La testimonianza

Tra le voci della ‘ndocciata quella di Chiara Gamberale: questo Molise, un “Grembo paterno”

La scrittrice ha intitolato così il romanzo dedicato alla terra molisana, a lei l’onore di aprire il fiume di fuoco che si è riversato lungo le strade di Agnone

A Chiara Gamberale, scrittrice, scrittrice, conduttrice e autrice televisiva, è toccato l’onore e “la responsabilità” come lei stessa scrive di aprire la ‘ndocciata di Agnone, suo paese d’origine al quale la 46enne è così legata tanto da dedicargli il suo romanzo “Il grembo paterno”.

“Grazie Agnone, grazie a ogni ‘ndoccia e a ognuno di voi per darmi l’onore di aprire questa festa. Una festa la cui magia, unica, ha accompagnato come un controcanto la mia vita fin da quando ero bambina” scrive l’autrice. E sul romanzo spiega che “è dedicato proprio a questa terra: una terra che, appunto, è il mio grembo paterno, perché mio padre, Vito, è nato e cresciuto qui, qui ha formato la sua anima e il suo carattere che poi hanno formato i miei, quelli di mio fratello, oggi dei nostri figli. Avere per grembo il Molise è una responsabilità: perché questo è un meridione uguale solo a se stesso. Un meridione schivo, che non vive di sbandieramenti, che predilige i sentimenti radicati alle emozioni fugaci, come invita a fare la dorsale appenninica che inevitabilmente condiziona i pensieri e i sogni e il destino di chi vive qui”.

Per Chiara Gamberale il Molise “è un mistero”. “A Roma – continua –  dove io sono nata e cresciuta, c’è chi fa della facile ironia…Il Molise esiste? Chiede, perché proprio per la sua ritrosia a ogni forma di vanità, questa regione non si è mai sbracciata per farsi notare. Eppure, chi arriva qui è destinato a rimanere stregato, innamorato. Io ogni volta che ho invitato i miei amici – anche oggi sono venute qui con me da Roma tre famiglie a me carissime- li ho scoperti attoniti, immediatamente e intimamente conquistati. Di questa regione, Agnone è uno dei cuori che battono: l’Atene del Sannio. L’epicentro di una rivoluzione culturale e sociale silenziosa, che vide un piccolo popolo difendersi e imporsi. Come? Con la sua volontà e, appunto, con la forza che viene dalle radici dei suoi sentimenti, fra cui la volontà e il coraggio e la dignità e l’ardore, come ancora simboleggia la Tabula Agnonensis, Tavola degli Dei, oggi conservata al British Museum di Londra”.

Per la giovane scrittrice, Agnone è capitale della cultura lo è perfino senza rendersene conto “e anche per questo, oggi, caldeggio tanto la sua candidatura perché possa diventarlo ufficialmente. E’ un’epoca, la nostra, dove l’apparenza e la logica dei social rischiano di soffocare tutto quello che dà un senso al nostro essere umani nel mondo. La profondità degli affetti. La determinazione negli obiettivi. Il rispetto per la bellezza, per la verità, la fiducia nelle tradizioni. E io sono convinta che Agnone può ricordare all’intero Paese la necessità di rimanere ancorati a questi valori e nello stesso tempo a considerarli un trampolino per trasformare il futuro, nostro e della comunità. Come hanno fatto Gioconda Marinelli, Rosa Maria Delli Quadri, Paola Cerimeli, angelo di luce, per citare solo tre delle donne che hanno portato Agnone nel mondo. Come ha fatto il professor Luigi Gamberale, che nonostante il cognome non mi è parente diretto ma a cui deve tanto la mia formazione. Come ha fatto, fa e farà il Teatro Italo Argentino e la Fonderia Marinelli, nostra gloria, che del suono di Agnone inonda il mondo. Come fanno queste ‘ndocce, fiammiferi giganti che ci invitano a imitare le stelle, a fare come loro: che più il buio aumenta, più diventano belle. Come fa ogni angolo segreto, ogni timida chiesa, ogni cucina delle case di questo fiero e audace e ostinato paese”.

E conclude “Agnone, grembo paterno e materno insieme, perché terra maestra di asperità e di accoglienze, di riservatezza e generosità, di istinti e di sapienza: ti vogliamo Capitale. Ma comunque, per noi, già lo sei”.

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