Rapporto caritas

Aumenta la povertà tra chi lavora: 1 su 4 utenti Caritas è occupato. La Cei: “Non abolire il RdC”

Quasi un italiano su 10 in consiizioni di povertà assoluta. Impressionanti i dati del XXI Rapporto Caritas, quello riferito al 2021. L’incidenza si conferma più alta nel Mezzogiorno (10% dal 9,4% del 2020). Le parole del presidente della Conferenza Episcopale Italiana sottolinea come sia fondamentale mantenere l'impegno del Reddito di Cittadinanza ma aggiornandolo.

Quasi un italiano su 10 è in condizione di povertà assoluta: parliamo di circa 5,6 milioni di persone di cui 1,4 milioni sono bambini. I numeri del nuovo rapporto Caritas sono impressionanti. Si chiama ‘L’anello debole’ il nuovo report della Caritas (il XXI, riferito al 2021) su povertà ed esclusione sociale.

Ebbene, nel 2021 la povertà assoluta conferma i suoi massimi storici toccati nel 2020, anno di inizio della pandemia. Le famiglie in povertà assoluta risultano 1 milione 960mila, pari a 5.571.000 persone (il 9,4% della popolazione residente). L’incidenza si conferma più alta nel Mezzogiorno (10% dal 9,4% del 2020) mentre scende in misura significativa al Nord, in particolare nel Nord-Ovest (6,7% da 7,9%).

Cresce da un anno all’altro l’incidenza delle persone straniere che si attesta al 55%, con punte che arrivano al 65,7% e al 61,2% nelle regioni del Nord-Ovest e del Nord-Est; di contro, nel Sud e nelle Isole, prevalgono gli assistiti di cittadinanza italiana che corrispondono rispettivamente al 68,3% e al 74,2% dell’utenza.

Ma non ci sono solo i senza lavoro, sebbene nel 2021 cresca l’incidenza dei disoccupati o inoccupati che passa dal 41% al 47,1%. Ci sono – altro elemento che deve far riflettere – i cosiddetti woorking poor ovvero coloro che, pur lavorando, sono poveri. In Italia il 13% degli occupati è in questa condizione di deprivazione. Il 23,6% di quanti si rivolgono ai Centri di Ascolto sono lavoratori poveri.

La povertà “deve essere combattuta”, attraverso “la possibilità di creare posti di lavoro”, ha sottolineato Papa Francesco. Importanti anche le parole del presidente della Cei Matteo Zuppi: “La sofferenza non può aspettare e non deve aspettare. Per guardare il futuro dobbiamo capire bene il presente”, ha commentato il cardinale che ha inoltre suggerito di utilizzare al meglio il reddito di cittadinanza. “È stato finora percepito da 4,7 milioni di persone, ma raggiunge poco meno della metà dei poveri assoluti. Bisogna mantenere questo impegno che deve essere importante in un momento in cui la povertà rischia di generare ancora più povertà nelle fasce più bisognose”.

Massiccio l’intervento degli sportelli Caritas sul territorio nazionale. Solo nel 2021 quasi 2.800 Centri di Ascolto Caritas hanno effettuato oltre 1,5 milioni di interventi, per poco meno di 15 milioni di euro, con un aumento del 7,7% delle persone che hanno chiesto aiuto rispetto all’anno precedente (227.566 persone). Anche nel 2022 i dati raccolti fino a oggi confermano questa tendenza.

Lo stato di indigenza è collegato al basso livelli di istruzione. “Si rafforza nel 2021 la consueta correlazione tra stato di deprivazione e bassi livelli di istruzione. Cresce infatti il peso di chi possiede al massimo la licenza media, che passa dal 57,1% al 69,7%; tra loro si contano anche persone analfabete, senza alcun titolo di studio o con la sola licenza elementare. Nelle regioni insulari e del sud, il dato arriva rispettivamente all’84,7% e al 75%”, si legge nel rapporto. “Strettamente correlato al livello di istruzione è, inoltre, il dato sulla condizione professionale che racconta molto delle fragilità di questo tempo post pandemico. Nel 2021 cresce l’incidenza dei disoccupati o inoccupati che passa dal 41% al 47,1%; parallelamente si contrae la quota degli occupati che scende dal 25% al 23,6%.

C’è un altro aspetto che inquieta, e che restituisce l’idea di un Paese non equo: la povertà intergenerazionale, con la trappola della povertà che oltrepassa le generazioni passando ‘da padre in figlio’. Il rischio di rimanere intrappolati in situazioni di vulnerabilità economica, per chi proviene da un contesto familiare di fragilità è, infatti, molto alto. Alla faccia dell’ascensore sociale.

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