Un finale diverso

Cosa ne sarà del Molise? Il 2023 tra elezioni, Gigafactory e perdita dell’autonomia

Per molti italiani il “Molise non esiste”. Eppure esiste un’evidente “Questione Molise” che anticipa e rinnova la “Questione meridionale”. Una questione di natura sanitaria, sociale, economica e presto costituzionale. “Cosa ne sarà del Molise?” A questa domanda i candidati alla presidenza della Regione dovranno dare una risposta sincera agli elettori molisani durante la campagna elettorale che a breve inizierà per concludersi con il voto nella tarda primavera.

Perché la Regione che ha giocato negli ultimi anni sulla profezia della propria presunta inesistenza potrebbe davvero scomparire da qui ai prossimi quindici anni. E con la parola scomparire non intendiamo solo il processo istituzionale che ci priverà dello status di regione autonoma, ma anche lo smembramento dell’attuale omogeneità geografica. Se non governiamo questo processo istituzionale innescato da una di crisi di identità, viste le pubbliche brame di annessione di alcuni politici di spicco delle regioni confinanti, quello che si prefigura come ipotesi probabile è uno spezzatino che smembrerà l’unità territoriale del Molise. Candidarsi a ricoprire il ruolo di presidente di un ente autonomo che dinnanzi a sé ha la concreta prospettiva della dissoluzione costituzionale e geografica, può avvenire solo avendo piena consapevolezza degli elementi di criticità da affrontare, ancor prima di proporre soluzioni possibili.

Quattro sono le principali criticità a nostro avviso da analizzare e affrontare: la crisi demografica, lo smantellamento della sanità pubblica, la precarietà del sistema di comunicazioni viarie, la scarsità di occupati a valore aggiunto. La prima criticità riguarda l’inarrestabile crisi demografica. Con l’attuale saldo demografico negativo attorno al 2% annuo il Molise nel 2040 sfiorerà la soglia dei 200.000 residenti, dopo che nel 2020 è scesa sotto quella psicologica dei 300.000. Numeri del tutto inadeguati per pretendere in futuro il mantenimento dell’autonomia regionale. La seconda riguarda lo smantellamento del sistema sanitario pubblico, commissariato da anni e piegato in modo impietoso dalla seconda ondata del Covid (novembre 2020 – maggio 2021), che ha fatto registrare in Molise il tasso di letalità pandemico più alto d’Italia. Il Molise oggi non è in grado di garantire appieno ai propri cittadini il diritto costituzionale alla salute. La terza criticità riguarda la precarietà del sistema di viabilità interno della regione privo di reti autostradali (esclusi i 30 km sulla costa dell’A14) e che registra il tasso di mortalità da incidenti stradali tra i più alti d’Italia. La quarta, infine, è la penuria di lavoro correlato al disastrato quadro dell’economia regionale che si regge di fatto, escluso il pubblico impiego, su pochissime realtà imprenditoriali e comunque non in grado di assorbire professionalità e competenze a valore aggiunto.

Proprio queste condizioni oggettive di crisi rendono il Molise paradossalmente un possibile laboratorio sociale e costituzionale. Qui si preconizza il destino di diverse aree del Mezzogiorno del Paese, alle prese con una crisi demografica inarrestabile, con la scarsità di produzione di ricchezza, con la contestuale mancanza di lavoro e di prospettive per le giovani generazioni costrette all’emigrazione, con l’incapacità delle istituzioni di garantire i diritti costituzionalmente garantiti, fra tutti quello alla salute. Ma proprio come in un laboratorio, nel tentativo di salvaguardare la propria autonomia regionale, il Molise ha come unica strada di salvezza: quella di sperimentare nuove soluzione e darsi una nuova identità. Divenire, in accordo con il governo centrale, la regione nel quale testare processi di governance istituzionali innovativi in grado di cambiare il finale di una storia che appare già scritta, come la più classica delle profezie che si autoavvera.

Il principale obiettivo che il futuro presidente della Regione Molise si deve porre nella prossima legislatura è quello di ridefinire l’identità regionale con un progetto capace di invertire il trend demografico: prima ancora che garantire più nascite, occorre un progetto che favorisca l’attrazione repentina di nuovi residenti. Ma come farlo? Con un’assunzione di responsabilità sul tema del cambiamento climatico. Proporre un patto ai residenti e al resto del Paese: il Molise, proprio in virtù delle sue ridotte dimensioni, si può candidare a divenire la prima regione autosufficiente dal punto di vista energetico da fonti rinnovabili e a emissioni zero, garantendo benefici economici sulle bollette energetiche e del gas. Parallelamente è necessario investire per la realizzazione di un hub tecnologico di trasmissione del sapere dal respiro europeo collegato alle competenze necessarie alla transizione energetica e al comparto dell’automotive che affianchi il nascente stabilimento della Gigafactory di Termoli realizzato dalla newco ACC, gigante europeo costituito da Stellantis, Mercedes-Benz, TotalEnergies, la cui prima pietra sarà posta nel prossimo autunno. In questo nuovo contesto il Nucleo industriale della Valle del Biferno deve divenire il luogo privilegiato lungo l’intera fascia adriatica italiana dove far atterrare le imprese altamente innovative sui temi della transizione energetica in procinto di abbandonare l’est asiatico, finita l’era della globalizzazione totale, per tornare a produrre all’interno di filiere continentali.

Infine, concordare con il governo centrale un processo accelerato di aggregazioni comunali per ridurre di un terzo gli attuali 136 comuni, soprattutto quelli delle aree interne, per poter fare massa critica nella gestione dei servizi pubblici, sperimentando anche un nuovo sistema sanitario basato sulla medicina territoriale diffusa.

Nulla è dato una volta per tutte. Come la democrazia va meritata ogni giorno, così l’autonomia regionale va difesa con intelligenza. Ma non ne va fatto un feticcio. Essa deve essere funzionale allo scopo per la quale è stata conquistata: far vivere meglio i residenti di questa terra. Possiamo lottare per restare una regione autonoma e un’entità geografica omogenea, ma non possiamo farlo al costo di ricevere in cambio servizi peggiori o addirittura vederci privati dei nostri diritti costituzionali. L’autonomia regionale non può servire solo al sostentamento di una piccola élite di politici e funzionari pubblici a discapito della comunità. L’autonomia deve garantire il benessere reale di tutti i cittadini. Altrimenti da chiave per lo sviluppo, come fu concepita, può trasformarsi, come sta avvenendo, in una trappola ideologica che vanifica, distruggendolo, un processo di crescita economica e sociale e che conduce alla dissoluzione di un’intera comunità.

I futuri candidati alla presidenza della Regione Molise devono essere consapevoli che la nostra regione continuerà ad esistere solo se in questa breve finestra temporale che coincide con l’avvio della transizione energetica decisa dall’Europa e della ridefinizione della globalizzazione economica scaturita dopo la pandemia e la guerra in Ucraina saprà ritagliarsi un coraggioso ruolo di avanguardia sui temi dell’innovazione tecnologica e del cambiamento climatico. Un’altra possibilità per il Molise non esiste.

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