Economia & politica

Reddito di cittadinanza al capolinea, ma nel 2022 in Molise lo hanno chiesto 833 famiglie in più

Nel discorso programmatico alla Camera dei Deputati il premier Giorgia Meloni ha ribadito la sua idea sullo strumento introdotto dal Movimento 5 Stelle: "Per chi è in grado di lavorare, la soluzione non può essere il reddito di cittadinanza, ma il lavoro". Tuttavia, i dati della Cgil attestano l'aumento delle richieste soprattutto in provincia di Campobasso

Il reddito di cittadinanza è probabilmente al capolinea, nonostante sia percepito nel Paese da oltre un milione e mezzo di famiglie, di cui oltre 6mila nella nostra regione. Sono le parole del capo del Governo Giorgia Meloni, ieri nel discorso programmatico a Montecitorio, a far pensare che la misura abbia le ore contate. Riferendosi alle parole di Papa Francesco (“La povertà non si combatte con l’assistenzialismo, la porta della dignità di un uomo è  il lavoro“), il premier ha esplicitato l’intenzione di “mantenere e, laddove possibile, aumentare il doveroso sostegno economico per i soggetti effettivamente fragili non in condizioni di lavorare”.

Pensionati in difficoltà e invalidi non hanno nulla da temere. Anzi, ha ribadito Meloni, per queste persone “va aumentato in ogni modo il grado di tutela, e anche a chi privo di reddito ha figli minori di cui farsi carico. A loro non sarà negato il doveroso aiuto dello Stato”.

Invece “per chi è in grado di lavorare, la soluzione non può essere il reddito di cittadinanza, ma il lavoro, la formazione e l’accompagnamento al lavoro, anche sfruttando appieno le risorse e le possibilità messe a disposizione dal Fondo sociale europeo. Perchè per come è stato pensato e realizzato, il reddito di cittadinanza ha rappresentato una sconfitta per chi era in grado di fare la sua parte per l’Italia, oltre che per se stesso e per la sua famiglia”.

Eppure i dati offerti oggi dalla Cgil vanno in controtendenza: nel 2022 in Molise le richieste sono in aumento, 833 famiglie in più sperano di accedere alla misura di sostegno al reddito. “I dati dei nuclei familiari richiedenti Reddito o Pensione di Cittadinanza in Abruzzo e Molise – evidenziano dal sindacato – rispecchiano la situazione di crisi e di difficoltà che sta colpendo principalmente i soggetti più fragili, le cui condizioni sociali ed economiche stanno rapidamente peggiorando. Sono, infatti, 1.924 in più le famiglie che nel 2022 hanno richiesto questa misura in Abruzzo e 833 in Molise. Complessivamente i nuclei coinvolti sono stati, quest’anno (fino al 30 settembre) rispettivamente 22.890 e 6.184. Un dato in linea con la crescita che si è registrata a livello nazionale: come lo scorso anno, infatti, le famiglie abruzzesi richiedenti sono l’1,9% del totale nazionale e lo 0,5% quelle molisane”.

La Cgil evidenzia anche le differenze geografiche: il reddito di cittadinanza è stato richiesto più in provincia di Campobasso (+757) (“qui si registra una forte crescita di domande”), che in provincia di Isernia (+76). “Numeri – osserva l’organizzazione sindacale – che rimandano ad una situazione di disagio sociale, solo parzialmente mitigata da una misura che mediamente vale, per ogni nucleo, 524 euro in Molise. Complessivamente le persone che hanno beneficiato del sostegno sono state, nell’anno in corso, 61.903 in Abruzzo e 16.726 in Molise”. Inoltre, “i nuclei familiari maggiormente coinvolti dal sostegno, sono quelli con un solo componente e quelli con 4 componenti di cui almeno un figlio minore”.

La Cgil dunque conferma anche quanto emerso qualche giorno fa, dopo l’ultimo rapporto sulla povertà della Caritas che ha costituito l’occasione per chiedere agli esponenti della politica regionale (anche di centrodestra) se era opportuno abolire o meno il reddito di cittadinanza.

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“In un momento storico come l’attuale, dove i venti di guerra fanno i sentire i loro echi con bollette sempre più care e nella difficoltà generale di trovare lavoro, non è quindi immaginabile tagliare una misura che garantisce la sopravvivenza a tanti e tante”, insistono Carmine Ranieri (segretario generale Cgil Abruzzo Molise) e Mirco D’Ignazio (coordinatore regionale Patronato INCA Cgil).  “È evidente – concludono rivolgendosi al nuovo Governo di centrodestra – che, ad oggi, così come per gli altri ammortizzatori sociali (Naspi e cassa integrazione straordinaria in primis) a dover essere migliorate sono le politiche attive del lavoro: aiuto e sostegno concreto alla ricerca di un lavoro che consenta un’esistenza dignitosa a chi oggi non ce l’ha.
Ben vengano quindi, le politiche formative, di competenza delle singole Regioni e finanziate principalmente dalle risorse del PNRR, che si stanno mettendo in campo. Ma si faccia di tutto affinché siano davvero funzionali a dare risposte ai bisogni di chi non ha un’occupazione e non si limitino ad essere un “sostegno” ad enti formativi privati.

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