Termoli

Lavoratore in cassa integrazione ingiustamente per due anni, Fiat condannata

Il Giudice del Lavoro ha disposto il reintegro del dipendente Fca e il pagamento di quanto perso dall'operaio dal settembre 2021 a oggi

La Fiat è stata condannata a reintegrare al lavoro un dipendente ingiustamente tenuto in cassa integrazione per quasi due anni e costretta a pagargli il risarcimento.

È stato accolto infatti il ricorso promosso da un lavoratore della FCA Italy Spa di Termoli, Renato Marino, assistito dall’avvocato Marialucia D’Aloisio del foro di Vasto, sospeso illegittimamente dal lavoro per intervenuta cassa integrazione ordinaria il 15 settembre 2021 fino al mese di aprile 2023.

Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Larino, dottoressa Silvia Cucchiella, con la sentenza dello scorso 19 aprile ha condannato la società FCA Italy S.p.A. “al pagamento in favore di Renato Marino del risarcimento del danno pari alla differenza tra la retribuzione piena spettante ed il trattamento di integrazione salariale percepito dal 15 settembre 2021 alla data di pubblicazione della presente sentenza, oltre interessi legali sulla somma via via rivalutata dalle singole scadenze al saldo”.

La sentenza si spiega col fatto che “benché il Decreto Legislativo 148 del 2015 disciplinante la materia non preveda un obbligo di rotazione, deve rilevarsi che, secondo il condivisibile orientamento della giurisprudenza di legittimità, il potere di scelta dei lavoratori da porre in cassa integrazione guadagni, riservato al datore di lavoro, non è incondizionato, ma è sottoposto al limite (di carattere interno) derivante dalla necessaria sussistenza del rapporto di coerenza fra le scelte effettuate e le finalità specifiche cui è preordinata la cassa e che devono essere realizzate, e dall’obbligo di osservare i doveri di correttezza e buona fede imposti dagli artt. 1175 e 1375 c.c., oltre che dall’ulteriore limite (di carattere esterno) derivante dal divieto di discriminazioni fra i lavoratori per motivi sindacali, di età, di sesso, di invalidità o di presunta ridotta capacità lavorativa”.

“È evidente” precisa l’avvocato Marialucia D’Aloisio che “il datore di lavoro doveva garantire la rotazione a tutti i lavoratori che svolgono le medesime mansioni anziché scegliere discrezionalmente i lavoratori da sospendere. Il mio assistito dal mese di settembre 2021 è stato richiamato in azienda solo da qualche settimana e in tale arco temporale ha subito notevoli danni di natura economica”.

 

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