Parte il processo

Omicidio Micatrotta: il “mazziatone” a De Vivo, il coltello senza ‘padrone’ e la coca che negli atti diventa “zucchero a velo”

Giovedì udienza preliminare: il giudice dovrà stabilire se rinviare a processo l’uomo indagato per la morte del giovane geometra di Campobasso ma dai messaggi telefonici prima del delitto si evince che l’amico di Cristiano, quello indagato per rissa, chiedeva “una spalla” per dare “mazz” a De Vivo che “sta fuori di testa. Sta bruciato. E’ assatanato”. Stando alle prime indiscrezioni le relazioni info-investigative celano diversi motivi di contrasto fra accusa e difesa

E’ questione di ore. La decisione del giudice Roberta D’Onofrio è attesa per giovedì 17 novembre. Una scelta che dirà se Giovanni De Vivo dovrà essere rinviato a giudizio (come quasi certamente accadrà), se dovrà quindi subire un processo con l’accusa di omicidio volontario o se invece chiederà di essere giudicato con un rito alternativo. E in questo caso – a fronte dei diversi aspetti emersi negli atti depositati in cancelleria – potrebbe non essere escluso un supplemento di indagini.

Il giudice potrebbe dover sciogliere diversi nodi, gli stessi su cui accusa e difesa si scontrano dal 24 dicembre 2022, giorno in cui Cristiano Micatrotta è stato ucciso da un fendente alla gola.

Il pubblico ministero parla di omicidio volontario, gli avvocati difensori sono certi che Giovanni De Vivo non volesse uccidere e che invece abbia reagito all’aggressione subita da parte di chi quella sera con Cristiano si è recato in via Giambattista Vico.

Lo spiegherebbe la chat telefonica prima delle 23 fra il giovane (amico di Cristiano) indagato per rissa e l’altro amico (erano in tre con Cristiano che si recarono in via Vico).

In messaggi whatsapp sia scritti che vocali, l’uomo accusato di rissa invita l’altro ad uscire con lui perché deve fargli “da spalla” con “Giovanni De Vivo” al quale deve fare “un mazziatone”.

Nei messaggi successi i due parlano di De Vivo come un “assatanato”, uno che “sta fuori di testa. Bruciato” e che “sta troppo ubriaco” dunque “per questo piglia mazz…”.

Uno dei punti discussi nelle migliaia di pagine che compongono il fascicolo è proprio lo scambio di messaggi fra le parti coinvolte in cui si esplica quella che pare dovesse essere una spedizione punitiva a carico di De Vivo. E questo aspetto pare legarsi inevitabilmente alla mancata individuazione di chi abbia poi portato l’arma (a tutt’oggi non sembra ci sia certezza al riguardo) e al movente.

De Vivo e gli altri parlano chiaramente di droga, di cocaina nello specifico, indicando nel “pacco” fatto a De Vivo il motivo della lite. Giovanni De Vivo aveva comprato un grammo di cocaina ma nell’involucro che gli avevano venduto al prezzo di novanta euro non aveva trovato nulla. Lo scambio di cocaina fra le parti coinvolte è una costante che compare nei messaggi ma gli investigatori mettono in dubbio si tratti di cocaina concludendo che – visto il periodo natalizio e la diffusione di pandoro sulle tavole e nelle case – si poteva trattare anche soltanto di “zucchero a velo”.

Il giudice dovrà valutare tutti gli atti per decidere se gli elementi raccolti siano sufficienti ad un verdetto (qualora si vada subito a sentenza senza processo) o se saranno necessarie ulteriori indagini.

Non c’è dubbio che sarà una giornata lunghissima. Impossibile fare previsioni sui tempi e ancor meno sul contenuto del provvedimento e sulle scelte delle due parti.

Servirà fornire la visione d’insieme indispensabile per consentire al giudice di decidere ricorrendo alla fondamentale regola probatoria e di giudizio dell’oltre “ogni ragionevole dubbio”.  

 

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