Una carriera non comune

Il larinese Paolo Di Paolo è stato anche il fotografo dell’Arma dei Carabinieri

Paolo Di Paolo ha conquistato i suoi 98 anni. E’ innanzitutto un larinese purosangue. In altri tempi è stato un creatore di immagini (non un ‘semplice’ fotografo); ma non è stato solamente un immaginifico, dal momento che ha voluto dedicare il proprio tempo vitale agli studi di filosofia ed al settore dell’editoria.

L’attività più nota al gran pubblico è stata, ad esempio, la continua collaborazione con l’Arma dei Carabinieri. Sono stati opera sua ben oltre una quarantina di calendari della Benemerita che, ad ogni Natale e ad ogni Capodanno, troviamo affissi un po’ dovunque in ogni parte d’Italia. Storicamente il primo esemplare apparve a Firenze nel 1928, quando Di Paolo aveva solo 3 anni. Com’è noto la diffusissima pubblicazione sviluppa temi attinenti alla storia di questa prestigiosa istituzione militare ed è diventata un oggetto di collezionismo, fino a sfiorare la tiratura di oltre un milione di copie nel 1996. Nel contempo, sempre per l’Arma, il Larinese ha curato una ventina di almanacchi.

La biografia racconta che, per conseguire la maturità classica, il Di Paolo si trasferì a Roma per poi iscriversi alla Facoltà di filosofia de “La Sapienza”. Qui fu allievo di Guido De Ruggero ed amico di Lucio Colletti. Frequenta gli ambienti artistici della Capitale ed entra in contatto con Mario Mafai, Giovanni Omiccioli, Giulio Turcato, Antonio Corpora, Pietro Consagra, Carla Accardi e Mimmo Rotella. Poi decide di sviluppare – attraverso il mezzo fotografico – il proprio interesse per le arti figurative. Nel frattempo prende a lavorare nell’editoria e, nel 1953, viene nominato capo redattore di una nota rivista turistica. Nel 1954 inizia a collaborare con il settimanale ‘Il Mondo’ di Pannunzio, rivista per cui realizzò ben 573 immagini. Tra il 1954 e il 1956 collabora con la ‘Settimana Incom Illustrata’, poi per il settimanale ‘Tempo’ per cui realizza inchieste e servizi firmati con Pasolini e Cederna. Poi, come inviato, viaggerà in Urss, in Iran, in Giappone e negli Usa. Realizza importanti reportage su Umberto II, su Enzo Ferrari e su Anna Magnani. Con Pasolini a con ‘Annarella’ instaura un rapporto di fiducia, riprendendoli sui ‘set’ de “Il Vangelo secondo Matteo” e di “Mamma Roma”.

Anni or sono ritornò alla luce, grazie alla figlia Silvia, una gran parte del suo corposo archivio fotografico, rimasto confinato in cantina per troppi anni. L’Editore Marsilio ne trasse un volume di 304 pagine, riconsegnandolo alla memoria degli Italiani. Per il Direttore di ’MAXXI Arte’ Bartolomeo Pietromarchi questa documentazione rappresenta “il racconto di un’epoca unica (l’Italia del primo dopoguerra) a cui un fotografo ha saputo dare uno spessore culturale, psicologico, artistico ed antropologico. Volti noti, e sconosciuti, riemergono dal passato in pose e ritratti, restituendo prossimità ed intimità. Di Paolo ha raccontato un’Italia uscita frastornata e ferita dalla guerra, tra complessità, contraddizioni e speranze di un mondo che doveva recuperare velocemente un tempo passato”.

Alla vicenda vitale del larinese Paolo Di Paolo, anni addietro, fu dedicata una mostra che aprì i suoi battenti, a Roma, voluta dalla Presidente della Fondazione MAXXI Giovanna Melandri, con Gucci ‘main sponsor’. L’evento si avvalse di 250 foto, in parte inèdite. Molte furono quelle dedicate all’Italia, alle donne a capo velato del Campobassano (che portavano le tine per l’acqua sulla testa). Di Roma Di Paolo ha immortalato le pose della nobiltà e della società internazionale che frequentava la Capitale in quel tempo. Per la Sezione dedicata agli attori c’era Kim Novak che stira al ‘Grand Hotel’, Sophia Loren con l’immancabile Marcello Mastroianni, Monica Vitti col grande regista Michelangelo Antonioni, Simone Signoret ed Yves Montand… Poi c’erano foto di Giorgio De Chirico, di Guttuso, di Lucio Fontana, di Tennessee Williams e di Giuseppe Ungaretti, di Mina, di Moravia e della Cardinale (e tante altre, rimaste inedite, per l’intimità che le pervade, e che sarebbe stato inappropriato cedere ai giornali).

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