Operazione white beach

Il rione San Bernardino di San Severo in Basso Molise: fornitori, staffette e corrieri di coca

La maggior parte degli indagati è originaria della Puglia ma risiede lungo la costa. I fortini dello spaccio organizzati a Campomarino, Termoli, Guglionesi, Sant'Elia e Portocannone. Nelle intercettazioni emerge la certezza degli indagati di poter fare "quello che vogliamo" perchè "al momento la piazza molisana non ha il totale controllo da parte dei clan"

“Qui ancora puoi fare quello che vuoi”, sono le parole al telefono di uno degli indagati in operazione “White beach” quando racconta del Molise.

Frase che di primo acchito potrebbe suonare “in Molise non ci sono controlli”. No, invece. Ascoltando la conversazione successiva tra i due soggetti (poi finiti in galera) gli investigatori concludono: “qui in Molise, vieni e spacci quando e come vuoi. Perché non ci sono clan che ti gestiscono”.

Una certezza che, se da un lato rincuora a conferma che le organizzazioni criminali non hanno ancora preso pieno possesso del territorio (perlopiù bassomolisano), dall’altra conferma “l’avanzata di affiliati ai gruppi sulla costa che ormai sono stabili in molti comuni dell’area”. E lo dice il Capo della Procura, Nicola D’Angelo, che ha partecipato questa mattina alla conferenza stampa convocata al Comando Provinciale dei carabinieri di Campobasso.

Il colonnello Delle Grazie aggiunge: “Abbiamo modo di credere che quanto portato a termine questa notte ci ha permesso di smantellare una piccola San Bernardino (rione di San Severo) ormai radicata in Molise”. E una delle persone arrestate è infatti stata immortalata nei video dell’imboscata in danno di Vittorio Brumotti (inviato di Striscia la Notizia) proprio al ‘San Bernardino’.

Gli spacciatori di San Severo del quartiere “San Bernardino” piazzavano cocaina ed hascisc a frotte di “clienti” in Molise per un giro d’affari da 6mila euro al giorno. Immagini, pedinamenti e intercettazioni sono racchiuse nelle decine di pagine dell’ordinanza cautelare “White Beach”, operazione di Dda di Campobasso e carabinieri. Così la gip Roberta D’Onofrio ha firmato 18 misure: quattordici in carcere, tre ai domiciliari, un obbligo di dimora. Quarantuno indagati.

L’indagine dimostra, ancora una volta, come l’attività dello spaccio di sostanze stupefacenti sia quella prediletta dalla criminalità pugliese e ne costituisca la principale fonte di approvvigionamento, e che la ‘piazza’ del quartiere di San Bernardino è irriducibilmente molto florida, al punto che molti degli indagati “arrivano proprio da lì”.

L’inchiesta nasce dopo il sequestro operato a San Martino in Pensilis (luglio 2019) di 800 grammi di eroina. Sequestro massiccio, ai danni di un uomo di San Severo. Che non si ferma lì. I carabinieri relazionano alla Dda: bisogna approfondire. E così accade. Emergono riscontri rilevanti rispetto ad ipotesi e dubbi degli investigatori. Da quel momento è una escalation di fatti e accadimenti che si susseguono fino ad oggi. Anzi, fino alla notte scorsa quando oltre 100 carabinieri della provincia di Campobasso bussano alle porte degli indagati ed eseguono misure e perquisizioni.

L’indagine “ha consentito di ricostruire – riporta ancora Nicola D’Angelo – le attività illecite di un gruppo di persone, ognuna con compiti precisi e strutturati, che riuscivano a garantire cocaina sul mercato molisano tutti i giorni senza essere costretti a spostarsi”. “La base operativa – aggiunge Luigi Delle Grazie – era Campomarino, dove ha sede il domicilio del principale indiziato”.

Un giro di soldi ad alti livelli (con guadagni che, secondo un calcolo approssimativo, si aggiravano sui seimila euro al giorno), e questo lo dimostrano diversi elementi. In primo luogo, il numero dei sequestri: durante l’attività, infatti, in pochi mesi è stato sequestrato un chilo di cocaina, quasi un chilo di eroina, e hascisc. Questo a dimostrazione del fatto che l’attività di spaccio era continua (almeno 700 cessioni in quattro mesi) e che si protraeva senza sosta. Secondo gli inquirenti “si stratta di sequestri fatti non soltanto nei confronti dei ‘semplici’ acquirenti, ma anche direttamente al fornitore”.

Stando alla ricostruzione eseguita dai carabinieri, gli arrestati sarebbero dei “veterani del mestiere, ai quali si sono aggiunti  le nuove leve”. Uno di loro, per esempio “in operazione Lungomare che risale al 2018 – spiega sempre il Capo della Procura – era (all’epoca) il fratello minore di uno degli indagati di quella indagine che pure sbarrò la via del traffico di droga fra la Puglia e il Molise”.

E la rete appare “solida, stabile”. Al suo interno si coniugano gli interessi di vari soggetti tra di loro convergenti. Tutti hanno lo stesso obiettivo: fare soldi attraverso la compravendita della droga.

“Il meccanismo adottato segue uno schema consolidato – spiegano durante la conferenza stampa il Procuratore D’Angelo e il Colonnello Delle Grazie – parte l’ordine verso il rifornitore che risiede a Campomarino, qui si reca lo spacciatore, lo paga, preleva lo stupefacente e va via”. Porta a porta, così come spesso avviene la consegna successiva.

Nella maggior parte dei casi, gli spacciatori si recano dal ‘capo’ senza alcun preavviso, essendo già sicuri di trovare quello che cercano. Per gli acquirenti abituali, alcuni degli indagati avevano predisposto il quantitativo in base ai soliti acquisti, per accelerare i tempi, garantendo il perfetto funzionamento del sistema di compravendita.

L’oggetto della compravendita riguarda sostanzialmente due tipologie di droga: cocaina e hascisc. I legali difensori degli indagati – tra cui Pino Sciarretta, Mario Bellotti, Silvio Tolesino, Nicolino Cristofaro – chiamati durante le 24 perquisizioni avvenute nel corso della notte e in occasione della notifica delle misure restrittive, in queste ore stanno acquisendo le informative e gli atti necessari in prospettiva dell’imminente interrogatorio di convalida.

leggi anche
La retata
La scia della droga da San Severo al Molise: legami coi boss e giro d’affari da 6mila euro al giorno
Dopo white beach
Ancora droga da San Severo: ragazza di 24 anni arrestata mentre spaccia nel parco di Termoli
Mantenere alta la guardia
Il cittadino si rivolge al boss e non al Comune: quel “consenso sociale” che rafforza la criminalità organizzata