Quando ha visto entrare i carabinieri in quella stanza ricavata vicino alla legnaia, dove è stata rinchiusa per 22 anni, gli occhi di speranza si sono spenti appena – dietro ai militari – ha notato la presenza del fratello e della cognata. Perché loro sono gli autori delle angherie e delle privazioni a cui una donna di 67 anni è stata costretta dal giorno in cui è venuto mancare il marito.
Quindi ha chinato di nuovo il capo, ha abbassato lo sguardo. Non ha parlato con i carabinieri in quella stanza. Ha, invece, continuato ad avere paura. La stessa che l’ha tormentata per anni ed anni.
Quando il maresciallo le ha chiesto di accompagnarlo in caserma per eseguire un accertamento, lo ha guardati e lo ha seguiti. In silenzio.
Ma una volta in ufficio, ad accoglierla, ha trovato il personale dell’Arma e i consulenti della Procura di Campobasso che – subito – le hanno garantito protezione e sostegno. Le hanno illustrato gli orizzonti che l’aspettavano da lì a qualche ora lontana da quel tugurio, dai maltrattamenti, dal freddo, dalle privazioni. E lei ha iniziato il suo racconto, lo ha fatto con queste parole: “Finalmente sono libera, grazie”.
Segregata in una stanza per 22 anni, corde e chiodi per non farla fuggire. Liberata dai carabinieri
Ha ringraziato i carabinieri che erano lì, ha raccontato senza alcuna titubanza le violenze subite e ha firmato di suo pugno la denuncia: il primo atto libero dopo 22 anni.
Finita la parte doverosa degli atti da compilare e delle relazioni da trascrivere, la donna è stata immediatamente trasferita. Lontano. In una struttura dove – come hanno specificato i consulenti della Procura di Campobasso – darà forma alla sua voglia di “resilienza”.
Già. Perchè questa donna piccola e minuta, di 67 anni, vedova dal 1995, ha avuto la forza di affrontare la privazione della sua libertà e dei maltrattamenti senza mai mollare, mai disperare. Auspicando tutti i giorni che qualcuno prima o poi si accorgesse di lei e delle condizioni in cui era costretta a vivere da ben 22 anni.
Ma se non fosse sopraggiunta una denuncia anonima inviata ai carabinieri, nessuno probabilmente si sarebbe mai esposto per capire che fine avesse fatto questa donna. E proprio al riguardo, le indagini non sono chiuse.
Lei, che ha sempre vissuto in questo piccolo paese, popolato da un migliaio di anime, improvvisamente era diventata invisibile?
Gli inquirenti non ci credono. Ipotizzano, invece, che molti sapessero e che forse hanno scelto (perchè?) di non parlare. Le indagini ora sono indirizzate proprio su questo canale. Nei prossimi giorni i carabinieri coordinati dal procura del capoluogo, potrebbero ascoltare gli amministratori del comune, i servizi sociali e gli operatori sanitari. Vogliono capirci di più e verificare anche altre ed eventuali responsabilità su una storia che nel 2022 fa accapponare la pelle sia per la violenza perpetrata ai danni di questa signora sia per la probabile omertà che ancora una volta colpisce e macchia il comportamento di quella che ama definirsi “società civile”.
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