Il caso a vinchiaturo

Prete contro ampliamento del cimitero (che scoppia). Il sindaco: “Una ripicca da quando abbiamo scoperto che il terreno non è della sua parrocchia”

La realizzazione di 500 nuove tombe in un terreno in disuso nelle mura cimiteriali risolverebbe l'emergenza tumulazione a Vinchiaturo. Ma il parroco del vicino santuario don Peppino Cardegna "prima è stato dinamico fautore della vendita, poi si è opposto in ogni modo alla vendita nel momento in cui è emerso che il legittimo proprietario del terreno è un diverso istituto ecclesiastico".

Il cimitero di Vinchiaturo è saturo. Ormai non c’è più posto per seppellire i defunti, tanto che il Consiglio comunale ha approvato recentemente una delibera per acquistare un terreno all’interno delle mura cimiteriali così da poter ampliare l’area e realizzare 500 nuovi loculi e tombe a terra.

Si direbbe una soluzione logica e anche rapida per risolvere il problema della tumulazione dei vinchiaturesi: la zona in questione, dal costo di 24 mila euro, si trova tra il santuario di Santa Maria delle Macchie e il vecchio convento. Un pezzo di terreno abbandonato e già destinato a servizi cimiteriali dove, in buona sostanza, non si potrà costruire mai nulla se non questo genere di manufatti. Il Comune, già proprietario dell’area cimiteriale, vorrebbe acquisire anche questo lotto per poter sanare, almeno per qualche anno, quella che inizia ad assumere i contorni una emergenza. Comprando quella parte di terreno pianeggiante e facilmente accessibile ne opererebbe anche la riqualificazione con costi certamente inferiori rispetto alla realizzazione di un nuovo cimitero e senza gravare eccessivamente sui cittadini quando dovranno richiedere la concessione.

Insomma, non ci sarebbe alcuna levata di scudi, persino l’opposizione in aula si è astenuta senza esprimere contrarietà all’indirizzo dato dal sindaco Luigi Valente. L’unico no al progetto è quello di don Peppino Cardegna, parroco della chiesa Santa Croce (che comprende anche il santuario di Santa Maria delle Macchie) e da qualche tempo in rotta con l’amministrazione municipale. Le sue prediche in chiesa ai fedeli in cui tira in ballo persino di emigrati all’estero e le millantate scoperte archeologiche sotto un terreno che – fino a prova contraria – è privo di vincoli da parte della Soprintendenza, minacciano la serenità di una comunità che, come nei vecchi film in bianco e nero di Peppone e Don Camillo, sembra messa nel mezzo di una contesa tra Stato e Chiesa.

Luigi Valente sindaco di Vinchiaturo
cimitero vinchiaturo
don peppino cardegna

“Eppure – come ha ricordato il primo cittadino – il 25 gennaio del 2022 il parroco, con nota sottoscritta da lui stesso, da un rappresentante del consiglio pastorale e dal segretario Caep, aveva proposto al Comune di Vinchiaturo l’acquisto di tale terreno e dell’adiacente conventino diruto. Successivamente però è emerso che la proprietà di tali immobili non è della parrocchia Santa Croce di Vinchiaturo, bensì dell’Istituto diocesano per il sostentamento del clero di Campobasso- Bojano; ovviamente non era possibile per il Comune di Vinchiaturo acquistare da chi non ne risulta proprietario e, pertanto, si è provveduto ad iniziare l’iter di compravendita con il suddetto Istituto Diocesano titolare del diritto di proprietà che si è subito detto disponibile a cedere il terreno al Comune di Vinchiaturo, consapevole dell’importanza e del valore, anche spirituale, del progetto. Ciò che mi rammarica, da cittadino prima ancora che da sindaco,  è l’atteggiamento assunto dal parroco di Vinchiaturo il quale, da prima è stato dinamico fautore della vendita, poi però si è opposto in ogni modo a detta vendita nel momento in cui è emerso che il legittimo proprietario del terreno è un diverso istituto ecclesiastico”.

Insomma, don Peppino Cardegna, non sappiano quanto consapevolmente perché irraggiungibile da giorni, avrebbe cercato di vendere qualcosa che non apparteneva alla sua parrocchia. L’Amministrazione lo ha scoperto solo dopo la prima delibera di proposta di acquisto del terreno che è stata inviata per conoscenza anche alla chiesa retta dall’ex parroco di Jelsi e alla Curia. Proprio la Curia è intervenuta dicendo che quel lotto di terra non era suo, tanto che quella prima delibera è stata annullata e ne è stata fatta una seconda in cui ci si è rivolti ai veri proprietari. Il Consiglio direttivo dell’Istituto diocesano ha già deliberato in favore della vendita che a questo punto continua a registrare solo l’opposizione di don Peppino “che minaccia addirittura il Comune e l’Istituto Diocesano di azioni legali a tutela della parrocchia” ha aggiunto un sempre più sconcertato sindaco Valente.

Se queste “azioni ostruzionistiche” siano, come ritiene il primo cittadino, “un capriccio personale o una ripicca a danno dei cittadini”, è una sua deduzione. Sicuramente il parroco non poteva vendere qualcosa che non gli apparteneva perché questo potrebbe configurare anche una truffa ai danni del Comune che ha già annunciato “che metterà in atto ogni più ampia ed opportuna azione legale o amministrativa affinché le irragionevoli pretese di qualcuno non pregiudichino il preminente, urgente ed attuale interesse collettivo”.  (ad)

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