In Box

Lettera di un tifoso

Ngrazie a Di’. No grazie a Ci

La mia proposta: biglietto a un euro e tutti i settori agibili aperti. Per sognare in grande, per gioire insieme

Che fantastica storia questa serie C. Bella perché nasce dal fango. Soltanto due anni fa piangevamo sul cadavere di un sogno paventato. E chi ci credeva più dopo
l’ennesima scottatura! Perché di scottature i tifosi del Campobasso ne hanno dovute subire troppe. Quando ti fanno sognare così tante volte, tutti sogni che poi
volano in fumo, che non ci credi più. Non vuoi crederci più, non vuoi farti più del male.

Sulla fine degli anni ’50 la prima serie D. Il 25 Maggio del 1975 la prima vittoria del girone H della quarta serie calcistica nazionale, sotto la presidenza di Franco
Nucciarone. Sul calare degli anni ’70 l’era Falcione che garantisce stabilità. Poi la crisi nell’82: Molinari, spinto dalla politica locale, acquista la società sull’orlo del
fallimento. Comincia la vera ascesa, comincia un sogno di cui sentiamo ancora gli echi. Il famoso ricorso del 2 Giugno (storia che ho conosciuto soltanto qualche giorno fa ad una presentazione di un libro di cui qui di seguito vi parlerò fra poco), giorno in cui attraverso il lancio di una monetina venne decretato lo storico
passaggio in serie B.

Il primo anno conquista un dignitoso tredicesimo posto. Squadra che vince non si cambia. E l’anno successivo capitano Scorrano e i suoi soganano in grande, terzi
fino alla ventiseiesima giornata, poi concludendo settimi. Poi nell’84 l’addio di Scorrano e la fascia che passa a Maestripieri. E’ l’anno dei famosi ottavi di finale
contro la Juventus del Trap, Scirea e Platini. In campionato invece non un granché. Stagione più sofferta della precedente, terminando al dodicesimo posto.
Nell’86 lotterà per la salvezza fino all’ultima giornata, dopo aver venduto ad inizio anno diverse pedine preziose. Si intravede un declino che culminerà con la
retrocessione l’anno dopo.

Gli anni della serie B non soltanto hanno rappresentato la gioia di tutti gli appassionati al mondo della sfera di cuoio. Sono stati troppo di più. Ci raccontano
di un fermento culturale prima ancora che sportivo, di una città intera. Ecco, vi dicevo prima della presentazione di quel libro. Proprio qualche settimana fa al circolo sannitico di Campobasso c’è stata un bellissimo momento al quale ho preso parte: la presentazione di una raccolta di sonetti in ricordo di Michele Di Tota. Per me che di anni ne ho soltanto ventisei è stato un incontro rivelazione. La commozione è stata palpabile nell’aria per tutto il tempo, mentre il figlio Giovanni Di Tota e Franco Mancini raccontavano degli anni della serie B. Loro, Franco Mancini, Michele Di Tota, e altri allora ragazzi, appassionati, passionali, se non proprio pasionari, vivevano quegli anni della serie B con spirito grottesco, e ne scrivevano su una rivista (che vorrei tanto ritrovarmi tra le mani) chiamata “Tiro rete”. Tiro rete tutto era fuorché una rivista sportiva. Perché attraverso la cronaca di quanto accadeva attorno al mondo rossoblù, raccontavano la vita di una città in primavera, dei suoi costumi che si trasformavano tra una trasferta ed un’altra. Si faceva satira, ci si prendeva in giro. Perché ce lo si poteva permettere, perché si era animati da una sorta di Felicità collettiva. Felicità di cui ne ho respirato bocconi a polmoni aperti in occasione di questa presentazione del libro in ricordo del papà di un giornalista che tutti conosciamo.

Ed io lì che sognavo, e lì che pensavo. Quanto vorrei che anche la mia generazione potesse vivere quel fermento lì. Lo stiamo cercando da una vita intera. Molti
l’hanno cercato molto lontano da qui, scappando via, andando via da una terra che non ha più tempo da perdere nei sogni.
Come diceva Raf? “Cosa resterà di questi anni 80”. Quella voglia di far festa rimase ancora per un po’. Anche dopo la serie B. E mentre il Campobasso calcio
cominciava una seconda storia fatta di delusioni, la comunità attorno continuava a progredire per inerzia. Nonostante gli anni 90 sono gli anni dei primi due fallimenti. 1990, poi 1996. E ancora nel 2003. E poi nel 2013. In ultimo quello del 2022. Quest’ultimo il più brutto di tutti. L’anno prima la vittoria della serie D (la seconda della sua storia calcistica), l’anno dopo la caduta all’inferno. E’ per questo che ci si sarebbe aspettati che la piazza dopo l’inferno non sognasse
più. E invece ancora una volta i tifosi di qui hanno dato prova davvero di meritare molto di più. E’ bastato che il socio di minoranza della società mandata in
fallimento decidesse di rilevarla, l’americano Matt Rizzetta, primo presidente straniero nella storia centenaria di questa società.
Questo è stato un anno da record. Record di presenze costanti non soltanto in casa ma anche in trasferta. Più si susseguivano le domenica più aumentava il
seguito nella timida illusione di spiccare ancora il volo verso l’alto. Timidezza e forza che ora che si è volato per davvero andrebbero ripagate con un
giorno di festa speciale. E’ proprio per questi tifosi e per questa gente che vorrei lanciare la mia proposta: il biglietto a un euro e l’apertura di tutti i settori agibili dello stadio. In tutti i settori, anche nel settore ospiti. Perché diciamocelo, il Termoli ci ha fatto un grande favore e per una volta, dopo la nostra vittoria del campionato e la loro salvezza, i piani si sono allineati e possiamo gioire insieme. Domenica prossima dovrà essere una festa per tutti. Perché possa essere davvero di buon auspicio oltre che di slancio per il futuro. Per farCi toccare con mano quel sogno di un futuro che sarà, forse anche non tanto lontano, a detta del presidente Rizzetta. E se non lo sarà poco importa.

Il mio appello è esteso a tutti. Alla società. Ai tifosi che devono accorrere in massa. Ma anche alla collaborazione da parte delle forze dell’ordine, dell’amministrazione comunale, del questore che possono rendere possibile questa proposta. Ero seduto al bar Leopardi questo pomeriggio, poco prima di cominciare a scrivere questo appello, con i miei amici, quando all’arrivo di uno di loro ho sentito esclamare uno “Ngrazij a Dij”. E la risposta dell’altro: “No, ngrazij a Ci”. I rossoblù continueranno a tifare. Continueranno a scherzare, a non prendersi troppo sul serio. Nonostante tutto. Certo che però, per una volta sola, ci
piacerebbe tornare a respirare quell’aria che non si respira da ormai quaranta’anni. E chissà che la festa di Domenica prossima non possa esserne l’occasione.
Perché qui l’aria oggi si è fatta davvero tanto viziata.

Michele Messere

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