Sentenza con colpo di scena

“Il mio patrigno ha abusato di me”, ma era falso. Bambina ritratta dopo 3 anni, era stata bullizzata da compagni

E' accaduto in un paese del Basso Molise: il racconto in un compito in classe mentre in una chat whatsApp una bambina di 11 anni riceveva richieste di foto che la immortalassero nuda. Lei racconta di abusi e violenze. Invitata dall'insegnante a spiegare, per paura di ritorsioni da parte dei presunti amici, attribuisce le colpe al marito della mamma. L'uomo è stato sottoposto a misura cautelare di allontanamento, la bambina trasferita in una casa protetta. Poi il processo e il colpo di scena: l'imputato 'innocente' è stato assolto

È la storia di un uomo di trentacinque anni e della figlia undicenne della sua compagna. Una famiglia, residente in un piccolo centro del basso Molise, composta da altri 2 bambini nati nell’ambito del nuovo matrimonio che conduceva una vita tutto sommato normale e serena come qualsiasi altra famiglia. Fino al 2019.

Quando la bambina più grande, in un compito in classe, racconta di un suo disagio personale. Scrive di essere triste e ribadisce in quelle righe, quasi fino allo sfinimento, che “io certe cose non le faccio io. Io sono una ragazza seria”. Parole che allarmano l’insegnante che chiama la bambina chiedendole spiegazioni.

La ragazzina racconta di avances subite e molestie. Mentre si sfoga omette, però, di raccontare che in quel periodo – iscritta in una chat di gruppo whatsapp – alcuni compagni le chiedevano foto nuda, pena l’esclusione dalla cerchia di amici. Così quando la docente le pone la domanda specifica di chi la facesse sentire così triste, la piccola per paura di subire ulteriori ritorsioni dice “è il mio patrigno”.

Scatta la segnalazione ai carabinieri, che ascoltano mamma e figlia in caserma. In quella occasione la bambina conferma quanto aveva detto alla docente, la mamma invece è incredula. “Non è possibile, me ne sarei accorta. Mio marito è un padre premuroso” continua a dire. Ma la Procura di Larino avvisata dell’accaduto dai militari applica a stretto giro le misure in attesa della fine delle indagini: l’uomo viene allontanato in un altro comune. La bambina viene destinata a una casa protetta.

Trascorrono mesi, arriva l’incidente probatorio in questura a Campobasso. Qui, dopo due anni dai fatti denunciati in quel tema, la bambina viene ascoltata nuovamente da tutti gli esperti e i consulenti. E iniziano le prime titubanze. Racconta di un patrigno che l’avrebbe portata dal ginecologo per un mal di pancia, ascoltato il medico questi dirà in sede di processo: di non aver mai visto nessuno dei due.

Il processo dunque, con un uomo alla sbarra accusato di violenza sessuale aggravata e continuata. La penultima udienza nella quale a distanza di tre anni entra in aula una bambina cresciuta, stringe un foglio tra le mani e chiede al giudice di poter leggere quella lettera perchè più capace di esporre i fatti senza emozionarsi.

“Caro avvocato – scrive – ho mentito perché sono bullizzata. In realtà a molestarmi sono stati i miei compagni e io quando ero più piccola ho avuto paura di parlare. Avevo paura facessero male a me e alla mia famiglia ma non pensavo che accusare il mio patrigno gli provocasse così tanti problemi. Io gli voglio bene e oggi, che ho due anni in più, ho preso coraggio e ho deciso di raccontare la verità”.

Una deposizione che lascia l’aula a bocca aperta. La piccola ha ritrattato tutto e anche la psicologa, che l’aveva già ascoltata in precedenza, sentita dai giudici dice: “Io ho relazionato sui segnali evidenti di disagio della bambina non sull’autore di quel disagio”.

Nelle scorse ore il Tribunale di Larino ha dunque assolto l’uomo da ogni accusa. Ha revocato la misura cautelare che lo teneva lontano dalla sua casa e anche la piccola ha lasciato il rifugio protetto per riabbracciare la sua famiglia.

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