Tragedia di pozzo dolce

Unico indizio: una catenina al collo. La morte che rende visibile quello che Termoli non vuole vedere

In tanti oggi puntano il dito sulla condizione di assoluto degrado - ben nota a tutti - in cui versa quella zona a due passi dal centro e dal mare. L'episodio accaduto a Pozzo Dolce interroga la cittadinanza, che ora è costretta a fare i conti con gli invisibili, le cui esistenze ai margini sono svelate solo dalla cronaca nera

È stata la morte a rendere ‘visibile’ l’invisibile per eccellenza: il senzatetto deceduto ieri sera e ritrovato carbonizzato non ha però ancora un volto. Il fuoco ha arso il suo corpo e ogni segno di riconoscimento, a partire dall’abbigliamento, è stato distrutto. A restare intonsa è stata solo una catenina metallica, forse d’oro, e su questo aspetto gli inquirenti, coordinati dalla Procura di Larino, hanno avviato le loro indagini chiedendo riscontro anche ai volontari che forniscono assistenza alle persone senza fissa dimora del territorio e che quasi quotidianamente le incontrano.

City angels

Alcuni di loro, come la coordinatrice dei City Angels di Campomarino Annamaria Petruccelli, si sono recati (ieri e anche stamane) sul luogo della tragedia che è proprio lì, a poca distanza dal punto in cui ogni mercoledì sera portano, con un furgone, dei pasti in busta da distribuire a chi non ha una casa e in molti casi neanche un ‘lavoretto’. “Quando la sera usciamo – scrivono – non sappiamo mai cosa troveremo ma con cuore, professionalità, altruismo e senso civico faremo sempre ciò che possa essere di aiuto”. Come fatto ieri. “Ogni mercoledì alle 19.30 circa ci ritroviamo nel cortile della Caritas (vicino alla chiesa di Sant’Antonio) per dare assistenza con un pasto caldo, e una qualche forma di conforto come può essere una semplice chiacchierata, a una ventina di persone senza fissa dimora”. Venti persone che però non si presentano in maniera fissa ogni settimana, spiega la coordinatrice. “Ruotano, in totale sono molti di più, circa il doppio”. Un numero (chiaramente sottostimato) che ha l’effetto di uno schiaffo in faccia dato a una città che si pensa ‘immune’, o quasi, da queste situazioni. Molti che hanno scelto per il momento Termoli come base per vivere, anzi sopravvivere, sono dell’Europa dell’Est e forse è proprio questa la provenienza della vittima del rogo della sera di mercoledì 29 novembre.

Pozzo dolce baracca

È stata la Polizia, impegnata nella ricostruzione di quanto successo e nel capire chi sia l’uomo che ha perso la vita nella baracca di Pozzo Dolce, a chiedere ai volontari dell’associazione chi mancasse all’appello proprio ieri sera. Un nome su cui si condensano i sospetti pare esserci, anche tra i senzatetto stesso, ma prevale il timore di farlo. Anche fonti della Polizia, che non è ancora in grado di fornire un nome e cognome ufficiali, sembrano convergere su quello stesso nome. Si tratterebbe di un uomo giovane, di nazionalità romena. “Alcuni (senzatetto come lui, ndr) sono affranti e c’è chi ha detto No, non può essere lui. Non è giusto, era troppo giovane”, riferisce la volontaria che con le sue colleghe ha raccolto alcuni sfoghi. Non tutti però vogliono parlare: alcuni si sono chiusi nel loro silenzio. In generale per chi è abituato a vivere in strada le parole e la confidenza sono ridotte al minimo indispensabile. E nessuno è in grado di sostenere che lì, in quella baracca un tempo chiosco-bar, ci vivesse qualcuno.

materasso clochard sant antonio chiesa

C’è poi chi, come ogni mattina ma stavolta con un dolore in più nel cuore, fa jogging nella zona prima di tornare alla sua ‘casa’, un materasso e poche vettovaglie piazzate all’esterno della chiesa di Sant’Antonio. Proprio sul retro della chiesa fino a qualche tempo fa aveva trovato ‘casa’ l’associazione La Città Invisibile, che da anni gestisce un centro diurno per senzatetto e altre persone ai margini della società. Dopo un primo ‘sfratto’ (accompagnato peraltro da diverse polemiche e da interrogazioni politiche) dal locale in zona stadio, era stata individuata come sede provvisoria quella a pochi metri da Pozzo Dolce. Poi il trasferimento definitivo in via delle Acacie. Ma il ‘filo’ con la zona dove ieri si è consumata la tragedia (notoriamente frequentata da persone senza fissa dimora, come tutti sapevano) è rimasto, tanto che tre giorni a settimana viene garantito, oltre agli altri servizi, un trasporto navetta da e per Sant’Antonio. Ieri c’erano anche alcuni dei volontari della Città Invisibile a cercare di dare il loro contributo alle indagini. L’associazione da anni sottolinea il dramma che vive chi non ha una casa, che sottopone il tema all’attenzione pubblica e che ha per prima proposto alla politica locale il modello dell’housing first, con progetti di assistenza alloggiativa.

Pozzo dolce
Pozzo dolce
Pozzo dolce

Il recente dramma ha evidenziato con forza le contraddizioni di Termoli, cittadina che nonostante le sue piccole dimensioni si è scoperta ieri sera vulnerabile e alle prese con episodi di cronaca tipici delle grandi città. Oggi – con grande clamore social – si punta il dito contro lo stato di assoluto degrado a cui anni di inerzia hanno condannato una zona così di pregio del centro cittadino. Uno scandalo lungo decenni per i molti che in queste ore stanno commentando in vario modo la terribile notizia. Il clima in centro città è spettrale ma chi si incontra non parla d’altro. “Ora che ci è scappato il morto spero facciano qualcosa”: l’esternazione un po’ cinica che rispecchia il comune sentire di tanti.

Molti, sicuramente non tutti, si interrogano sulle responsabilità non solo delle amministrazioni pubbliche che governano e hanno governato la città (che beninteso difficilmente possono essere negate) ma anche di tutto il corpo sociale, di ognuno. “Forse dovremmo interrogarci tutti – così l’avvocata da sempre attenta ai diritti Tina De Michele -. Siamo quelli con le seconde case vuote, quelli che si voltano dall’altra parte, quelli che amministrano con gli spot pubblicitari, quelli che hanno sempre ragione ed è sempre colpa di qualcun altro”. Ricordiamo, inoltre, che un analogo incendio – non con questo epilogo infausto – si è verificato solo pochi mesi fa (a luglio) in quella stessa baracca che ha tutte le caratteristiche per essere un rifugio nei mesi più freddi.

Siamo sicuri che in tanti, anche oggi all’indomani del funesto episodio avvenuto in una zona centrale in cui paiono – metaforicamente ma soprattutto letteralmente – essersi spente le luci, stiano guardando altrove, nascondendo anche a loro stessi la propria responsabilità. Anche l’omissione lo è.

Sono passate poche settimane da due episodi che hanno avuto come protagonisti dei senza tetto. Era fine ottobre quando due clochard hanno subito un’aggressione – per cui è stato arrestato un 40enne – a poca distanza dalla roulotte in cui vivevano, vicino al Santuario di Madonna delle Grazie. Era settembre invece quando un’auto – divenuta dimora di un uomo termolese – nel parcheggio di Rio Vivo è stata data alle fiamme. In tanti ricorderanno poi la morte in strada di un uomo pugliese rimasto senza casa e stanzialmente dimorante a Termoli. Era novembre di 5 anni fa.    (rm)

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