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Gesù, la vite e i tralci

V Domenica di Pasqua – Anno B
Chi rimane in me porta molto frutto (Gv 15,1-8)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da sé stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

L’immagine della vite, di cui il singolo tralcio è una parte, si capisce molto bene con ciò che dice Paolo sull’essere rivestiti di Cristo: attraverso la fede, di cui il battesimo per Paolo è un segno, ciascun credente smette di essere sé stesso per manifestare Gesù. Ancora in un altro passo Paolo dice: non sono più io che vivo ma Cristo vive in me; questa vita che vivo nella carne la vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato e ha dato sé stesso per me. Ciascun discepolo non ripresenta tutto Cristo, che invece contiene tutta la comunità dei credenti, ma ne può ripresentare un aspetto; ecco perché siamo tralcio e non vite, a condizione, però, che non facciamo seccare la linfa vitale di Gesù in noi. Se il tralcio secca, la vite resta e porta frutto attraverso altri tralci, ma il tralcio seccato non serve a nulla se non ad esser gettato, come il sale che perde sapore.

Il significato dell’immagine può essere questo: noi abbiamo bisogno di Cristo ma Lui, se non ci rendiamo disponibili, troverà altri che portino avanti il suo messaggio. E ciò vale non solo per il singolo credente, ma anche per le comunità e le chiese che spesso si arrogano l’esclusività della verità ma in realtà non rispondono più alla chiamata di Gesù che vuole incontrare tutti, senza esclusione in base a categorie elaborate di volta in volta dalle teologie e dalle morali ecclesiastiche. Oggi si parla di crisi del cristianesimo ma forse è perché il cristianesimo ufficiale sta smettendo di svolgere il suo compito di accogliere e dare speranza e una casa all’umanità che cerca un significato per la propria esistenza; un tale cristianesimo assomiglia sempre più a un tralcio che sta seccando. Solo se ci chiediamo come mostrare il volto di Gesù e l’amore gratuito di Dio ritroveremo quella linfa vitale che parte dalla vite, cioè da Colui che ha dato la vita per noi e può ridonare vita anche a dei tralci ormai secchi e inutili.

Michele Tartaglia

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