L'intervista

“Con la Gigafactory costruiamo il futuro dei nostri figli. Sindacato ultimo presidio sociale”

Francesco Guida, responsabile territoriale della Uilm, è ottimista: "Termoli ha una grande opportunità ma bisogna lavorare tutti per preservare posti di lavoro e continuità dei contratti"

La Gigafactory come l’apertura dello stabilimento Fiat. O come l’inizio della produzione del motore Fire. Due eventi epocali che hanno segnato la storia industriale e indirettamente sociale ed economica di Termoli e del Molise. Francesco Guida, segretario responsabile della Uilm Molise, è convinto che la realizzazione della Gigafactory Stellantis avrà lo stesso impatto sul territorio.

“Stiamo costruendo il futuro dei nostri figli, del Molise e delle regioni limitrofe” afferma durante una intensa chiacchierata con Primonumero sul futuro di quella che era la Fiat e oggi è Stellantis, ma che soprattutto tramite la nuova società ACC costruirà in Molise la prima fabbrica di batterie d’Italia, terza in Europa. “Lo so che molti dicono che non si farà, purtroppo nel mondo ci sono tanti pessimisti. Io invece sono ottimista di natura”.

Francesco Guida

 

Questo scetticismo è dato forse dalla poca chiarezza sui tempi di realizzazione dello stabilimento.

“Non abbiamo ancora una data di partenza della Gigafactory ma è certo che entro giugno 2024 bisognerà iniziare a costruire. La Gigafactory francese, gemella rispetto a quella che sorgerà a Termoli, è stata completata in 13-14 mesi e avvierà la produzione nel 2024. Per Termoli la previsione è che inizi la produzione nel 2026 e arrivi a pieno regime nel 2030”.

Anche perché il 2035 non è così lontano. Da quell’anno nell’Unione Europea non si dovranno più produrre auto con motore endotermico.

“Esatto, la scelta non è nostra ma della politica, fatta dall’Unione Europea e noi in Europa ci stiamo. Dobbiamo capire quindi che dal 2035 bisognerà costruire solo auto elettriche. O entriamo in quel mondo o andiamo tutti a casa. In questo senso Termoli ha una grande opportunità. Ci sono stabilimenti che oggi producono componenti che non servono per l’auto elettrica. Lì o fai una riconversione o non c’è altro da fare”.

Anche a Termoli ci sono produzioni che a breve non esisteranno più.

“L’esempio lampante è il cambio, l’auto elettrica non ce l’ha. I 350 lavoratori del settore cambi presto non serviranno più. Per questo la transizione energetica deve andare di pari passo con la transizione dei lavoratori, che andranno formati per nuove mansioni. L’auto del futuro sarà un computer che va su quattro ruote e sarà riparata da remoto”.

Oggi a Termoli ci sono circa 2100 dipendenti, la Gigafactory ne assicurerà circa 1800. Come si risolve questo problema?

“Oggi l’età media della popolazione lavorativa alla Stellantis di Termoli è di 42 anni. I lavoratori che nell’arco di 5-6 andranno naturalmente in pensione senza incentivi sono circa 500-600. Quindi mancheranno alcune centinaia di lavoratori per arrivare a 1800 dipendenti. Prevediamo un incremento della logistica e di ingegneri del settore chimico. Ma la questione più importante è un’altra”.

Quale?

“Al ministro Urso abbiamo già detto di portare al tavolo ACC, Stellantis, Regione e sindacati per mettere nero su bianco il passaggio di tutti i dipendenti che oggi sono Stellantis ad ACC. In sostanza occorre garantire la continuità lavorativa, quindi tutti i lavoratori ma anche gli scatti d’anzianità e i benefici vari. Fra questi vanno compresi non solo i 2100 dipendenti Stellantis, ma anche i circa 100 dell’indotto e altri 100 lavoratori di mensa, infermeria e pulizie. Non esiste che la nuova società riparta da zero”.

Al tavolo andrà discussa anche una nuova tipologia di contratto?

“Il punto è anche questo. A oggi manca un contratto di riferimento del settore. Dovrebbe essere lo stesso contratto metalmeccanico Fiat, ma va chiarito. Al di là della Fiat, oggi si parla tanto di salario minimo, io dico che non bisogna andare sotto una certa soglia ma al tempo stesso nemmeno smantellare i contratti. Spesso infatti non c’è conoscenza approfondita di quello che prevede il contratto”.

Anche sulla sicurezza?

“Questo è l’argomento principale oggi. Per noi va istituito l’omicidio sul lavoro. Oggi c’è l’omicidio colposo ma in galera non ci va nessuno. Bisogna inasprire le pene e aumentare i controlli. Servono più ispettori del lavoro. Altrimenti rimarremo a parlare di morti sul lavoro”.

gigafactory ACC

 

Tornando alla vecchia Fiat, la situazione attuale in Stellantis com’è dopo la bufera Covid e la crisi dei microchip?

“Paradossalmente è buona. Tutto lo stabilimento è in salita produttiva. Il motore Fire ha richieste dalla Turchia, il GSE è in crescita perché Stellantis ha chiuso lo stabilimento in Polonia. Il T4 ha richieste perché gli stabilimenti americani non riescono a produrre un numero sufficiente di pezzi. Anche i cambi hanno delle produzioni in coda da ultimare. Per questo arriveranno circa 400 trasfertisti da Melfi, una buona parte in realtà sono già arrivati”.

Il rallentamento è previsto però già dal 2024. Come si può evitare che provochi uno choc economico-sociale?

“C’è in ballo la questione del motore Fire. La normativa europea Euro7 prevede che dal 1 luglio 2025 non si potrà più produrre il Fire. In sostanza quella produzione andrà fermata per legge. Ne discutiamo da un anno e mezzo, sottolineando che un passaggio così netto rischia di accelerare i problemi. Anche altre case automobilistiche hanno già chiesto di rendere più morbido il passaggio all’Euro7, semplicemente consentendo di produrre ancora il Fire. Quanto e come non è così importante, ma anche altri governi europei come Germania e Francia stanno spingendo l’Ue a rivedere questa decisione. Entro ottobre dovremmo avere novità”.

Nel frattempo il mercato dell’elettrico non decolla.

“Oggi il compratore è disorientato. Non sa se acquistare un’auto Euro7, se passare già all’elettrico. E quand’è così non compra e le case automobilistiche non vendono. In Italia poi siamo ancora indietro per l’elettrico, almeno nei centri urbani, mentre sulle autostrade iniziano a esserci molte colonnine. Così come siamo molto indietro sulle infrastrutture per la guida autonoma”.

Non c’è il timore che sia proprio l’auto come mezzo di locomozione ad andare in crisi?

“Al di là dell’auto, bisogna capire che avremo bisogno di batterie. Che siano per vetture, bici o smartphone. Quindi a prescindere dalla mobilità la Gigafactory è una grande opportunità. Parliamo di un investimento da 2 miliardi e mezzo e in tutta Europa si prevede in futuro che ne vengano realizzate 60 da diverse grandi aziende. Poi è chiaro che ci sono tante incognite, dalle emissioni all’energia di cui avrà bisogno, ma io non ho ancora visto un’azienda totalmente green”.

La prima Gigafactory è quella di ACC a Billy-Berclau in Francia, una sorta di banco di prova.

“Sì, è gemella rispetto a quella di Termoli. 25 dipendenti Stellantis del nostro stabilimento sono lì in questo periodo per fare formazione. Sono impiegati, ma anche tecnici e manutentori, altri ancora partiranno nei prossimi mesi. Torneranno fra un anno e mezzo per avviare la Gigafactory italiana”.

Molto resta ancora da decidere ma si intuisce da parte della Uilm un certo ottimismo.

“Questo è il futuro, per i prossimi 30 anni. La Gigafactory avrà un impatto simile all’apertura dello stabilimento di Termoli nel 1972 e l’avvio della produzione del motore Fire nel 1986. Ma la partita è collettiva, l’ho già detto sia a Roberti che a Della Porta. Perdere questa opportunità significherebbe cancellare la Regione Molise. Vorrei che tutte le persone capissero l’importanza economica e sociale della Gigafactory”.

In questo senso il ruolo del sindacato ha ancora senso?

“Assolutamente sì. Oggi circa il 70 per cento dei dipendenti Stellantis è iscritto a un sindacato e di questi, 600 sono iscritti Uilm. Rispetto a 20 anni fa è cambiato tutto e in particolare le leggi sono più sbilanciate a favore delle aziende. Il ruolo del sindacato è quello di tornare in campo riportando quell’equilibrio che c’era. L’esempio americano è palese, quella è una battaglia profonda e se ne stanno interessando sia Biden che Trump. In Italia invece nessun politico se ne interessa”.

E fuori dal settore industriale?

“Lo vediamo tutti i giorni nei patronati, le persone vengono da noi per chiedere aiuto su tutto. Oggi i sindacati sono rimasti l’ultimo presidio sociale, se togliamo la Chiesa, cioè parrochie e  Caritas”.

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