L'analisi

I giovani si infortunano più spesso ma sono soprattutto gli over 65 a morire di lavoro

In occasione della Giornata mondiale per la salute e per la sicurezza sul lavoro alcuni dati sulla piaga delle morti bianche e l'unica ricetta possibile per risolvere il problema: aumentare la formazione e fare più controlli

Ricorre oggi 28 aprile la Giornata mondiale per la salute e per la sicurezza sul lavoro. Un aspetto troppo trascurato, specie in Italia, dove gli infortuni e le morti sul posto di lavoro continuano a essere troppi.

A confermarlo i dati dell’ultimo studio dell’Osservatorio Sicurezza Vega Engineering. Analizzando gli ultimi quattro anni, dal 2018 al 2021, le vittime sono state addirittura 4.713 e tra il 2020 e il 2021 l’aumento degli infortuni mortali è stato del 40%, escludendo gli 811 decessi per Covid.

Come sempre il 28 aprile rappresenta una giornata molto significativa per un Paese come l’Italia in cui si continuano a contare più di mille vittime sul lavoro ogni anno e qualche centinaio di migliaia di infortuni.

“La piaga sembra dunque non rimarginarsi – commenta l’Osservatorio Vega -.  Anzi, i lembi della ferita si lacerano sempre più, specie al Centro e al Sud della Penisola, ovvero le aree in cui l’incidenza della mortalità rispetto alla popolazione lavorativa risulta essere più elevata. E questo appare evidente proprio nell’istantanea del 2021 in cui le “zone rosse” (le maglie nere dell’Italia) sono tutte concentrate al centro sud, con Molise, Basilicata, Abruzzo, Campania, Umbria e Puglia, alle quali si affianca la Valle d’Aosta, unica regione del nord finita in “zona rossa”. Tutte queste regioni al termine del 2021 hanno fatto rilevare un’incidenza maggiore del 25% rispetto alla media nazionale (Im=Indice incidenza medio, pari a 42,5 morti ogni milione di lavoratori), questo secondo il sistema di classificazione dell’Osservatorio Sicurezza Lavoro di Vega Engineering le fa colorare di rosso.

“Tali elaborazioni non lasciano dubbi e diventano fondamentali per individuare le misure di sicurezza da attuare al fine di arginare il fenomeno degli infortuni e delle vittime. L’incidenza della mortalità, infatti – sottolinea Rossato – evidenzia correttamente e obiettivamente il fenomeno delle morti sul lavoro, consentendo un confronto tra le varie regioni al netto delle differenze nel numero di lavoratori presenti in ciascuna”.

Sul fronte delle denunce di infortunio (con inclusione degli infortuni in itinere), nei quattro anni dal 2018 al 2021, si è passati dalle 640.723 del 2018, alle 641.638 del 2019, per poi arrivare alle 554.340 del 2020, fino alle 555.236 del 2021. Una tendenza al decremento, in parte certamente dovuta all’inizio della pandemia e al lungo lockdown che ha ridotto il numero di ore lavorate e ha favorito la diffusione dello smart working.

 

grafica infortuni lavoro

Analizzando la mortalità per fasce d’età infine l’Osservatorio Vega fa emergere un dato molto interessante. Perché ad essere a maggior rischio sono gli ultrasessantacinquenni, con un’incidenza di mortalità sempre – o quasi – superiore a quattro volte rispetto alla media nazionale. Per quanto riguarda invece gli infortuni sono i giovanissimi ad avere la peggio con un’incidenza tripla rispetto alla media del Paese. Come a dire che è più facile morire sul lavoro in età avanzata e più frequente infortunarsi in modo meno grave da giovane.

 

grafica infortuni lavoro

Interessanti anche i dati che riguardano gli infortuni con esito mortale per settore di attività economica. Se purtroppo nella maggior parte dei casi il settore non viene determinato, emerge come i settori delle costruzioni, delle attività manifatturiere del trasporto e del magazzinaggio sono i più colpiti dagli infortuni mentre il 2020, anno particolare che verrà ricordato per lo scoppio della pandemia ha visto un notevole incremento dei casi relativi al settore della sanità e dell’assistenza sociale. Grande è anche la differenza di genere in termini di infortuni, guardando solo al 2021 nel 66,4% dei casi infortuni mortali hanno riguardato lavoratori maschi sul posto di lavoro, e nel 6,9% dei casi lavoratori maschi in itinere.

La mancata formazione in termini di sicurezza si riconosce anche dal dato evidente che riguarda le morti bianche di personale straniero, la cui incidenza è superiore a quella degli italiani. Se ci riferisce agli infortuni non mortali ad esempio 37.127 sono i casi relativi a stranieri che hanno subito un infortunio in occasione di lavoro e 18.861 gli italiani infortunati in occasione di lavoro nel solo anno 2021 ma anche i tre anni precedenti riportano dati molto simili.

 

grafica infortuni lavoro

Un’altra particolarità riguarda i giorni della settimana in cui avvengono più infortuni, il lunedì risulta essere il giorno con una percentuale maggiore di incidenti in tutti e quattro gli anni presi in esame mentre il numero degli infortuni va a calare nel corso della settimana pur mantenendosi stabile dal martedì al venerdì.

Occorre quindi investire in formazione sulla sicurezza. “La disciplina in materia di sicurezza sul lavoro nel nostro Paese c’è ed è esaustiva – spiega l’ingegner Mauro Rossato di Vega Engineering -. Ma non ne basta la mera lettura. Occorre applicarla. Serve a tal fine un’adeguata e diffusa formazione dei lavoratori e, anche, dei datori di lavoro e, contemporaneamente, più ispezioni e sanzioni. Non si possono considerare salute e sicurezza sul lavoro dei costi, bensì un investimento. Bisogna agire sulla prevenzione”.

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