Termoli

Paziente oncologica, ma la mammografia slitta a novembre 2024. “Sono andata dai privati, ma chi non può pagare come fa?”

La testimonianza di una donna giovane in cura dopo un linfoma particolarmente aggressivo, che deve fare esami specifici ogni sei mesi. Ma le liste d'attesa sono intasate e la prima data utile con il pubblico è fra un anno e 2 mesi. "Sono andata in una struttura privata, ho pagato 160 euro, ma mi chiedo anche come faccia chi non ha disponibilità"

Ha rischiato di morire, a causa di un tumore – un linfoma, a essere precisi – particolarmente aggressivo. Alla fine, grazie all’intervento di specialisti (purtroppo in strutture extraregionali) è sopravvissuta all’intervento (delicatissimo), a cicli pesanti di chemioterapia e radioterapia. Irene (nome di fantasia per tutelare la privacy) è una cinquantenne residente in un centro nell’hinterland di Termoli, dove si trova l’unico ospedale pubblico del basso Molise, il San Timoteo. Qui Irene che è soggetto ad elevato rischio dovrebbe poter avere la garanzia di controlli e cure adeguate, ma il problema si chiama “lista d’attesa”. E non è trascurabile. In questo mese la paziente, per la sanità classificata come ‘codice rosso’ (nessun riferimento a violenza, si parla di priorità clinica) deve ripetere gli esami, “perché – come lei stessa racconta – non puoi considerarti al sicuro dalla recidiva se non sono trascorsi almeno 5 anni. E nel mio caso di anni non è trascorso nemmeno uno…”.

Dunque controlli, esami, visite, diagnostica. “È chiaro che ora questa è la mia priorità, che sapendo di dover fare una serie di controlli prescritti mi sono attivata chiamando il prima possibile il cup dell’ospedale San Timoteo per prenotare una mammografia al termine del periodo ‘verde’ e in u momento in cui ho cominciato ad avvertire dolori e tensioni al seno che mi hanno fatto spaventare a morte. Ho pensato che sarebbero stati necessari pochi giorni, al massimo una settimana, prima di potermi sottoporre al controllo. In fondo sono una paziente oncologica, ad alto rischio” prosegue Irene, che ha lottato con tutte le sue forze in questa non voluta convivenza con la malattia.

Però l’autostrada che credeva di poter percorrere in quanto a esami diagnostici si è rivelata una mulattiera, perché la risposta del centro unico di prenotazioni l’ha gelata. “La prima data utile per una mammografia è a fine novembre 2024”.

Tra un anno e due mesi. Una eternità per chi si trova nelle sue condizioni e deve necessariamente considerare la prevenzione clinica l’unico salvavita. “Non potevo crederci – dice ancora – e non ho potuto non domandarmi quale data mi avrebbero dato se non fossi una paziente oncologica. Il 2030, forse…”

Inutile, in ogni caso, farne un dramma esistenziale. “Ho messo mano al portafogli e immediatamente mi sono rivolta a una struttura privata di Termoli per fare la mammografia. 160 euro. La tac costa 350 euro, e immagino che dovrò pagare anche quella se i tempi di attesa sono questi perfino per donne nella mia attuale condizione”.

Irene è una delle tante, una dei tanti (molisani) che fa i conti con il problema dell’attesa negli ospedali. Le considerazioni che si possono fare rispetto sono scontate. Compreso il primo effetto ‘collaterale’ che balza in mente quando la sanità pubblica fissa un esame cruciale per una persona malata di tumore dopo un anno e oltre.

Irene non si lascia andare alla retorica, ma riflette su una cosa: “Va bene così, ho fatto l‘unica cosa che potevo. Ma mi ha colpito, e profondamente, vedere pazienti di ogni età e ogni ceto sociale in attesa presso la struttura in questione, una clinica privata dove gli accertamenti diagnostici e le visite ambulatoriali hanno un costo elevato, come succede in tutte le strutture del genere. Parlando con loro ho capito che molti avevano chiesti soldi in prestito per potersi curare”.

È normale, quando si parla di salute, rivolgersi ai privati se si trovano bloccati gli accessi nel pubblico. “È un po’ quello che succede con il dentista – spiega un medico che conosce bene la situazione – e che ormai si sta diffondendo anche al resto della sanità perché è effettivamente molto complicato accedere a controlli sistematici”.

“Ma questo – avverte il professionista – succede anche per un abuso di richiesta di esami diagnostici non sempre giustificati, che sono la conseguenza di una mancanza di filtri, a cominciare dal medico di base che prescrive esami a iosa anche quando magari non servirebbero, e che concorrono ad aumentare a dismisura le liste di attesa”.

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La medicina difensivistica, che prevede che i medici debbano risarcire anche dal punto di vista economico i pazienti che li denunciano, in assenza di una depenalizzazione dell’errore medico, è uno dei maggiori alleati di infinite liste d’attesa. E a rimetterci sono proprio i pazienti che ne hanno più bisogno: i malati oncologici, i cronici, i poveri che per carenza di disponibilità finanziaria trascurano la prevenzione.

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