana, deve aver fatto ragionare i vertici regionali e fatto capire che ripresentarsi agli elettori dopo avere fatto decadere il sindaco presentando le dimissioni non è proprio cosa buona e giusta e gli elettori avrebbero potuto rispondere come rispose la formica alla cicala che avendo cantato tutta l’estate non aveva provviste per l’inverno: “adesso balla”.

Strali a questa diatriba da ballottaggio sono arrivati anche dalla seconda carica dello Stato, tale Ignazio La Russa da Milano ma con origini siciliane. Il senatore La Russa ha indicato il ballottaggio come la forma assassina della democrazia, la forma che annulla il voto del primo turno. Dovesse perdere tempo a leggere questo mio scritto il Senatore La Russa, sarebbe bello da parte mia dirgli che trovo il ballottaggio la vera ed esclusiva forma di garanzia democratica nei confronti degli elettori. L’unica forma, insieme ovviamente al voto disgiunto, che possano garantire un minimo di espressione democratica al cittadino. Senza voto disgiunto, così come votiamo per il consiglio regionale, prevarranno sempre i voti dei portatori massivi di preferenze, di quei consiglieri pluridecennali, in alcuni casi, che hanno sempre gestito le consulenze e le segreterie in maniera “spaccottante”. L’ho messo tra virgolette perché non credo esista come termine ma, calmi, perché non ho le pretese di finire a contatto con l’Accademia della Crusca per un termine inventato tipo “petaloso”.

Lo spaccottamento degli incarichi nelle segreterie viene fatto sistematicamente e chirurgicamente regalando a più persone dei contratti di lavoro quindi invece di fare contratti di lavoro da 1.500 euro netti a persona per un totale di 40 ore settimanali se ne fanno 4 da 10 ore ognuno e quindi considerando una media di dieci voti per ogni contratto, i voti per chi ha fatto avere il “contratto” (tra virgolette perché non consentirebbe, per esempio, la sottoscrizione di un mutuo per acquisto casa). Tutto questo in Regione lo hanno capito, hanno capito che 4 contratti portano 40 voti e che un contratto ne porta 10, e si sono comportati di conseguenza non prevedendo, per la Regione, il voto disgiunto.

E qui ci raccordiamo al discorso del comune del Presidente La Russa e del ballottaggio. Nella prima fase delle elezioni i candidati, tranne per quelli “portati” da consiglieri/assessori regionali che devono riscuotere pegno per i contatti da dieci ore, hanno un riscontro medio del 25% sulle promesse di voto. Per avere la speranza di ricevere un voto bisogna avere quattro promesse di voto. Quindi per avere 300 voti bisogna ricevere almeno 1200 promesse di voto. La percentuale scende nel momento in cui scatta il “se dovesse servirti qualcosa io ci sarò sempre”. Il “dovesse servirti” è legato prevalentemente alla professione in ogni caso al tipo di lavoro che il candidato svolge. Nello scorrere gli elenchi dei candidati, però, non mi è sembrato di scorgere idraulici o artigiani in genere. In quel caso veramente se dovesse servire qualcosa ci può stare.
Concludiamo questo discorso sennò diventa pesante e poco presente.

Il ballottaggio non lo vorrebbe nessuno dei potenti, la gente è troppo libera e vota come vuole, il voto disgiunto alla regione ce lo hanno tolto a beneficio dei consiglieri/assessori regionali di lungo corso e ampissime segreterie. Al momento sembra fermarsi il pensiero delle dimissioni in blocco perchè, forse, qualche testa un attimo pensante abbia immaginato la faccia degli elettori alla futura richiesta di voto dopo aver cagionato la caduta del sindaco con le proprie dimissioni e l’elettore avrebbe potuto dire: “n’ata vota qua sta?”.

Quindi non ci resta che aspettare gli eventi e non perdere di vista la politica campobassana. Ci siamo resi conto di quanti galoppini di politici regionali pretendono, sperano di fare politica al comune?

Con immutato affetto, con stima raddoppiata si saluto e “meno” anche una pacca sulla spalla.
Statevi arrivederci.
Franco di Biase

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