L'omicidio di santa maria del molise

Uccise il marito con un ciocco di legno, il 19 marzo Irma Forte in aula per l’udienza preliminare

La donna di 66 anni che avrebbe colpito alla testa Carlo Giancola la notte di Natale 2022, comparirà davanti al Gup del Tribunale per l'inizio del processo

Nomi e numeri, che raccontano una storia terribile e ancora tutta da chiarire: l’omicidio della vigilia di Natale, nella piccola e silenziosa Santa Maria del Molise. In quella stradina all’ingresso del paese si affaccia l’abitazione che diventa teatro di un omicidio. In via XXV Settembre, Irma Forte – che ha 66 anni – uccide il marito, Carlo Giancola, 71enne.

Nomi e numeri. Irma, di forte non ha solo il cognome: in quelle ore, secondo quanto ha raccontato tra le lacrime e chiedendo solo perdono ai figli, si sarebbe difesa dal marito che avrebbe brandito minacciosamente un ciocco di legno, nel tentativo di colpirla.  Il terrore che potesse accadere qualcosa di irreparabile, la paura che diventa forza, inimmaginabile in quella donna esile e piegata da anni di vessazioni e soprusi.

Nomi e numeri. Nel giorno della festa del papà, il prossimo 19 marzo, Irma Forte comparirà davanti al giudice per le udienze preliminari con l’accusa di aver ucciso il padre dei suoi figli. Che non l’hanno mai abbandonata, che le sono stati accanto in un tragico destino che incrocia vita e morte.  Sopravvivenza e sopraffazione.

Omicidio volontario l’accusa formulata dalla Procura: il delitto della Vigilia di Natale è stato seguito personalmente dal procuratore del Tribunale di Isernia, Carlo Fucci.

Minuziose le indagini affidate anche al Ris che ha effettuato numerosi sopralluoghi nell’abitazione. Al Reparto investigazioni scientifiche il procuratore Fucci ha affidato anche il compito della ricostruzione del delitto in 3D così da verificare l’eventuale presenza sulla scena del crimine di altre persone e, soprattutto, quale sia stata l’arma utilizzata e che fine abbia fatto.

Irma Forte, che ha confessato l’omicidio del marito e si è assunta la piena responsabilità di quanto accaduto, attende il suo destino in una località sconosciuta: per lei, dopo la revoca dei domiciliari avvenuta nel mese di dicembre, è scattato il divieto di dimora nella provincia di Isernia. Potrebbe essere a casa dei figli, lì dove – sembrerebbe – il marito Carlo Giancola non voleva che nemmeno andasse per fare visita ai nipoti.

Perché l’epilogo che ha segnato con il sangue la notte tra il 23 e il 24 dicembre del 2022 è la tragica fine di un matrimonio difficile, di una convivenza spossante, dolorosa. Durata 40 anni.

Omicidio volontario. Ma, secondo i legali di Irma – che ha trascorso i domiciliari fino al 19 dicembre scorso in una comunità residenziale dove ha svolto attività di servizio sociale – la donna si è difesa dall’aggressione del marito.

Irma e Carlo, una coppia con grandi difficoltà di dialogo e di convivenza a causa del carattere dell’uomo, descritto come autoritario, poco incline al confronto, gravato da qualche disturbo di salute che lo avrebbe reso più cupo e prevaricatore.

Quella notte, Irma avrebbe provato a convincere il marito ad andare a dormire: l’uomo aveva problemi di deambulazione e per facilitare i suoi spostamenti in casa, la stanza da letto era stata spostata al piano della cucina.

Carlo era più agitato del solito e non ne avrebbe voluto proprio sapere. Borbottando e imprecando, era rimasto seduto in poltrona, davanti al fuoco. In pigiama, con la coperta sulle gambe. Mentre Irma provava a riposare, lui sarebbe entrato nella stanza e si sarebbe avvicinato minacciosamente alla donna brandendo un ciocco di legna da ardere. L’istinto di sopravvivenza: Irma sarebbe riuscita a disarmarlo e poi lo avrebbe colpito ripetutamente alla testa. Una, due, tre volte fino a lasciarlo esanime ai piedi del letto.

L’arma del delitto, mai trovata, potrebbe essere stata buttata nel camino, in un gesto automatico di rimozione di quanto accaduto. E con quello stesso intento, Irma potrebbe aver deciso di lavare i pavimenti, ripulire e mettere in ordine prima di avvertire il nipote, chiedendogli di chiamare i figli. Un gesto naturale. L’ultimo, per proteggerli ancora.

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