I partiti ai raggi x

L’analisi: i candidati locali “tirano”, i ‘vecchi nomi’ in soffitta. Il monito delle urne al centrosinistra: divisi si perde

Roccaforti, centri di potere, ma a contare è stata soprattutto la scelta dei nomi: le elezioni politiche del 2022, al di là delle sedicenti vittorie, possono essere lette in differenti modi. E possono dare indicazioni utili in chiave Regionali 2023

All’indomani delle elezioni arriva immancabilmente la tentazione di ascriversi tra i vincitori e di ascrivere – di converso – gli altri tra i perdenti. Ma le interpretazioni in politica sono tanto svariate quanto sono le soggettività. Cerchiamo di analizzare il dato – anzi i dati – emersi da questa tornata elettorale, anche perchè le elezioni Regionali di primavera non sono poi così lontane e in un certo senso questa può essere considerata una prova generale. Con una precisazione, anzi due. La prima: i dati che proporremo sono solo (per comodità) quelli della Camera e non già del Senato (salvo alcune eccezioni emblematiche). La seconda: si tratta di elezioni politiche e non amministrative (comunali o regionali) pertanto resta determinante il cosiddetto voto d’opinione, quello cioè che premia il partito, il simbolo, se vogliamo l’ideologia, quanto piuttosto il singolo candidato. Al netto di ciò, i candidati (espressione di un determinato comune o territorio) hanno avuto il loro peso. Vediamo in che modo.

CENTRODESTRA

Il dato complessivo regionale premia – non v’è dubbio – il centrodestra che ha ottenuto 3 parlamentari su 4 (il quarto, andato al Pd, è stato possibile grazie all’arzigogolato meccanismo elettorale del flipper. In caso contrario avremmo parlato di ‘cappotto’ del cdx). La coalizione formata da Fratelli d’Italia, Forza Italia, Lega e Noi Moderati ha preso a livello regionale il 42.9% (quasi il 44% in Italia). Somma di 21.6% di FdI, 11.5% di FI, 8.6% di Lega e 1.6% di Noi Moderati (lista di riferimento del candidato all’uninominale Cesa).
Ma se è piuttosto lapalissiana la vittoria del centrodestra, trainata ad esempio da FdI a San Giacomo degli Schiavoni (comune del sindaco candidato e ora senatore Della Porta) e in diversi comuni amministrati da sindaci di area centrista in Basso Molise, il discorso si amplia per tanti altri centri.

FRATELLI D’ITALIA

Il partito dell’ex presidente (ora consigliere regionale) Michele Iorio – che è di Isernia – ha ottenuto, proprio nel capoluogo pentro, un risultato sopra la media regionale (oltre il 25%). Nella cittadina contesa (elettoralmente) tra Iorio e Patriciello insomma la vittoria sembra pendere per il primo.
Di Isernia però è anche la candidata (non eletta ma con un ottimo riscontro di consensi) Elisabetta Lancellotta. Entrambi i nomi, quindi, sicuramente hanno avuto un peso specifico importante per il risultato finale.

Come detto prima, l’exploit del partito della Meloni è stato evidente a San Giacomo degli Schiavoni, dove FdI ha schierato il sindaco (Della Porta), che alla Camera ha ottenuto circa il 30% delle preferenze. Non è risultato però neanche qui il primo partito, sorpassato (di poco) dal M5S. Discorso diverso per il Senato, dove era candidato appunto Della Porta: qui FdI ha avuto il 55% delle preferenze.

FORZA ITALIA

Il partito di Silvio Berlusconi in Molise – lo sottolineava ieri il candidato al Senato Nicola Cavaliere (peraltro assessore regionale) – ha ottenuto un risultato migliore che nel resto d’Italia. FI in Molise è però anche il partito di riferimento del presidente della Regione Donato Toma, della coordinatrice azzurra (candidata) Annaelsa Tartaglione e – ultimo ma non ultimo – del ‘dominus’ Aldo Patriciello. E allora è andato davvero tutto benissimo per il partito? Partiamo dai comuni di riferimento della candidata Tartaglione, ovvero Campomarino e Isernia. Nel comune bassomolisano (a guida centrodestra) Fi è arrivata al 12.75% (quindi oltre la media) e in generale ha vinto la coalizione di centrodestra (45.9%) ma insidiata dal quasi 31% di votanti che ha scelto il M5S. A Isernia invece, dove abbiamo visto essere andato forte FdI, Forza Italia è andata poco sopra il 10%. Il peso di Tartaglione-Patriciello nella terza città del Molise non è stato poi, a leggere i numeri, così forte. Diverso il discorso a Venafro e Pozzilli (veri ‘feudi’ dell’europarlamentare): qui Fi è rispettivamente oltre il 13% e il 19%.
Forza Italia è anche il partito del consigliere regionale Armandino D’Egidio, candidato al plurinominale 2 della Camera, di San Polo Matese. Qui FI ha davvero sbancato, ottenendo quasi il 40% dei voti di lista (il centrodestra in coalizione è arrivato quasi al 70%).

LEGA

La Lega è annoverata tra le ‘perdenti’ di queste politiche, dove ha ottenuto meno del 9% a livello nazionale e suppergiù la stessa cifra in Molise. I candidati erano in 2 casi su 3 di Termoli (Michele Marone e in seconda battuta Rita Colaci, entrambi amministratori comunali ed entrambi in corsa per la Camera) e in uno di Campobasso (il consigliere Alberto Tramontano). E proprio a Termoli il partito di Salvini ha quasi doppiato la percentuale di preferenze rispetto al risultato complessivo regionale.

Il caso Termoli

Nella cittadina costiera (Giunta di centrodestra con il sindaco Roberti di Forza Italia), la seconda del Molise per numero di abitanti, la Lega ha preso addirittura il 16%, poco meno del 17.5% ottenuto da FdI. Va detto che il primo cittadino ha sostenuto entrambi i candidati (Della Porta e Marone) e che pertanto i voti si siano così orientati in maniera quasi paritetica. Ma il centrodestra di governo della città, al netto delle citate candidature legate al territorio e per il quale si è speso il primo cittadino (che oggi ha dichiarato: “Da parte mia avevo fatto l’appello ai cittadini a votare, soprattutto su Termoli, chi ha a cuore le sorti di questo territorio e in modo particolare del basso Molise. Aver eletto un senatore di quest’area è una enorme soddisfazione”), non può cantare completamente vittoria: il M5S ha superato quota 29% di preferenze. Il cdx unito (e con tanti candidati locali) il 41%.

A Campobasso invece il risultato non premia Tramontano: la Lega è sotto il 6.7%.

NOI MODERATI

Risultato capestro per la lista più centrista della coalizione, che in Italia non è arrivata allo 0.9% e che in Molise (dove ha schierato peraltro il presidente Cesa all’uninominale della Camera) ha superato appena l’1.6%. Forse l’unica eccezione si è avuta a Isernia, cittadina di origine della candidata (ed assessore regionale) Filomena Calenda: qui la lista ha preso il 6.6%.

A Bojano (sindaco ‘civico’ Ruscetta e comune del presidente del Consiglio Regionale Salvatore Micone, espressione dell’area centrista) a stravincere è stato il centrodestra (oltre il 51% la coalizione ma con FdI al 25%, FI quasi al 18%, Lega all’8% e Noi Moderati neanche allo 0.7%). Dunque il ‘centro’ ha giocato un ruolo decisamente sottotono nella regione che per decenni si è vantata di essere “centrista e democristiana”. Non esiste più?

CENTROSINISTRA E PD

Debacle, si è detto. Il Pd – in coalizione con alleati piuttosto deboli e quasi tutti finiti sotto la soglia di sbarramento del 3% con la sola eccezione di Verdi-Sinistra – ha quasi toccato il suo minimo storico finendo la corsa sotto il 19% in Italia. In Molise è andata più o meno allo stesso modo, col risultato finale regionale fermo sotto il 18%. Ma è giusto fare alcuni distinguo territoriali. La sfida del Pd è stata amaramente persa proprio nel Basso Molise, area da cui il partito non ha pescato alcun candidato.

L’unica eccezione è Vittorino Facciolla (il segretario regionale del Pd) che però era schierato al plurinominale 2 della Camera, dunque con quasi nessuna chance di essere eletto, a meno che la capolista Cerroni (eletta grazie all’effetto flipper) non fosse stata eletta nel collegio del Lazio in cui pure era candidata e non avesse preso quel seggio lasciando quello molisano. Il consigliere regionale Facciolla, come arcinoto, è di San Martino in Pensilis dove è stato anche sindaco. Qui il Pd ha portato quasi il 40% dei voti alla coalizione di centrosinistra che si è affermata quasi col 43%, superando di oltre 10 punti percentuali il M5S. Il centrodestra invece nel paese della Carrese si è arenato sotto il 24%.

Ma altrove, in Basso Molise, non è andata così bene ai dem. Neanche in quei comuni amministrati da sindaci del Pd come ad esempio Guglionesi, Larino e (anche se con percentuali molto diverse) Portocannone. In tutti e tre i centri citati la lista (singola) che si è affermata è stata quella del M5S.

Discorso diverso in Alto Molise. Ad Agnone, paese della giovane neo-onorevole Cerroni, il Pd ha avuto il 42% delle preferenze. Ed è un dato con un risvolto significativo non trascurabile perchè sempre di Agnone è il capogruppo in Regione del M5S Andrea Greco. Se questa era una “prova di forza” in vista delle regionali, qui i pentastellati l’hanno persa. Percentuali altissime per il Pd anche a Capracotta (38%) e Castel del Giudice (40.5%). Piuttosto lampante la spiegazione, legata indissolubilmente alla scelta del nome sulla scheda.

Il caso Campobasso

C’è poi il caso-Campobasso, città di ben 3 dei candidati scelti dal Pd ovvero Rossella Gianfagna (preside del Convitto Mario Pagano), Alessandra Salvatore (consigliera comunale di opposizione) e Giuseppe Cecere (ex primario al Cardarelli). Nel capoluogo di regione però il Pd si è piazzato al terzo posto nella classifica finale delle liste. Col suo 21% è stato superato dal M5S (partito di maggioranza in Municipio) che ha ottenuto più del 25% (del M5S a Campobasso si dirà più giù, ndr). Certo, la coalizione (parliamo sempre e solo della Camera) è arrivata quasi al 30%, ma non ha vinto la sfida col centrodestra che si è preso quasi il 35% delle preferenze.

Il caso Riccia

Infine Riccia, roccaforte ‘rossa’ e paese della consigliera regionale Micaela Fanelli. Qui il centrosinistra è finito sul gradino più basso del podio (dopo centrodestra e M5S) fermandosi al 26%. Il Pd è andato sì meglio rispetto alla media nazionale (ottenendo il 23.1%) ma il bottino è stato – date le circostanze – sicuramente magro.

M5S

Il primo partito in Molise è il M5S ora guidato da Giuseppe Conte. Nessuna lista in regione ha fatto meglio di quel 24% e rotti conquistato ai seggi dai pentastellati. La seconda è stata – a livello complessivo regionale – quella di FdI con il 21.37%. Tutti gli altri, a partire dal Pd, sono quanto meno sotto il 20%. Tuttavia non va dimenticato che alle elezioni del 2018 il M5S ha riportato il 44% delle preferenze e che 4 dei 5 deputati molisani uscenti sono stati eletti con quel partito. Sicuramente il partito – che oggi è radicalmente cambiato – ha avuto un buon risultato in Molise, ma questo vale in termini assoluti e in politica i termini assoluti non significano nulla. Passare dal 44% al 24.3% non può essere ascritta come vittoria.
Il fatto poi che il M5S abbia ottenuto ampi consensi in tanti comuni del Basso Molise può essere collegato al fatto che l’area costiera (Termoli e hinterland) non avesse alcun candidato di centrosinistra. Così in tanti hanno barrato il simbolo delle stelle gialle come successo a Petacciato (33.5%), a Montenero di Bisaccia (27.5%), a Portocannone (26.6%, poco più del Pd che lì ha avuto il 23%). Il M5S ottiene il 33.8% a Santa Croce di Magliano, il 29% a Termoli, il 30% a Ururi, quasi il 31% a San Giacomo degli Schiavoni, il 31% a Larino, quasi il 30% a Campomarino e il 29% a Guglionesi.

Nella Agnone di Andrea Greco invece la partita è vinta dal Pd (leggasi Cerroni) mentre nella Venafro del consigliere Nola la cifra si aggira intorno al 28%.

Il dato di Campobasso, dove l’Amministrazione è targata M5S e dove il sindaco Gravina gode di un certo seguito, è però probabilmente sotto le aspettative (pentastellate, si intende). Il M5S è dietro le coalizioni del cdx e del csx anche se è indiscutibilmente il primo partito col 26% circa. Il Pd è il secondo col 21% e FdI è terzo col 20%. Insieme Centrosinistra e M5S avrebbero surclassato il centrodestra con un risultato di 55% a 35%.

A Isernia, invece, dove la Giunta Castrataro è espressione di un mix tra centrosinistra, M5S e civici, per i motivi (probabilmente) detti sopra (relativi alla forza elettorale di alcuni partiti – e nomi – del centrodestra), l’alleanza non avrebbe comunque permesso una vittoria (sarebbe finita teoricamente 47.15 a 43.3 per il centrodestra). Nonostante il candidato – al Senato – Balducci (originario di Isernia ma che evidentemente non ha avuto un grosso effetto-traino, a riprova che del 5S quello che tira di più è il simbolo).

TERZO POLO

Il partito frutto dell’accordo tra Calenda e Renzi non è andato oltre l’8% a livello nazionale e in Molise si è fermato sotto il 5%. I candidati molisani alla Camera Donato D’Ambrosio (uninominale) e la parlamentare uscente Giusy Occhionero (proporzionale) potranno consolarsi con i buoni risultati ottenuti nei loro paesi? Dipende. Se infatti a Santa Croce di Magliano, ‘campanile’ di D’Ambrosio, la lista Azione-Italia Viva ha raggiunto quasi il 18%, a Campomarino (cittadina della parlamentare nel 2018 eletta nelle fila di Leu e grazie all’effetto flipper del Rosatellum) invece la lista è abbondantemente sotto il 4%.
Al Senato (per il proporzionale) invece il candidato era il sindaco di Vinchiaturo Luigi Valente e ben un elettore su quattro ha scelto lui.

NOI CON MASTELLA

Il Molisannio non deve essere piaciuto molto ai molisani dal momento che la lista di Clemente Mastella alla Camera ha preso poco più dell’1.1%, nonostante il risultato bulgaro ottenuto a Sant’Angelo Limosano, paese del sindaco-candidato William Ciarallo. Nell’articolo che segue alcuni dettagli a riguardo.

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