Food e sostenibilità

Si spreca troppo cibo: aumentano povertà e inquinamento. Le regole da seguire

Oggi si celebra la giornata internazionale di consapevolezza sugli sprechi e le perdite alimentari indetta dalle Nazioni Unite. Una giornata che pone al centro della riflessione comune un maggiore senso di cura e attenzione nei confronti di ciò che si acquista e si consuma

Tanto, troppo cibo va sprecato. In Italia e in Europa ancor più che nel resto del mondo. Gli italiani, per esempio, sprecano almeno due chili di frutta e verdura al mese. Dati che nel 2022 sono ulteriormente preoccupanti perché – come scrive il Banco Alimentare di Abruzzo e Molise – aumenta la povertà e calano le risorse economiche per aiutare chi non può sempre portare un piatto a tavola.

Oggi – 29 settembre – si osserva la giornata internazionale della Consapevolezza sugli Sprechi e le Perdite Alimentari e inevitabili sono gli appelli delle associazioni sparse sul territorio, regionale e nazionale, al governo affinché il sostegno al Terzo Settore rappresenti un punto fermo delle prossime politiche sociali e non limitato a contributi soltanto straordinari.

Nel primo semestre del 2022 Banco Alimentare ha salvato dallo spreco 19.845 tonnellate di cibo. Tra i vari alimenti quelli più recuperati sono stati frutta, verdura e pane e prodotti simili: si tratta di beni importanti per una dieta equilibrata, distribuiti però in minor quantità alle persone che ne hanno bisogno e che aumentano di giorno in giorno

Risparmiare lo spreco di cibo – come dicono gli esperti – significherebbe minimizzare fra le altre cose anche la propria impronta ambientale. Così, per esempio, adottare poche e fondamentali regole potrebbe aiutare a vivere meglio. Tutti.

“Sebbene lo spreco avvenga lungo tutta la catena alimentare, si stima che gli sperperi dei consumatori ammontino a ben un terzo di tutte le pietanze preparate e servite sulle nostre tavole” scrive nel suo vademecum Fabio Iraldo, professore ordinario di Management presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. “Alla luce di queste considerazioni, si può constatare quindi che le persone dovrebbero essere educate e sensibilizzate sulla necessità di adottare una dieta sostenibile e incentivate a ridurre al massimo gli sprechi”.

Le nostre abitudini alimentari infatti incidono profondamente sulla qualità dell’ecosistema in cui viviamo, tanto che la produzione e il consumo di cibo è responsabile di oltre il 35% degli impatti ambientali complessivi. 

Allora, ecco cinque regole, che possono contribuire a vivere meglio e con più consapevolezza. La prima, avviata la cottura di un piatto, si possono spegnere i fornelli ed utilizzare il calore accumulato per una cottura passiva, senza sprecare energia.  La seconda,  di molte verdure soltanto il “frutto” è edibile, dunque preferire le verdure interamente edibili aiuta a evitare questi sprechi. La terza regola riguarda i condimenti (sale, zucchero e olio): andrebbe minimizzato il loro uso in virtù dell’impatto non irrilevante delle loro filiere.  Quarto punto: alcuni alimenti, come ad esempio la pasta, richiedono un consumo idrico che impatta fortemente sull’ambiente. E allora una volta cotta, per esempio, proprio la pasta, quell’acqua si potrebbe riutilizzare per la preparazione di altri piatti. “Anche l’acqua utilizzata per lessare le verdure, peraltro ricca di sostanze nutritive e minerali, può essere impiegata come ingrediente per altre preparazioni”.  Infine, quando si sceglie un prodotto alimentare da acquistare sarebbe opportuno optare per quei prodotti dal packaging più “leggero”, oppure fatto di materiali innovativi (biodegradabili) o, meglio ancora, composto di materiali riciclati.

Poche, semplici, regole ma che potrebbero rivelarsi determinanti nell’impatto che gli sprechi hanno sull’ambiente e sull’economia di un Paese.

“Dall’inizio dell’anno – scrive per esempio il Banco Alimentare – e fino ad oggi 85.000 persone in più (ormai quasi 1.750.000) si sono rivolte a una delle 7.600 strutture caritative che sosteniamo in tutta Italia attraverso la distribuzione gratuita di prodotti alimentari. Oltre alla diminuzione dell’8% del recupero di eccedenze dall’Industria e dalla Grande distribuzione, la difficile situazione economica ha avuto ricadute negative anche sui nostri costi di gestione che sono cresciuti del 45% tra logistica, trasporti ed energia elettrica. Registriamo inoltre anche un calo del 30% delle donazioni economiche da aziende e da privati. Finora siamo riusciti a portare avanti il nostro lavoro quotidiano cercando di dare risposta alle tante persone e famiglie che si trovano in difficoltà ma non nascondiamo di essere preoccupati per i prossimi mesi”.

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