Il verdetto sul delitto di natale

Omicidio Micatrotta, la famiglia: “Sentenza ingiusta”. Prencipe: “La verità verrà fuori in Appello”

Omicidio volontario (e poi rissa, lesioni, detenzione del coltello) perché – stando alle ipotesi messe in piedi per spiegare il dispositivo di sentenza (in attesa che vengano rese pubbliche fra 90 giorni le motivazioni) – Giovanni De Vivo (condannato oggi a 15 anni e 4 mesi di reclusione) accettò il rischio che quella notte fra il 24 e il 25 dicembre del 2021 qualcosa di letale potesse accadere.

Omicidio volontario, perché lui – Giovanni De Vivo – aveva il coltello fra le mani e sempre lui ha colpito al collo di Cristiano Micatrotta nell’ambito di una rissa. Un solo colpo, letale, che ha tolto la vita al giovane geometra campobassano di 38 anni.

Respinta la premeditazione, la Corte d’Assise di Campobasso questa mattina – 14 settembre – si è espressa con una condanna che nega le attenuanti generiche e che imputa a De Vivo la responsabilità della morte di Cristian.

Insoddisfatti i parenti della vittima, che in aula, durante la lettura del dispositivo, hanno palesato la loro delusione per una condanna “che non fa giustizia”.

“Fate pena” hanno detto abbandonando l’aula in preda allo sconforto seppure coscienti che – come recitava lo striscione attaccato da alcuni amici davanti all’ingresso del Tribunale – “nessuna condanna vale una vita”. Al di là di questo, però, il verdetto “non ci regala neanche la consolazione della giustizia”, il commento a denti stretti.

L’avvocato Fabio Albino, che ha rappresentato in aula la famiglia di Cristiano, insieme ai colleghi Domenico Fiorda e Roberto D’Aloisio, ha commentato: “Siamo consapevoli che per arrivare a questa conclusione, la Corte D’Assise ha stabilito chi è stato l’autore di quel delitto, come lo ha fatto e perché. L’Appello? Parlarne adesso sarebbe un errore di principio. Quando saranno note le motivazioni se sarà ben spiegato perchè non è stata dichiarata la premeditazione, sarebbe inutile ricorrere in Appello. Se invece, al contrario, saranno presenti lacune in tal senso, allora certamente penseremo anche al secondo grado di giudizio”.

 “Questo è solo l’epilogo del primo tempo – ha detto invece il difensore di Giovanni De Vivo, l’avvocato Mariano Prencipe –. Caduta l’aggravante della premeditazione, registriamo una pena che tutto sommato si attesta nella media nazionale. Questo però è solo un aspetto, perché sono convinto che spesso la strada della verità è tortuosa e in questa convinzione credo che restino aperte altre possibilità per convalidare quella verità di cui siamo convinti e che accerteremo in sede di Appello”.

 

commenta