Termoli

Poco personale e boom di accessi in Pronto soccorso, l’odissea di un’anziana: “7 ore per un naso rotto”

Il racconto 'amaro' di una cittadina su una disavventura avvenuta ieri, 6 agosto, al San Timoteo di Termoli. Cronaca di 'ordinaria' difficoltà estiva nel reparto di emergenza

Sono entrate al San Timoteo alle 11 del mattino e sono uscite nel pomeriggio inoltrato. La testimonianza arriva da Monica, termolese, che ha dovuto accompagnare la madre, 83enne e fragile, in Pronto Soccorso perchè “è caduta e si è rotta il naso”. Peccato che nel reparto delle emergenze dell’ospedale San Timoteo le due donne ci abbiano passato quasi 7 ore “senza che a mia madre facessero niente”. “E – aggiunge la donna raggiunta al telefono non appena tornata a casa dopo la lunga giornata trascorsa nel nosocomio – è successo lo stesso a un’altra donna, sempre accompagnata dalla figlia, che come mia madre aveva un ‘caso’ più difficile e che è entrata alle 10 ed è uscita poco prima di noi, tanto che la figlia a un certo punto ha dato in escandescenza e ha pensato di chiamare i carabinieri”.

Pronto soccorso ‘invaso’ da cittadini e turisti? “Non direi che c’era tantissima gente. Un via vai continuo, un ricambio, quello sì”. Il personale, di contro, è quello che è e – si sa – alla ‘cronica’ carenza di organico si sommano le ferie di questo periodo estivo. La testimonianza della signora Monica va in questa direzione. “Io ho visto un medico, di nazionalità straniera (uno dei dottori venezuelani, ndr), oltre agli infermieri. Io e mia madre abbiamo aspettato per tutta la mattina e anche oltre per fare i raggi ma mancava il radiologo. Solo verso le 14 è arrivato e mia madre è stata sottoposta all’esame radiologico. Poi altre ore di attesa, non è ben chiaro perché. Alla fine ci hanno rimandato a casa, senza che nel frattempo a mia madre avessero fatto niente, dicendo di tornare lunedì perché l’otorino non c’era”.

È tanta l’amarezza della donna per il trattamento riservato alla madre. “Lei ha più di 80 anni ed è rimasta a digiuno per tutto il tempo. Dicevano che era necessario se avessero dovuto farle degli esami, cosa che poi non hanno fatto al di là dei raggi. Non le hanno fatto neanche una flebo, per essere sicuri che gli zuccheri non andassero giù. Le ho portato io dell’acqua e ha sorseggiato appena quella”. E ancora: “Non le hanno dato un antidolorifico, né il ghiaccio per il naso tumefatto. Ha usato quello secco che si era portata lei da casa, ma poi si è scaldato”. Monica non si spiega tutte quelle ore di attesa ‘vane’. “Poi ci hanno detto che potevamo tornare a casa, sul referto non c’era scritto molto e ho dovuto chiedere io di parlare col medico per domandargli cosa fare in questi due giorni che ci separano dalla visita dello specialista”.

Una vicenda che conferma le difficoltà, particolarmente acuite in questo periodo dell’anno, dell’ospedale e del suo Pronto Soccorso. “Sembra assurdo da dire ma mi sono pentita di esserci andata. La prossima volta, se sarò nelle condizioni di poterlo fare, andrò a Vasto”. Poi la precisazione: “Non metto in dubbio la professionalità del personale, anche se credo che un po’ di negligenza verso mia madre ci sia stata. Il problema è che ce n’è (di personale, ndr) davvero poco”.

“Non si può restare in ostaggio una giornata intera in ospedale senza ricevere neanche il minimo garantito”. Il discorso infine si amplia: “La situazione mi sembra drammatica, da cittadina sono davvero preoccupata. Eppure Termoli, forse più di Campobasso, dovrebbe avere un ospedale pienamente funzionante. Se così non sarà perderemo anche il turismo. Io da turista non verrei in un posto con un ospedale così”.  (rm)

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