Paralisi della chirurgia per mancanza anestesisti

L’appello dei medici per il San Timoteo che muore: “Andiamo avanti per la popolazione, ma la Asrem deve trovare una soluzione”

Fausto Rosati, presidente regionale del sindacato dei medici Federazione CIMO-FESMED e dirigente medico in servizio al reparto di Otorinolaringoiatria all'ospedale di Termoli, parla del momento oltremodo critico per lo stop agli interventi programmati. "Finora si è andati avanti con le prestazioni aggiuntive da parte di un anestesista proveniente dal Veneziale. Ma questa non può essere più la risposta, ora serve una soluzione definitiva"

In soli tre giorni di blocco delle sale operatorie dell’ospedale San Timoteo di Termoli, da lunedì 30 gennaio a ieri 1 febbraio, sono stati annullati 15 interventi chirurgici programmati. Questa la conseguenza pratica – e drammatica – del fatto che siano ormai solo 4 gli anestesisti in servizio nel nosocomio bassomolisano. Da lunedì vengono garantite – come annunciato – sole le urgenze indifferibili.

Per funzionare a pieno regime il San Timoteo avrebbe bisogno di 10 anestesisti, cioè più del doppio di quanti ce ne sono attualmente. La situazione oggi è più critica che mai sebbene da tempo si intuisse che si sarebbe arrivati a questo punto e si è tirata la cinghia, ma ora non è più possibile. Con 4 anestesisti la misura è colma e non si può operare regolarmente, tantopiù che nei turni notturni va garantita per legge la presenza di 2 professionisti.

Rimangono dunque nel limbo circa 700 pazienti già in lista d’attesa che – per tempo indefinito e finchè non cambieranno le cose – ci resteranno. E chiaramente le liste – di chirurgia generale, ortopedia, ginecologia, otorino, urologia e oculistica (insomma le specialità rimaste al San Timoteo) – necessariamente si allungheranno a dismisura, dal momento che non possono essere più garantiti i 25 interventi che mediamente venivano eseguiti ogni settimana.

A Otorino, tanto per fare un esempio, “5 anni fa facevamo circa 750 interventi nei 12 mesi, oggi al massimo arriviamo a 250 e mediamente sono meno complessi, il peso delle operazioni si è infatti abbassato. Ora siamo in una situazione peggiore di quella di 3 anni fa, prima del Covid insomma”.

Faustino rosati medico Cimo

“L’attività chirurgica dell’ospedale era stata già drasticamente ridotta a causa della carenza di personale – commenta Fausto Rosati, Presidente regionale del sindacato dei medici Federazione CIMO-FESMED – ma il blocco attuale è insostenibile. Al momento ci sono pazienti ricoverati che devono essere operati e con cui non sappiamo come comportarci. Parliamo di patologie importanti, e ogni giorno di attesa rischia di aggravare il quadro clinico del paziente”.

 

È un grido d’allarme quello che arriva dal sindacalista-dirigente medico del San Timoteo, in questo caso del reparto di Otorinolaringoiatria. La voce che giunge ‘da dentro’ è chiara: “Cosa ci stiamo a fare qui dentro? Ambulatorio? Noi le prestazioni ambulatoriali le facciamo, ovviamente servono anche quelle e noi ne facciamo tantissime. Continuiamo a lavorare, insomma, però la gente ha bisogno di interventi”. Si avverte un senso di svilimento, che però non è affatto rassegnazione. “Non poter dare risposta al paziente non per nostra inefficienza ma perché non ci è permesso è qualcosa di inaccettabile, che come medici ci manda fuori di testa. Noi però andiamo avanti, lo facciamo per la popolazione. Ma da cittadino residente a Termoli, con 3 figli, io sono veramente preoccupato”.

Finora l’attività è andata avanti anche a forza di prestazioni aggiuntive, ‘a gettone’. Nel caso specifico del San Timoteo, questa soluzione ha avuto il volto – e le mani – di un professionista anestesista in servizio all’ospedale di Isernia in ‘trasferta’ circa una volta a settimana a Termoli. Ma non è più una soluzione praticabile, e non solo perché lo specialista in questione ha detto ‘no’. “Non può essere più quella la risposta. Le prestazioni aggiuntive sono su base volontaria, il medico non può essere obbligato dall’azienda ad erogarle ma tutto è soggetto al suo libero arbitrio”. Non parliamo infatti di un ‘ordine di servizio’. Sono prestazioni, queste aggiuntive, che chiaramente hanno un costo anche oneroso per l’azienda sanitaria ma a cui si è fatto vieppiù ricorso specie nell’ultimo periodo. “Ma non sono una soluzione definitiva, è una toppa che non risolve definitivamente il problema”, spiega Rosati.

Il problema di reperire specialisti in Anestesia e Rianimazione non si è creato negli ultimi mesi ma va avanti da tempo. Avvisi pubblici e concorsi per il reclutamento di personale sovente – come vi raccontiamo – vanno deserti e quando così non è stato comunque benefici per il San Timoteo non ce ne sono stati: nuovi anestesisti non sono arrivati. “Noi, come reparto di Otorino il cui primario (Gianni Serafini, ndr) è condiviso con l’ospedale di Campobasso, ne facciamo una a settimana di seduta operatoria al Cardarelli. Altre branche ne fanno 2 o 3 al massimo. Insomma non è che lì (al Cardarelli, ndr) le cose vadano molto meglio, nonostante siano 12 gli anestesisti in servizio. E parliamo dell’ospedale hub!”.
Ma – rincara Rosati – “un ospedale senza sale operatorie attive non ha motivo di esistere. Occorre trovare immediatamente nuovi anestesisti per integrare l’organico. In gioco c’è la salute dei cittadini”.

Quali soluzioni, allora? “Gli strumenti ci sarebbero, sono previsti dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro e l’azienda li conosce benissimo. L’Asrem si sta muovendo, è vero, ma ci sono dei problemi mai risolti”. La sensazione è che l’ospedale termolese sia un malato terminale cui per anni sono state negate le cure. Cure che – in questo caso – fanno rima con programmazione. “Un giovane medico perché dovrebbe venire qui a lavorare? Un giovane medico non cerca l’ospedale sotto casa, e non ne fa certo una questione di soldi. Un giovane medico, come è successo a me che anni fa mi sono trasferito qui da Roma e qui ho messo famiglia, vuole imparare e trovare un ambiente professionalmente stimolante che gli permetta di crescere”. Non ci stanno i medici a passare per ‘avidi’, insomma. L’incentivo economico non è quello dirimente.

Due i temi che i medici del territorio sottolineano da anni. Il primo: i concorsi devono essere a tempo indeterminato, non determinato. E troppo spesso non è così, il che non è compatibile con una programmazione di vita stabile per il neo assunto. E per quanto riguarda le borse di specializzazione – altro strumento che andrebbe maggiormente utilizzato – “si potrebbe pensare – altrove già lo fanno – a una sorta di clausula che preveda l’impegno del medico a rimanere almeno un tot di anni”.

Il secondo tema ‘scottante’ è relativo alla presenza – che nel caso del San Timoteo è un’assenza – di Primari di secondo livello, ovvero vincitori di concorso e non già nominati (i cosiddetti facente funzioni). A Termoli l’ospedale ne ha uno solo, mentre al Cardarelli e al Veneziale sono molti di più e molto si sta facendo in questa direzione. “Qui mancano figure apicali, professionisti di richiamo, e sono quelle che creano una gestione stabile oltre a una mobilità che qui una volta c’era ma ora non più”. E poi, volendo, una carta in più da giocare (fermo restando che non può essere l’unica) potrebbe passare da un maggiore investimento sugli stipendi invece che sulle prestazioni aggiuntive. Chiediamo se anche una Regione in piano di rientro per debito sanitario, come la nostra, lo possa fare. “Certo. E ricordiamoci che la nostra Carta Costituzionale tutela il diritto alla salute, ed è di questo che si sta parlando”.

Una strada va trovata, e anche in tempi brevi. “Sono sicuro – conclude il medico sindacalista – che l’Asrem si sta dando da fare. Non si può tacere però ora sullo stato delle cose. Così l’ospedale muore”.

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