Sanità in affanno

Ondata Covid e picchi di calore, Pronto Soccorso in tilt: +20% di accessi rispetto a un anno fa ma il personale non basta

I dati arrivano dalla Società Italiana di Medicina d'Emergenza Urgenza e descrivono una situazione di grande difficoltà. In Molise sono da tempo in affanno i Pronto Soccorso degli ospedali Veneziale e San Timoteo. In quest'ultimo proprio l'altro ieri notte si è verificato un episodio drammatico

Un’estate così nei Pronto Soccorso degli ospedali italiani non si era mai vista. Il combinato disposto di ondata pandemica, picchi di calore frequentissimi, oltre alle difficoltà oggettive (di personale che manca) stanno creando una situazione drammatica. “In questa maniera non resisteremo”, ha affermato la Società Italiana di Medicina d’Emergenza Urgenza (Simeu) che ha rilevato come gli accessi ai Ps siano aumentati di circa il 20% rispetto allo scorso anno. E ad aumentare è stato anche il numero di pazienti che permane a lungo nel reparto di urgenza in attesa di ricovero.

Vi abbiamo raccontato ieri il tragico epilogo che ha visto coinvolto un 80enne di Montenero di Bisaccia che, arrivato la sera di martedì 26 luglio con chiara sintomatologia da Covid-19 al Pronto Soccorso del nosocomio di Termoli, è stato dapprima sottoposto a un tampone molecolare rapido, risultato positivo, e poi a un test molecolare ‘classico’ ma è dovuto rimanere in reparto (nel frattempo ‘svuotato’ degli altri pazienti non positivi) in attesa che arrivasse il referto (dal laboratorio di Campobasso). Poco più di 24 ore dopo l’arrivo al San Timoteo, però, l’uomo è deceduto. Solo la mattina del 27 luglio è arrivato in ospedale il risultato del test diagnostico che, essendo positivo, avrebbe consentito un trasferimento del degente nella struttura idonea a curarlo, ovvero il Cardarelli.

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Purtroppo la vicenda appena descritta può essere considerata la punta di un iceberg. Un iceberg disseminato di insormontabili difficoltà quotidiane. In questo senso i dati forniti dalla Simeu risultano essere un impietoso specchio. Il Pronto Soccorso italiano è allo stremo e la ragione è chiara: le richieste superano di gran lunga le possibilità di risposta. Insomma sono aumentate le persone che si rivolgono a queste strutture ma al contempo le stesse non sono nelle condizioni di fornire risposte adeguate a tutte le richieste. Le ultime rilevazioni a campione della Società Italiana di Medicina d’Emergenza Urgenza registrano un dato semplice, scrive QuotidianoSanità: incremento dei pazienti + diminuzione degli operatori = aumento esponenziale delle attese di ricovero, risorse umane in esaurimento, diminuzione della qualità di servizio.

Si stima che rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso gli accessi al Pronto Soccorso possano essere mediamente aumentati di circa il 20%. “Sono dati medi, che ci provengono da una rilevazione a campione sul territorio nazionale. In realtà alcuni colleghi riferiscono di situazioni anche peggiori – spiega Beniamino Susi, Vicepresidente Nazionale Simeu e responsabile del rapporto con le Regioni –. Nel Lazio, come esempio, nella giornata del 22 luglio scorso risultava preso in carico un cittadino ogni 1.325 abitanti. Sono numeri impressionanti, da maxi emergenza”.

Ad aumentare è appunto anche il numero di pazienti che permane a lungo in Pronto Soccorso in attesa di ricovero. Gli operatori di questi reparti, che sono sottodimensionati rispetto al fabbisogno, subiscono dunque un incremento notevole del carico di lavoro. Antonio Voza, Segretario della Simeu nazionale, afferma che “la condizione degli operatori ha ormai da tempo superato il limite della sostenibilità. Indistintamente da Nord a Sud”.

Qualche dato: sono 600 i medici dell’emergenza e urgenza che nel 2022 hanno scelto di dimettersi dai pronto soccorso, al drammatico ritmo di circa 100 unità al mese; 4.200 sono i medici che mancavano nei pronto soccorso italiani nelle rilevazioni dello scorso novembre mentre la situazione degli infermieri è meno quantificabile ma certamente le carenze non sono inferiori. Il rapporto infermiere-paziente in un pronto soccorso è di circa 1 ogni 20 assistiti.

 

Tornando al Molise, sono arcinote le criticità specie dei Pronto Soccorso degli ospedali di Termoli e Isernia. In quest’ultimo, al Veneziale, lo stato di agitazione del personale è ormai perenne. Non va meglio al San Timoteo, dove l’organico è carente, dove da qualche mese c’è un primario facente funzioni (perchè il dottor Rocchia, risultato vincitore di concorso, è diventato primario al Cardarelli), e dove le reperibilità pomeridiane sono state drasticamente ‘tagliate’ creando di fatto difficoltà per i trasferimenti dei casi gravi. Ma le difficoltà sono all’ordine del giorno anche nell’hub del Cardarelli, a Campobasso.

L‘ondata estiva del Covid ha superato il suo picco ma la discesa è lenta e non si arriverà tanto presto a una situazione di semplice gestione. A ciò si aggiunga il problema delle Usca che, come vi abbiamo raccontato lo scorso 25 luglio, sono ripartite ma solo in un distretto sanitario su tre e con una notevole riduzione di organico. Facile ipotizzare che un paziente con sintomi da Covid-19 che non può trovare supporto nelle Unità Speciali di Continuità Assistenziali si rivolga direttamente al pronto soccorso del vicino ospedale, con tutte le conseguenze che ne derivano.

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Tempo fa vi avevamo fornito altri dati drammatici, relativi alla scelta di molti medici di dimettersi dal Servizio Sanitario Nazionale. Il Pronto Soccorso, in queste condizioni, non fa certo eccezione. Così Salvatore Manca, past president Simeu: “Ci sentiamo sempre più soli. La voglia di scappare dal Ssn è sempre più diffusa: ci si dimentica che ogni professionista è prima di tutto un essere umano”. Più che comprensibile, in questo desolante quadro, il senso di frustrazione ed impotenza quando non la vera e propria mortificazione di un sistema di lavoro squalificante e – brutto dirlo – morente.

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