Il caso

Khaled resta in carcere, l’avvocato: “Diritti violati”. Petizione per liberare l’italo palestinese

La moglie campobassana del traduttore italo-palestinese, prigioniero delle autorità israeliane dal 31 agosto scorso, ha pubblicato un aggiornamento sulla situazione di El Quaisi che non può parlare col suo avvocato e viene sottoposto a interrogatori senza difensore. Oltre tremila persone hanno già firmato una petizione per chiedere la sua liberazione.

Comparirà di nuovo davanti al giudice il 14 settembre Khaled El Qaisi, l’italo-palestinese trattenuto dalle autorità israeliane al valico di frontiera di Allenby mentre tornava a Roma da un viaggio a Betlemme con sua moglie, la campobassana Francesca Antinucci e il loro bimbo di 4 anni. Il 7 settembre si è tenuta a Rishon Lezion (a sud di Tel Aviv), l’udienza relativa alla proroga del suo trattenimento in carcere conclusasi con una nuova scadenza di detenzione per altri 7 giorni.

In questa udienza il detenuto e il suo difensore non hanno potuto comparire congiuntamente, finora impossibilitati per legge a vedersi e comunicare. In questa occasione si è appreso del suo trasferimento presso il carcere di Ashkelon.

“La nostra viva preoccupazione – scrive Flavio Albertini Rossi, legale della famiglia di Khaled in Italia – è rivolta al totale spregio dei diritti di civiltà giuridica operati dalla legislazione israeliana ovvero alla violazione di quelle tutele, comunemente riconosciute in Italia (art. 13-24-111 della Cost.) e in Europa (art 6 CEDU) e in seno all’ONU (artt. 9-14 Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici), la cui osservanza consente di definire un processo ‘equo’ e un arresto ‘non arbitrario’. Dopo 9 giorni di detenzione a Khaled è stato impedito di interloquire con il proprio difensore di fiducia e non potrà certamente incontrarlo quantomeno fino al 12 settembre. E’ quotidianamente sottoposto a interrogatorio senza la presenza del suo difensore ed è quindi solo mentre affronta domande pressanti poste dai poliziotti nella saletta di un carcere. Non gli è consentito conoscere gli atti che hanno determinato la sua custodia e la sua possibile durata; non sa chi lo accusa, per quale ragione lo faccia, cosa affermi in proposito. Anche i motivi del suo arresto appaiono assolutamente generici e privi di specificità, fondati esclusivamente su meri sospetti e non su indizi gravi di colpevolezza.

Tuttavia, ciò che rappresenta maggior ragione di inquietudine e preoccupazione è la facoltà concessa all’autorità israeliana di poter sostituire, in difetto di prove, la detenzione penale con quella amministrativa. Condizione giuridica nella quale si trovano altri 1.200 palestinesi ristretti in carcere senza un’accusa formale, senza alcuna prova e senza poter conoscere le ragioni del loro trattenimento.

In considerazione dell’allarmante situazione detentiva di Khaled e del mancato rispetto dei suoi diritti umani si chiede che si faccia tutto il possibile per ottenerne l’immediata liberazione e il suo ritorno in Italia”.

Tra le azioni messe in campo per la liberazione di Khaled El Qaisi è stata attivata una petizione. Oltre tremila persone l’hanno già firmata, chiunque può farlo collegandosi a questo indirizzo.

Ecco il testo: Alcuni giorni fa, un cittadino italo palestinese, si è recato in Palestina, insieme a moglie e figlio, al suo ritorno in Italia, e stato incarcerato dalle autorità israeliane davanti a sua moglie e il figlio di 4 anni, senza dare nessuna spiegazione e senza la formulazione di qualsiasi accusa. Noi, di Voci nel silenzio e della comunità palestinese abbiamo inoltrato una mail all’indirizzo del presidente del consiglio, del ministro degli affari esteri, ai presidenti del senato e della camera, ed intendiamo diffondere a tutti i livelli, per chiedere l’immediata liberazione del nostro connazionale. Israele persegue una strategia di intimidazione per impedire a tutti noi di lottare, di esprimere opinioni tenta di impedirci di rivendicare i nostri diritti, contro questa pratica criminale che rievoca tempi trascorsi si persecuzione razziale e fascista. Chiediamo a tutte/I di condividere questa battaglia con noi. Sottoscrivendo e diffondendo questa petizione, espressa nel modo più semplice.

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